Capitolo 16

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16.
prima parte

We're Not In Wonderland Anymore, Alice.

 

 

Pensai di aver un po' sottovalutato le conseguenze delle mie azioni.
Okay, forse le avevo un po' troppo sottovalutate.
Oh bhè, comunque lo facevo abbastanza spesso.
Lasciai andare la leva rossa e quella tornò nella sua posizione originale, silenziosamente. Mi ci volle un momento per scrollare sul pavimento i pezzi di vetro che mi si erano attaccati alla maglietta. Quando non ebbi più pezzetti addosso, appallottolai la maglia e mi feci strada verso la caffetteria, dove dovevo incontrare Frank. Potevo appena sentire le urla degli altri pazienti che, dopo aver sentito l'allarme, uscivano pieni di panico dalle loro stanze.
Una piccola, piccolissima parte di me aveva creduto che Markman mi avrebbe lasciato andare. Questa piccola parte era ovviamente nel torto, perchè in realtà mi prese il braccio e lo strinse duramente appena lo raggiunse.
Mi bloccai verso di lei e feci un respiro profondo.
“Mi lasci andare,” dissi tranquillamente. Volevo darle una chance per lasciarmi andare prima che fossi stato costretto ad andarmene con la forza. Mi girai per guardare in fondo al corridoio.
“Sai che non posso.”
Lentamente mi voltai per guardarla. “Sì, invece può.”
Markman sembrava davvero agitata. Era come se sapesse che qualcosa di brutto era successo, o che stava per succedere, il che era strano perchè tutto quello che avevo fatto era stato premere l'allarme, non innescare una bomba a idrogeno. In ogni caso, mi diede un grande senso di soddisfazione sapere che non avrebbe avuto una notte tranquilla. “Non posso,” ripetè, cominciando a frugare con la mano libera nella sua enorme borsa.
Riuscivo a percepire il tempo che stava passando. Le voci impaurite degli altri pazienti sovrastavano il suono dell'allarme antincendio. Strappai il braccio dalla presa di Markman e non mi sentii affatto propenso all'idea di sorreggerla mentre le facevo perdere l'equilibrio.
“Gerard!” esclamò lei.
“Non può?” dissi con calma. “O non vuole?”
Non rispose. O forse, non sapeva rispondere. Comunque, non mi importava. “Se sarò fortunato,” dissi con cattiveria, “questa sarà l'ultima volta che ci vediamo.” Cominciai ad allontanarmi. Mi domandavo se sarei stato così fortunato. Avevo sprecato gli ultimi tre anni della mia vita accanto a Markman. Tre patetici anni. Chissà cosa mi sarebbe successo se non avessi mai incontrato Frank. Un momento, in realtà lo sapevo: avrei continuato ad essere patetico. Cazzo, che liberazione.
“Mi dispiace,” mi chiamò lei da dietro.
Mi bloccai. Cioè, non erano parole inconsuete da dire a qualcuno prima di una separazione, ma era strano che Markman me lo stesse dicendo. Non mi aveva mai detto una cosa del genere. Non volevo girarmi a guardarla di nuovo, ma la curiosità mi stava uccidendo. Sapevo che non glielo avessi chiesto in quel momento, me ne sarei pentito per il resto della mia vita. Forse si stava scusando per avermi messo in isolamento per tutte quelle fottute settimane? O forse, si stava scusando per non aver creduto a Loro?
“Per cosa?” dissi, voltandomi. Doveva essere per Loro. Era la cosa più importante per cui si potesse scusare. Si stava pentendo di non avermi creduto e per aver provato a farmi sentire pazzo.
Sembrava triste. Perchè mai sarebbe dovuta essere triste? Avrebbe dovuto rallegrarsi del fatto che non ci saremmo visti mai più. Se fossi stato in lei, l'avrei fatto.
“Mi dispiace per averti rovinato la vita,” disse.
Sembrava davvero desolata. Che sorpresa. Comunque, non era questo il punto. Era stato quello che mi aveva detto a sorprendermi.
Strabuzzai gli occhi tre volte, aspettando che si spiegasse. Un momento, Markman mi aveva rovinato la vita? Quando? Perchè? Stava dicendo letteralmente o in senso figurato? Sapevo che aveva reso la mia vita dannatamente squallida, ma non così tanto da dire che l'avesse rovinata. C'era qualcos' altro che non mi aveva detto?
“Un momento!” urlai, mentre se ne andava via da me. Perchè lei se ne stava andando via da me? Non le era concesso! Ero io che dovevo andarmene da lei. Significava qualcosa. Porca puttana. “Che vuol dire?” chiesi, avvicinandomi di qualche passo.
Non si fermò, né rispose alla mia domanda. Non che mi aspettassi davvero che mi sentisse o mi desse qualche indizio. La volevo seguire e chiederle la risposta, ma sapevo che non c'era tempo. Frank mi stava aspettando. Dovevo andare da lui. Sospirai rumorosamente e mi diressi verso la caffetteria.
Perchè Markman mi aveva rovinato la vita? Aveva qualcosa a che fare con i miei vuoti di memoria? Aveva qualcosa a che fare con Micheal? Forse lo aveva ucciso lei, per poi dare la colpa a me?
Okay, no, che idea stupida. Poteva essere una stronza, ma non un'assassina. Ma nemmeno io. Cazzo. Cazzo, lo ero. Fottiti mondo. Fottiti Markman. Anzi, fottetevi tutti. Eccetto Frank. Comunque, non ero esattamente contrario all'idea di fottere Frank. Non sapevo davvero come... Cazzo, che mi stava succedendo? Perchè avevo iniziato a pensare con il pisello, pur avendo un cervello del genere?

A Splitting Of The Mind ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora