Capitolo 9.

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9.

Caution: Joy May Kill   

Fissai con tristezza la lancetta dell’orologio, aspettando disperatamente che si muovesse. Giuro su Dio che non si era mosso di più di cinque minuti. Sapete una cosa? Avrei scommesso che Markman aveva tolto quelle fottute batterie per garantire che la lancette non si muovessero affatto. Avrei scommesso che sarei stato costretto a stare lì con quegli idioti in quella seduta di gruppo per sempre.
Un sospiro di frustrazione mi uscì dalle labbra, e guadagnai un'occhiataccia di disapprovazione da parte di Markman. Resistetti alla tentazione di riguardarla male. Quello non era il giorno per irritarla o per essere nella sua lista nera. Vedete, quello era il giorno in cui avevo effettivamente bisogno di qualcosa da quella donna. Era qualcosa di molto importante e qualcosa che solo lei poteva aiutarmi ad ottenere. Non mi avrebbe aiutato minimamente infastidirla prima di avere la possibilità di discuterne con lei. Beh in realtà, considerando che mi astenevo ancora dal parlare, non sarebbe stata molto una discussione.
La notte passata avevo speso un' ora a scrivere ciò che volevo su una pagina del mio quaderno degli appunti, per passarglielo. Avevo cercato di essere il più gentile e il più chiaro possibile nella mia richiesta. Avevo anche fatto un disegno di cosa volevo, perciò non c’era possibilità che lei capisse male. Ciò non significava che non fossi preoccupato che lei potesse gettarmi nuovamente la carta in faccia.
Pensavo di avere di più da guadagnare, di quella reazione.
Sapevo di non essere un angelo. Sapevo quanto riuscissi a esasperare Markman. Per questo stavo uscendo dal mio modo di fare abituale per essere gentile e disponibile con lei, quel giorno. Riuscivo ad essere molto affascinante quando mi sforzavo.
Il resto della seduta di terapia di gruppo fu trascinato con così tanta lentezza che ero sicuro che il tempo stesse andando a ritroso. Dopo un po' mi ritrovai ad evitare di guardare l’orologio solo per il fastidio che mi stava causando. Tuttavia mi attenni all'intenzione di non far incazzare Markman e non sospirai più né emisi rumori per esprimere la mia noia durante la seduta. Feci anche finta di ascoltare intenzionalmente Ray, mentre ci informava tutti che “il cambiamento stava arrivando!”. Indugiai su quel messaggio per un po’, chiedendomi se lui si riferisse al mio cambiamento di carattere nei confronti di Markman. Non ci ripensai troppo perché mi tornarono subito in mente i miei giudizi sulla sanità mentale di Ray. O meglio, sulla sua mancanza di sanità mentale.
Frank quel giorno si era seduto accanto a me. La sua gamba coperta dal jeans era esattamente a dodici centimetri e mezzo dalla mia, di gamba, che era coperta da un jeans economico. Stava pigramente forando un buco nei pantaloni e ciò confermava i miei sospetti sul fatto che si stesse annoiando anche lui. Sapevo esattamente come si sentiva. Anche se mi faceva sentire bene. Per molto tempo mi ero sentito bloccato in quel buco infernale, continuamente pieno di gente pazza. Mi faceva sentire bene avere finalmente qualcuno che non era pazzo in cui mi potessi identificare. Frank non era pazzo,era solo... triste. Ero abbastanza sicuro che si potesse però curare la tristezza. Beh, in realtà se non si poteva curare la tristezza, avrei voluto semplicemente trovare un altro modo per farlo stare meglio. Ero determinato a farlo tornare a posto. Non m’importava cosa avesse detto Jasper. Jasper si sbagliava.
Okay, sì, allora cosa sarebbe successo se io non avessi saputo come farlo tornare a posto? Scommettevo che un idraulico non sapeva riparare un lavandino che perdeva fino a quando non esaminava il quadro completo e tutte le possibili variabili. Stavo solo offrendo il mio tempo e aspettando fino a quando Frank non mi avesse rivelato il quadro completo di se' stesso. E per quadro completo mi riferivo ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti, non al suo corpo. Accidenti questo era imbarazzante. Non potevo credere di aver dimenticato l’incidente della doccia insieme.
