6.
It is not a lie, it's a terminological inexactitude.
Bhè, se c'era una cosa di cui ero certo nella vita, era che non mia piaceva questa cosa dell'isolamento. Voglio dire, a chi sarebbe piaciuta?
Per prima cosa, era veramente, veramente, veramente noiosa. Così noiosa che nessuna parola avrebbe mai riassunto quanto lo fosse. Mai.
Non potevo evitare di chiedermi se fosse una punizione o cosa. Lo presumevo per colpa del piccolo incidente nella sala conferenze. Non era davvero andata nel modo che volevo io. Uno, ero finito in una stanza totalmente bianca con le pareti imbottite. Questo non era davvero nel mio piano originale, posso assicurarvelo. E due, non avevo sicuramente programmato di scagliare la mia mano contro la finestra. Nella frazione di secondo in cui l' avevo deciso, sembrava un' idea favolosa.
Non era un'idea favolosa.
Faceva male.
Difatti faceva ancora male. Non aiutava nemmeno il fatto che fosse la mano destra. Solo adesso realizzavo quanto la usassi. Inoltre avevo appena scoperto come ci volesse un millisecondo a fare il più lieve dei movimenti per sentir divampare il dolore.
La fasciatura cominciava da metà del braccio, copriva il polso e le nocche prima di terminare sulle dita. Era molto particolare vedere i mozziconi delle dita spuntare da sotto la benda spessa e pesante. Sembrava come se avessi un bastone alla fine del braccio. Un bastone bianco che puzzava di disinfettante e medicine, ma comunque un bastone. Mi piaceva far finta di essere un supereroe, e far finta che il mio superpotere fosse la capacità di sparare piccoli bastoni dalla fine della mano.
Sì, era davvero facile annoiarsi in quel posto.
Ma era questo che non capivo. Era un istituto mentale, giusto? Per quanto ne sapessi, un istituto mentale si presupponeva che aiutasse a migliorare la sanità mentale dei suoi pazienti. Quindi perché avevano l'isolamento? Se c'era qualcosa che poteva far diventare qualcuno matto, era una desolata stanza bianca, senza finestre ne' porte. Oh, e non dimentichiamoci la completa e assoluta solitudine. Non vedevo nessuno da giorni. O erano settimane? Non c'era il senso del tempo lì. Quindi sì, pensavo che lo scopo della camera di isolamento NON fosse produttiva proprio per niente. Semmai fosse servita a qualcosa, era per progettare di rendere le persone ancora più pazze.
Mi domandavo perché avessero scelto il bianco. Di chiunque fosse stata l'idea, non era stata molto buona. Il bianco era così sconcertante. Voglio dire, l'unico colore in quel posto erano i miei capelli neri. Era divertente, quel posto era così bianco che una semplice ciocca dei miei capelli risaltava come un ragazzo in uno spogliatoio femminile. Pensavo che fossero i muri e il pavimento bianco a far dare di matto le persone. Immaginate se ci fosse stato un recinto rosa o un recinto blu. Sarebbe stato abbastanza rilassante. Ma no. Avevano scelto di usare il bianco.
Scesi dal letto e mi sdraiai sul pavimento. Mi appoggiai sulla schiena, con le braccia stese, e alzai lo sguardo verso il soffitto. Non c'era nemmeno nessun segno o una vite lì, per me contavano. Ora pensavo che volessero veramente rendere le persone più pazze mettendole in isolamento.
Avevo sempre bisogno di qualcosa da fare. Avevo bisogno di disegnare. O al massimo guardare qualcosa e pensarci su. In quei giorni, o settimane, in cui ero stato confinato in quella prigione, avevo pensato ogni singolo pensiero che potesse essere pensato, riguardo ogni singola cosa in quella stanza.
Sì, avevo anche pensato al sesso. Non ci pensavo molto. Non sapevo veramente come fosse. Non l'avevo mai fatto prima. Non è che non mi interessasse. Era solo che avevo le più grandi preoccupazioni nella mente, che sorpassavano di molto il semplice impulso umano di fare sesso.
Mi chiesi dove fosse la porta. C'era una fessura nella parte inferiore del muro di fronte a dove stavo io, da dove passavano il cibo, ma era piccola. La mia mano di bastone sarebbe stata troppo grossa per entrarci. Forse quando mi avessero nutrito la volta seguente, avrei potuto chiedere quando sarei potuto uscire fuori. O avrei potuto solo chiedere della stanza. Sapevo che potevano vedermi. C'era una piccola telecamera nascosta nell'angolo oltre il bagno. Bhè, ipoteticamente nascosta. Ma sapevo che era lì. Mi chiesi se potessero sentirmi.
Rimasi direttamente nella mira della telecamera e cominciai a parlare. Parlai della mia mano e di quanto mi facesse male e di come un paio di antidolorifici non avrebbero funzionato. Poi chiesi che giorno fosse. Dissi alla telecamera che ero completamente sconcertato riguardo a quanto tempo e quanto a lungo ero stato lì. Poi chiesi di uscire. Promisi anche che non sarei mai più andato dove non dovevo andare. Ci giurai per dimostrarlo.
Nessuna risposta.
Stupidi stronzi.
Dopo questo decisi che l'unico modo per avere un po' di attenzione era fare qualcosa di drastico. Avevo abbandonato l'idea di parlare con la telecamera almeno dieci pasti prima, che presumevo fossero cinque giorni. Ora, decisi, mi sarei affamato. Il vassoio fu spinto attraverso la fessura della parte inferiore del muro e lo presi. Ma poi presi il bicchiere d'acqua e lo rovesciai in un angolo. Il piatto di cibo andò nell' altro angolo. Le inconsistenti posate di plastica che si rompono anche se le guardi andarono nel mezzo. Poi aspettai il pasto successivo. Quando arrivò classificai ogni cosa nel rispettivo angolo e usai i due vassoi per divertirmi un po'. Mi alzai e misi ciascun piede su un vassoio e poi provai a 'sciare' attraverso la stanza. Non funzionava tanto bene perché la stanza era lunga solo pochi passi, ma c'era potenziale.
Non passò molto tempo prima che avessi abbastanza vassoi per cominciare a costruire un castello.
Ma non potevo giocare a fare l'architetto ancora a lungo. Stavo cominciando davvero a sentire il mal di testa e lo stomaco mi faceva male. Mi arrampicai sgraziatamente sul letto e svenni.
Quando mi svegliai, la stanza era spoglia. Dannati! Avevano preso il mio gioco e i miei blocchi da costruzione. Bhè, pensai che non era presupposto divertirsi in isolamento.
Nel successivo pasto che entrò, c'era una piccola nota di accompagnamento. Diceva: 'Mangia o metteremo un tubo nella tua gola che mangi al posto tuo.'
La nota semplicemente urlava MARKMAN! Era una tale stronza sarcastica a volte. In più era l'unica che sapesse come farmi credere alle sue minacce.
Doveva essere ancora molto arrabbiata con me.
Comunque non capivo il perché. Doveva essere una cosa da ragazze.
Trovai anche dove fosse la porta. Sfortunatamente, non la trovai da solo.
Stavo disteso sul pavimento, facendomi gli affari miei, quando un'intera sezione di muro scomparve improvvisamente. Il modo in cui la luce esterna entrò dentro e le sagome delle persone la facevano sembrare una scena da film. Ve lo sto dicendo, era perfetto. Tutto ciò di cui avevano bisogno era il fumo e sarebbe stato degno di Oscar. Accidenti, avrei voluto che i miei occhi avessero delle telecamere. Ovviamente loro non apprezzavano la bellezza artistica di ciò che avevano appena creato. Mi dissero solo di alzarmi e di seguirli . Diventai tranquillo. Ero proprio felice di vedere un altro essere umano. Ero così sicuro che si fossero dimenticati di me.
In base al modo con cui stavano stringendo il mio braccio, ipotizzai che loro pensassero che avrei cercato di fuggire via non appena fossi uscito da quella maledetta stanza. Bhè, a essere onesto, lo stavo pensando. Ma non ne sarebbe valsa la pena. E per di più, ero abbastanza sicuro di essere sulla strada giusta per vedere Markman. Avevo aspettato per confrontarmi con quella donna malefica per tantissimo tempo.
In altre parole, significava che avevo avuto un sacco di tempo per pensare a Michael.
Era divertente; effettivamente mi importava di questo ragazzo come se lo conoscessi o qualcosa del genere.
I miei pensieri furono interrotti quando arrivai all'ufficio di Markman. Non ero mai arrivato al suo ufficio da quella direzione prima e ne fui sorpreso. Uno dei miei accompagnatori bussò cortesemente alla porta. Roteai gli occhi. Gesù, avrei proprio voluto far irruzione nel mio solito modo. Una volta che Markman ci invitò dentro, improvvisamente realizzai di essere nervoso. Forse ero un po' preoccupato di ciò. Sapete, solo un po'.
“Abbiamo molto di cui discutere.”
Feci uno sbaglio a guardare nella direzione della voce.
Oh Gesù.
Quello sguardo!
Questo era tutti gli 'sguardi Gerard' mai gettati su di me riuniti in uno solo e moltiplicati per circa settecento. Aspettate, faceva settecento milioni.
Indicò la sedia dall'altra parte della scrivania. Mentre mi facevo strada lentamente, lei congedò i miei accompagnatori. Improvvisamente non volevo che se ne andassero. Avevo bisogno di testimoni per la mia morte!
“Come hai ottenuto il codice della porta, Gerard?” il tono di Markman indicava che lei era dannatamente seria.
Strinsi le spalle e mi alzai rabbiosamente.
“Hai minacciato qualcuno del mio personale?” domandò.
“No.” Pensavo che la mia voce potesse calmarla un po'. Avevo una voce piuttosto tranquilla. Avrei potuto fare cantante, se avessi voluto.
“Hai ricattato qualcuno del mio personale per farti dire il codice? O hai chiesto loro di 'dimenticare' opportunatamente di chiudere la porta?"
“No,” risposi in completa onestà.
La furia originaria di Markman si era un po' sbollita adesso. “Hai ottenuto il codice da qualche altro paziente?”
“No.”
“Qualcuno del mio personale ti ha minacciato o ricattato? Se sta succedendo qualcosa, Gerard, ho bisogno di saperlo. E' l'unico modo in cui potrei essere capace di aiutarti.”
“No, niente del genere.”
“Allora come hai fatto a entrare dalla porta, Gerard?” chiese Markman, esasperata e completamente sconcertata.
Capivo che lei fosse confusa. Il mio cervello era una cosa abbastanza eccezionale. Per quale altro motivo loro avrebbero voluto cercare i segreti che c'erano dentro? Non mi aspettavo che Markman capisse.
“Sono andato fino alla porta e ho inserito il codice. 64593. Questo è il codice. Questo è quello che è sempre stato. Non so come facevo a saperlo. Soltanto sapevo il codice. L'ho immesso, la luce è diventata verde e mi ha lasciato entrare. Soltanto sapevo che era 64593.” Pensai che fosse una spiegazione piuttosto chiara.
Markman si sedette pesantemente nella sua costosa sedia di pelle. “Non riesco a capirti. Non riesco proprio a capirti,” disse semplicemente, guardandomi con puro stupore. “perché dovevi capitarmi proprio tu, non lo so. Cosa ho fatto per meritarmi questo?”
“Ha imbrogliato al suo esame di fisica dell'ultimo anno,” proposi.
Markman alzò lo sguardo acutamente. “Cosa?” disse con sospetto.
Odiavo davvero ripetermi. Sospirai. “Lei ha chiesto cosa avesse fatto per meritarsi questo e io ho detto che probabilmente è perché lei ha imbrogliato all'esame di fisica dell'ultimo anno.”
Il silenzio era agghiacciante. Non solo non si sentiva cadere un solo spillo, ma nemmeno un capello.
“Oh, e suppongo che tu soltanto 'lo sappia', dunque” disse Markman con voce strozzata.
Bhè...sì! No, avevo fatto un'ipotesi. Certamente lo sapevo. Sapevo certe cose. Comunque avevo ragione, non è vero?
“So certe cose,” specificai astutamente.
“Ok! Sai, Gerard, sto cominciando a pensare che non sia tu ad aver bisogno di protezione dal mondo. Sto cominciando a pensare che sia il mondo ad aver bisogno di protezione da te.”
Mi accigliai. Non capivo. “Che cosa vuole dire?”
Scosse la testa, respingendo quell'affermazione. Questo mi faceva arrabbiare. Non poteva dire una cosa del genere e poi non elaborarla. La guardai ferocemente, infuriato. Ero così stufo che non mi venisse detto niente. Non ero più un bambino. Era sempre 'non vorresti saperlo' ho ' non hai bisogno di saperlo'. Sì, volevo fottutamente sapere! Altrimenti non avrei fatto la fottuta domanda per primo. Pensate che non volessi leggere i miei file? Certo che volevo leggere i miei fottuti file, erano i miei fottuti file!
“Non mi dite mai niente!” schioccai.
“Sì, io lo faccio,” rispose, provocandomi.
Il mio cuore sobbalzò. Questa poteva essere la mia occasione. Mi sedetti in avanti avidamente. “Allora chi è Michael?” chiesi impaziente.
Le mie aspettative svanirono fra i due millisecondi in cui feci la domanda. perché mi fossi preso la briga di tenerle ancora alte, non lo sapevo. Ma quando mi diede la risposta, le persi. No potevo accettare di udire ciò. Non dopo due fottuti anni spesi a sentire la stessa cosa.
“Io non posso dirtelo.”
Sì, era così. Le stesse quattro parole più fottute che avessi mai sentito in tutta la mia vita. Me le disse di nuovo; proprio dopo che si era difesa dalla mia accusa del fatto che non mi diceva mai niente.
Con rabbia, sbattei la mia mano sana sul suo tavolo. Markman sobbalzò e mi guardò cautamente. “Perché non può dirmelo?” urlai.
“Perché non posso,” rispose.
“Non me lo sto inventando! Lui è reale!” insistetti. Ero stato preoccupato del fatto che forse, solo forse, fosse soltanto un ragazzo nella mia testa.
“Ti credo, Gerard. Lui è reale.” Lo faceva suonare come se ammetterlo fosse intensamente doloroso per lei. “Ma non posso dirti chi sia.” Ora stava finendo la conversazione con quell'aria di definitività che possedeva sempre. Comunque, la sua riluttanza nel non dirmi nulla mi faceva capire che c'era qualcosa di grande riguardo quel ragazzo. E sapevo di essere proprio nel mezzo di ciò. Volevo solo sapere cosa fosse ciò in cui ero in mezzo.
“Ma perché non può dirmelo?”
Markman chiuse gli occhi per un momento e fece un profondo respiro. Non l'avevo notato prima, ma sembrava indubbiamente esausta. Aveva occhiaie scure sotto gli occhi e la sua faccia era molto pallida e tesa. Mi chiesi se questo avesse qualcosa a che fare con me.
“Non posso dirtelo, Gerard, non perché non voglia, ma perché non mi è permesso. Penso che tu e diverse altre persone potreste beneficiare di questa informazione, ma non ho la libertà di rivelarti nulla.”
