Courtney lasciò cadere a terra il bicchiere in cristallo con furia, costringendolo ad infrangersi contro il pavimento lucido sotto di lei. Un suono sordo riempì la stanza qualche momento, mentre la donna -disinteressata di fronte i frammenti ai suoi piedi- avanzava verso la debole prigioniera, ormai in fin di vita. Presto il silenzio fu nuovamente padrone, spezzato solo dai passi lenti e ben cadenzati della mora, i cui tacchi scandivano quel tempo infinito che Zoey non voleva più subire.
Courtney le si accostò, il viso contratto in un'espressione colma di rabbia e nervosismo, decisamente spiazientita "Hai bevuto" le mormorò all'orecchio "Ora non hai più quella dannatissima gola secca, perciò immagino che tu sia tornata capace di parlare, maledettissima bambina!" le sibilò addosso. Le afferrò poi i capelli con forza, tirandoglieli senza alcuna pietà. Il volto di Zoey rispecchiava un dolore tale da rendersi insopportabile, ma la rossa non urlò neppure una volta. Si limitò a farsi sfuggire piccoli gemiti soffocati.
"Avanti, parla. Dimmi tutto ciò che sai" incalzò nuovamente la mora, tenendo il capo dell'altra sollevato per i capelli. Zoey era certa che presto avrebbero sanguinato persino essi.
"Dimmi chi erano i militari che i miei gentiluomini hanno visto dentro casa tua"
"L-Loro s-sono amici! Semplici repressori, lo giur-" "Ah, davvero?" la interruppe Courtney, ben poco propensa di fronte l'idea di perdere nuovo tempo. La situazione stava peggiorando e, nonostante la morte dei ribelli più vicini, poteva avvertire il risorgere muto del popolo, e questo -molto più di altro- la spaventava "Non dirmi stupidaggini! Non sei nelle condizioni di prendermi in giro, direi..."
Zoey deglutì a vuoto un paio di volte, mentre le lacrime le solcavano il viso impervie, mischiandosi disgustosamente al sangue rappreso ormai da molte ore.
"Spiegami perchè avevi un cellulare, ok?" le domandò -minacciandola in realtà- la mora. I tacchi di quest'ultima ticchettarono spazientiti sul pavimento marmoreo.
La rossa annuì terrorizzata, ormai ufficialmente al limite della sopportazione "S-Sì" acconsentì, balbettando tremante. I polsi ormai erano divenuti un ricordo. Erano passate ore dall'ultima volta che aveva osato alzare lo sguardo per controllare la condizione delle sue mani. Era certa che ormai fossero divenute violacee e fredde.
"I-Il cellulare me lo ha dato uno di loro, è vero" ammise infine, esasperata ed arrendevole.
"E quanti ce ne sono?" incalzò immediatamente la donna, non completamente certa che l'altra sarebbe rimasta lucida ancora a lungo.
"Due, solamente due. Il mio ed un suo gemello"
Courtney sorrise, per poi prendere un respiro, tranquillizzandosi parecchio. Esibì un'espressione soddifatta, per poi parlare "Vedi?" le domandò dolcemente "Se collabori, tutto diventa più semplice, non trovi?"
Zoey annuì, incapace di negare, spaventata all'idea di farlo. Mai, nemmeno nei suoi più terribili sogni vi era mai stato un dolore tanto forte ed un puzzo tanto penetrante. I suoi muscoli erano tesi quanto le corde che imperterrite continuavano a costringerla in piedi, e le ossa -persino quelle- le arrecavano innumerevoli fitte.
"Andiamo avanti, allora. Dimmi, da dove vengono i tuoi amici?"
"Fanno parte dell'esercito" mormorò la rossa, per poi sospirare pesantemente. Parlare era divenuta una fatica insopportabile.
Courtney la squadrò diffidente, totalmente incredula. Le sembrava solo che blasfemia pensare al proprio esercito come ad un mucchio di ribelli. Quelle persone erano state sempre addestrate a credere ed amare il Governo. Non poteva nemmeno valutare l'ipotesi che una simile possibilità potesse essere reale.
"Tu menti! Non è possibile!" le gridò dunque addosso, abbandonando d'improvviso la presa che esercitava sui capelli dell'altra, costringendola ad abbassare nuovamente il capo "I miei uomini sono fedeli, istruiti alla precisione! Abbiamo insegnato loro a credere e-"Un rumore proveniente dall'altro lato della stanza la costrinse ad interrompere il proprio monologo. Ancora voltata in direzione di Zoey, prese un profondo respiro, per poi sistemarsi velocemente gli abiti sgualciti e sfoderare un sorriso particolarmente radioso e cordiale. Si voltò verso la porta d'ingresso. Qualcuno aveva bussato. Doveva trattarsi di qualcosa di importante se avevano osato distrarla in tal modo nel suo ufficio privato.
Una volta giunta di fronte la porta in mogano si sistemò velocemente la gonna. La accarezzò un paio di volte fino a che tutte le pieghe se ne furono andate ed infine, aprì. Di fronte a lei un repressore con indosso la divisa portava con sé una giovane donna dai capelli neri, apparentemente normale.
Courtney -spazientita- squadrò prima la giovane, poi passò all'uomo "Che stai facendo?" gli domandò con voce fredda, reprimendo ogni proprio istinto che le suggeriva di afferrare la propria pistola ed eliminare entrambi i nuovi arrivati a sangue freddo, abbandonando i loro corpi lì, su quella soglia da molti frequentata. L'uomo dischiuse le labbra per parlare, ma fu una voce femminile a risponderle.