Comunque, il punto era che anche se non sapevo come avrei fatto per farlo tornare a posto, ero ancora fiducioso sulla mia abilità di farlo.
Nella sessione di gruppo di quella mattina non ero sorpreso che Frank avesse scelto di parlare. Sapevo che non si sentiva a suo agio a parlare con l’intero gruppo, ma per qualche ragione, in ogni sessione, diceva qualcosa. Anche se era solo una frase su come si sentiva, trovava sempre qualcosa da dire. Sospettavo che volesse che Markman riportasse ai suoi genitori che lui collaborava e cercava di stare meglio, per fare in modo che loro pensassero all'ipotesi di lasciarlo ritornare a casa. Io non volevo che Frank tornasse a casa. Ma comunque non avrei cercato di fermarlo, se l'avesse fatto.
“Sei emozionato per Natale?” chiese Markman a Frank. Sebbene lui avesse dato la sua sentenza obbligatoria su come si sentisse “bene”, Markman lo stava spingendo a parlare di come trascorrere le vacanze in arrivo.
Frank inspirò ed espirò prima di parlare. Annuì circa quattro volte, ma nessun sorriso si allargò sul suo volto come di solito succedeva quando era entusiasta di qualcosa. “Sì. Credo.”
Markman si sporse in avanti “Sei arrabbiato di dover trascorrere il Natale lontano dalla tua famiglia e dai tuoi cari, Frank?”
Doveva essere in grado di leggermi nella mente, perché questo era esattamente ciò che avevo pensato quando avevo visto lo sguardo disperato sul volto di Frank. Certo che non era entusiasta di dover trascorrere il Natale in quella casa piena di coglioni. Chi ne sarebbe stato felice? Faceva freddo da morire e la neve era disgustosa e sporca. Ed ero sicuro che il riscaldamento sarebbe mancato anche quell' anno, come tendeva a fare attorno a quel periodo. Se non fosse andato di nuovo, avevo giurato che sarei stato il primo a prendere le coperte. Ray poteva andare anche a farsi fottere, se pensava di poter prendere le mie coperte quell’anno.
Frank fece spallucce “Sì, penso di sì,” rispose. Ruppe il contatto visivo con Markman e tornò a forare il buco dei suoi jeans. Fissai assente per un po' le sue piccole dita e le unghie rosicchiate dolorosamente, mentre prendeva e dipanava il filo blu.
“Gerard?”
Mi rivolsi educatamente a Markman, con lo sguardo deciso a non essere scortese o sconsiderato. Sembrò un po’ sorpresa per un secondo, perché di solito la ignoravo durante quelle sedute. Ma non quel giorno. Quel giorno ero buono.
“Hai qualcosa da voler condividere con noi?” chiese lei.
Improvvisamente mi resi conto che mi stavano guardando di nuovo tutti. Sento di dover ribadire che la mia partecipazione alle sedute spesso era nulla, così quando scelsi di partecipare a quella sessione, gli altri partecipanti erano diventati molto interessati. Io ero, dopo tutto, un ragazzo estremamente interessante.
Alzai un dito per richiedere pazienza, poi aprii il quaderno degli schizzi e scrissi una risposta. Quando finii di scrivere la risposta attentamente pianificata cominciai a passarla a Markman.
“La leggo io se vuoi” si offrì Frank, con l’interesse acceso sul volto.
Annuii e glielo porsi. Prima lo lesse rapidamente e sentii il cuore sobbalzare, mentre sorrideva divertito.
“Gerard pensa,” cominciò “Che ci sia una mancanza di spirito natalizio quest’anno”.
Era vero naturalmente, chiunque poteva vederlo. C’era più vita in una casa di riposo che lì dentro. Tuttavia il fatto che mi interessasse il fatto che non c’era spirito natalizio era una bugia. Sul serio, non me ne fregava un emerito cazzo del Natale o di tutto ciò che aveva a che fare con esso. A meno che a Frank importasse. Allora mi sarebbe importato.