Ohhh, non aveva la libertà di rivelarmi nulla! Oh bhè, questo rendeva tutto migliore, non è vero? Scommetto che c'era un grande uomo cattivo che veniva da Mario Land e le aveva detto che non le era concesso di dire nulla al povero Gerard.
“Visto che siamo in tema, come sta la tua mano?” chiese Markman debolmente.
Ma che cazzo? Non eravamo 'in tema'. Essere 'in tema' era come parlare di scuola, riassumendo le vacanze di primavera e poi chiedendo in quale college sarebbe andato Jonny. Stavamo parlando di qualcosa di completamente differente.
Ma, a proposito della mia mano... faceva male! Faceva veramente, veramente male. Un po' di morfina sarebbe stata apprezzata. Ma non dissi niente di questo. Invece mi sedetti in avanti e incrociai le braccia con aria di sfida sul petto. Se non mi aveva parlato per settimane, o mesi, quando ero in reclusione, forse potevo smetterla di parlare con lei. Non era particolarmente difficile. Lo avevo fatto per due anni, nessun problema.
“Non ricominciare di nuovo,” mi avvertì Markman.
Oh sì? Mettimi alla prova.
Mi conosceva troppo bene. Buona cosa che la conoscessi anche io. Strinsi gli occhi e la fissai insolentemente.
“Quanto stai soffrendo?”
Grandioso, stava iniziando con le domande a tempo indeterminato. Mi avrebbero fatto parlare di certo. La ignorai. Lei mi aveva ignorato e mi aveva lasciato a marcire, o perlomeno a diventare pazzo, in una piccola stanza bianca per settimane; pensavo di meritare una piccola vendetta.
Studiai le mie unghie. Erano abbastanza danneggiate. Le avevo rosicchiate parecchio, di recente. Pensai di averle masticate tutte nelle prime ore in cui ero stato in isolamento. Odiavo davvero essere annoiato. Ci sarebbe voluto un po' prima che fossero ricresciute di nuovo correttamente .
Potevo vagamente sentire Markman che parlava in sottofondo, ma non potevo sentirla! Proprio come lei non poteva sentire me.
Una cosa che disse mi filtrò attraverso e mi riempì di terrore.
“Abbiamo iniziato a somministrarti il Clozapine.”
Non era ne' una domanda, ne' una minaccia. Era un' affermazione. Ma oh merda. Merda merda merda. Fanculo fanculo fanculo. Neanche per sogno avrei fatto un esame del sangue ogni settimana. Balzai in avanti e afferrai la penna e il foglio più vicini. In enormi, arrabbiate lettere maiuscole scrissi: 'NON ERO CONSENZIENTE!!'
Aggiunsi anche due punti esclamativi. Sapevo dalle esperienze passate che due punti esclamativi o una sottolineatura erano più efficaci. Con Ray perlomeno. Una volta che finii, realizzai che non era così efficace come speravo che fosse. Per prima cosa, credevo che fosse praticamente impossibile capire la mia scrittura. Non ero mai stato bravo a scrivere con la mano sinistra. Avrei ucciso per essere ambidestro in quel momento.
Lei alzò le spalle e proprio allora capii quanto fosse fottutamente fastidioso quando qualcuno lo faceva.
“Non ho avuto bisogno del tuo consenso, Gerard. Sono la tua dottoressa; Mi è permesso prescriverti qualunque medicinale che penso possa farti bene. Nella mia opinione medica, il Clozapine è la migliore medicina per te, al momento.” Stava prendendo piacere dalla mia paura e dal mio terrore. Era veramente una stronza corrotta. Ma era brava a leggere la scrittura disordinata. Glielo concedevo.
Scrissi: 'non lo prenderò.' Bhè, piuttosto scrissi qualcosa che assomigliava a queste parole.
Lei sorrise. “Non lo stai ancora prendendo. Penso che dovrai fare il prossimo esame del sangue... Venerdì. Oggi è lunedì.” mi informò utilmente.