"Porta me qui, mi sembra palese"
La ragazza dai capelli castani non potè evitare di sfoderare una smorfia colma di disappunto, eppure non fece altro, fin troppo interessata dalla nuova arrivata. Guardò qualche secondo il militare, come alla ricerca di una conferma, e questo annuì. Tornò ad osservare Gwen.
"Perchè? Chi saresti tu di così dannatamente importante?" le domandò Courtney acidamente.
La dark sorrise, per poi muovere un paio di passi in direzione dell'altra. Si accostò al suo orecchio sorridendo fiera di sé, per poi mormorare "Al tuo esercito mancano un paio di persone, vero?" le domandò, facendo irrigidire immediatamente Courtney "Un gentiluomo è scomparso, ed un repressore è all'ospedale."
Una volta detto questo, la dark schioccò la lingua contro il palato un paio di volte, mentre ondeggiava il capo lentamente in segno di negazione e disappunto. Gwen continuò a sorridere, per poi tornare sulla soglia della stanza, dove si trovava poco prima "Una spia non era ciò di cui dovevate avvalervi, sciocchi!" incalzò poi, riferendosi alla spia che si era nascosta tra i ribelli.
Courtney soppesò per interi minuti dominati dal silenzio le parole della nuova arrivata. Chiunque fosse la ragazza appena giunta, si stava palesemente prendendo gioco di lei, il che non poteva accettarlo. Avrebbe volentieri afferrato un coltello dal ripiano della cucina, per poi ficcarglielo senza pietà nello stomaco, torcerlo e rigirarlo a lungo, sentendo gli organi smembrarsi sotto le sue mani spietate, fino a vadere il sangue zampillare dal corpo della mora, ma non poteva. Non poteva fare niente del genere, altrimenti non avrebbe mai saputo nulla. Non poteva ucciderla e questo, quella misteriosa ragazza, lo sapeva. Doveva fare qualcosa, parlarle, scoprire cosa voleva.
"Chi sei?"
"Te lo dirò, ma non in questo modo" le disse Gwen severa, improvvisamente senza più alcun sorriso di beffa ad adornarle il volto. Si era divertita a rinfacciare ciò che sapeva alla ragazza di fronte a lei, ma adesso doveva pensare a ciò che era giusto fare, al sacrificio che si apprestava a compiere per il bene di molti.
"Cosa vuoi?" le domandò Courtney, serrando i pugni con frustrazione, tentando di contenere reazioni ben peggiori.
"Liberala"
Era stato un ordine ciò che era fuoriuscito dalle labbra della dark. Non aveva dovuto aggiungere altro perchè l'altra intendesse a chi si stesse riferendo la giovane. Si voltò con un sorriso particolarmente sadico ad adornarle il viso, e squadrò la figura in fin di vita che si trovava sul lato opposto della stanza. Le stavano offrendo un giocattolo nuovo di zecca ed -apparentemente- più collaborativo per una vecchia pezza distrutta e poco simpatica. Solo un folle avrebbe avuto la scarsa lucidità di rifiutare.
Courtney, senza dire nulla, si incamminò all'interno del locale, lasciando i due ospiti alla porta, imponendo in particolare al repressore quanto fosse il caso di restare lì, ed abbassare le armi. Quel sorriso insano continuò ad aleggiare in modo lugubre sul suo volto anche quando, con un colpo veloce dato con un coltello che aveva appena prelevato dal piano cucina, tagliò le corde che costringevano Zoey in quell'orribile prigionia. Colpì prima la fune che reggeva il polso destro, costringendola ad abbassare il braccio con immediatezza improvvisa, e poi il sinistro, alchè cadde a terra gemendo dal dolore. Gwen si fece immediatamente strada dentro la stanza, intenta a raggiungere la rossa, ma Courtney, puntandole la lama del coltello contro, la fermò.
"Non avvicinarti oltre, starà bene" si limitò a dire, mentre osservava quel piccolo e gracile corpo disteso a terra, totalmente ricoperto di ematomi e sangue rappreso. Poggiò la punta della propria scarpa contro la sua guancia, per poi esercitare una lieve pressione, costringendola a voltare leggermente la faccia. Le guardò gli occhi semiaperti con disgusto, e constatò il fatto che non fosse priva di sensi.
"Sì, benone" commentò poi acida, lanciando un'occhiata a Gwen -sempre puntandole contro la lama del coltello-, per poi prestare attenzione alla figura del repressore, ancora sulla soglia. Con un cenno del capo lo ammonì di avvicinarsi e prelevare la ragazza "Lasciala sul ciglio di una strada poco lontana dall'ospedale"
"Molto bene, signora" asserì l'uomo prendendo tra le braccia Zoey, e accompagnandola con ben poco garbo sino alle scale. Gwen osservò ogni più piccolo dettaglio della faccenda con attenzione, con gli occhi assotiggliati in due linee colme di rabbia ed odio.
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DESERT_ZONE
FanfictionIn un futuro post apocalittico un Governo crudele crea una prigione mortale per gli abitanti che non ritiene degni di vivere nella sua società. Gwen è là, insieme a quelli che non è certa considerare suoi amici. Un giorno, per un errore del Governo...