PROLOGO

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‹‹Mettiamo in chiaro una cosa: finché decidi di stare sotto questo tetto non ti è concesso fare quello che ti pare. Sono stato abbastanza chiaro?››

Mio padre mi fissava con aria truce, il tono della sua voce era fastidiosamente alto, e potevo quasi sentirmi spaventata se non fosse stato che la causa per cui mi stava urlando contro da ben venti minuti era il fatto di aver preso in prestito un rossetto della sua terza, o forse quarta compagna, Ambra.

‹‹Papà ti rendi conto che stiamo litigando per un rossetto? Non ho distrutto casa, o fatto chissà quale danno irreparabile.›› Cercai di mantenere un tono calmo per quanto difficile mi risultava.

‹‹Tu sei una ragazzina viziata, ed è tutta colpa di tua madre, ti ha sempre tenuta su un piedistallo e infatti guarda cosa ne abbiamo ricavato. Sei una fallita, hai diciotto anni, ti sei diplomata a casa perché sei stata troppo codarda per tornare a scuola dopo che hai fatto i tuoi comodi con quel ragazzo.››

Il suo attacco mi coglie di sorpresa. Non ho mai pensato che mio padre fosse un genitore amorevole, so anche che non ha amato mia madre un solo giorno da quando si erano sposati a quando lei è morta. Ma nonostante questo non avrei mai creduto che fosse capace di rinfacciare tutto ciò. Ed è stato proprio in quel momento che ho capito quanto ormai fosse tardi per avere un minimo di rapporto con lui, e quanto fosse inutile sperare che dopo diciotto anni capisse quanto il suo ritenermi un essere inutile che vive sotto il suo tetto mi abbia ferita.


È stata la nostra ultima litigata, l'ultima volta che l'ho visto dopo aver lasciato quella casa.

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