Ahhhhhhhhhhhh, merda! Ora avrei cominciato ad aver paura dell'arrivo del venerdì. Non sarei mai più stato capace di vivere un giorno normalmente. I giorni sarebbero stati costantemente tormentati dalla paura degli aghi che mi bucavano le braccia per prendere il mio sangue. Sentii la pressione del sangue che cominciava a salire.
Ero nel panico. Ero spaventato. Non ero mai stato così spaventato da quando il tetto era cascato e pensavo che loro mi avessero trovato. Non potevo sopportare gli aghi. Gli aghi davvero, davvero mi mettevano sotto tensione. Non l'avevo realizzato, ma avevo cominciato a sudare freddo. Strinsi strettamente i braccioli della poltrona di pelle, pienamente consapevole che le mie braccia stessero tremando.
Le punte immaginarie. Potevo vederle adesso. Le cupe punte immaginarie posate sopra le vene nel mio braccio, aspettando di immergersi e scavarci dentro.
Mi rannicchiai indietro, il sudore che scivolava dalla pelle con un umido suono di 'slurp' . Markman venne verso di me. Sembrava abbastanza preoccupata. Faceva bene ad essere preoccupata! Mi aveva mandato in questo attacco di panico!
Mi rannicchiai ulteriormente e vomitai violentemente su tutto il tappeto. Markman non aveva reagito molto. Anzi, veramente era tornata indietro e aveva cominciato a maneggiare con il suo Blackberry.
Mi lanciai dalla sedia, il turpe sapore di vomito e bile ancora nella mia bocca. Non sapevo cosa fare. Era come tutta la questione della 'mano attraverso la finestra'. Non stavo pensando. E poiché non stavo pensando, afferrai il primo oggetto che trovai. Era un antico vaso e si ruppe in un milione di pezzi. Con un movimento avevo potuto frantumare 150,000 dollari sul pavimento.
Markman era ancora perfettamente in piedi. Non credo che volesse vedermi rompere il suo vaso da 150,000 dollari sul pavimento.
“Prima che tu distrugga le mie cose, fatti dire una cosa,” disse lei lievemente e uniformemente. “Dopo di quello che è successo nella sala conferenze di fronte al ministro Helter, sento di doverti avvertire. Sei così vicino,” sostenne le dita per farmi vedere. Il suo pollice e il suo indice si univano per formare una 'O'. Era tipico di quando un genitore voleva ammonire un bambino che si era comportato male. Guardai obliquamente le sue dita e realizzai disgustato che erano premute strettamente insieme. Non avevo più possibilità. Non ero vicino, ero lì.
“Sei così vicino a Greenwood. Ti prego, non prenderla come una minaccia, Gerard. Questo è il miglior avvertimento che possa darti. Fai il bravo.”
Il mio stomaco cadde proprio come il vaso. Ma invece di rompersi inoffensivamente sul tappeto, fece un rumore sordo.
I miei accompagnatori erano tornati e mi avevano preso, gentilmente questa volta, per le braccia e lentamente mi avevano portato fuori. Mi girai per guardare Markman. Non capivo. Non poteva essere seria. Non potevo essere così vicino all'andare a Greenwood.
Greenwood non era il tipo di posto dove andavano i ragazzi come me. La riguardai disperatamente, implorandola in silenzio. Avevo solo bisogno che mi dicesse che non era vero. Non potevo andarmene da lì- Non potevo andare a Greenwood.
Non avevo fatto niente di male.
Tutti sapevano che Greenwood era un posto per pazzi. Ma non solo per pazzi.
Per pazzi criminali.
Non avevo fatto niente di male.

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A Splitting Of The Mind ITA
FanfictionTRADUZIONE ITALIANA, ORIGINALE DI @gaiaMDMA su wattpad Gerard Way vede il mondo in modo differente. Solo e segregato in un istituto psichiatrico, afferma di essere braccato, e che la sua mente contenga la chiave dell'esistenza. Davvero Gerard è in p...