Markman annuì con entusiasmo. “Qualcun altro si sente così?”. Rivolse la domanda al gruppo. Mi aspettavo i soliti mormorii di assenso, ma fui sorpreso di quanto rumorosa fu la risposta. Ci fu un coro di “Si!” E “Ha ragione!”.
Cazzo, il mio piano mi si stava ritorcendo contro. Stavo solo cercando di far sembrare che partecipassi e non facessi il 'difficile'. In realtà di questo non mi interessava molto.
Mi rannicchiai sulla sedia, mentre Markman iniziava a chiedere consigli sui modi per aumentare lo spirito natalizio. Si stabilì il silenzio per un breve momento, mentre la gente cominciava a riflettere. Ray, naturalmente, doveva parlare per primo.
“Dovremmo mettere su uno spettacolo di Natale!” esclamò.
Quasi mi vomitai in bocca.
Frank mi guardò di traverso e si mise a ridere. “Te lo stai provocando da solo” mi disse. Scossi la testa tristemente e capii che non aveva senso andare oltre. Frank era abbastanza intuitivo. Pensavo che anche lui potesse leggere nella mia mente. Oh cazzo, sperai che non potesse. Il povero ragazzo sarebbe andato fuori di testa se avesse letto i miei pensieri.
Il suggerimento di Ray venne messo da parte perché non c’era abbastanza tempo per organizzare qualcosa prima di Natale. Penso che mi sarei sparato se la sua idea fosse andata avanti. Ci furono suggerimenti per talent show, spettacoli corali e ogni tipo di attività che consideravo una tortura. Adam suggerì di fare ghirlande di Natale con i rami. Quest’idea sembrò andar bene per un po’ fin quando Bob parlò. “Sai quanto fa male ad un ad un ramo essere staccato dal proprio tronco?” farfugliò con veemenza.
L’idea delle ghirlande fu respinta rapidamente dopo ciò. Pensavo che in parte fosse stato perché Bob sembrava così furioso all’idea, che nessuno osava contraddirlo. Il gruppo stava venendo condotto sempre di più verso una tortura denominata “Travestimento di Natale”. Markman aveva suggerito un’attività che coinvolgeva gruppi in cui si facevano abiti di Natale. In gruppi da tre, si dovevano creare costumi da albero di Natale, da Babbo Natale e da regalo gigante, utilizzando solo carta colorata diversa, colla, forbici e nastro adesivo.
Pensavo che l’idea fosse fottutamente ridicola, ma tutti gli altri ne sembravano entusiasti. Furono ancora più eccitati quando Markman suggerì dei premi per i costumi migliori.
Si stava trasformando in un disastro, cazzo. Da quel momento in poi non avrei mai più partecipato a quelle sedute. Portavano solo problemi. Recuperai il quaderno degli schizzi dalle mani serrate di Frank e cominciai a scrivere un’altra idea. Non avrei voluto riproporre quell'idea, ma ogni cosa era meglio del Travestimento di Natale. Frank si chinò per vedere cosa stavo scrivendo. “Secret Santa” annunciò sollevato. “Questa è una buona idea!” sembrava molto sorpreso e mi sentii sconcertato.
“Regali!” disse Ray.
“E’ una buona idea” Markman riaffermò ciò che aveva detto Frank. “Chi vota per il Secret Santa?
Il sollievo emanato da me e Frank soli, fu così potente che era quasi tangibile. Sapevo che era stato terrificato dall'idea di vestirsi e di dover essere toccato. E forse, non ne ero sicuro, ma pensavo che lui fosse spaventato dall'idea dell’intero lavoro di gruppo. Ultimamente avevo notato di sembrare l'unica persona che Frank volesse fra i piedi.
Io. Si, lo so, il ragazzo fottutamente pazzo, eh?
Pensavo che il Secret Santa fosse una buona idea. Tutto quello che si doveva fare era sorteggiare il nome di una persona fuori da un cappello e poi dare a quella persona un regalo. Quindi, ricevevi un regalo da chi estraeva il tuo nome fuori dal cappello. Un gioco da ragazzi, e niente di troppo personale.
Nella mia angoscia per l'assurdità degli altri suggerimenti, il tempo sembrava essere passato molto rapidamente. Un rapido sguardo all'orologio confermò che eravamo andati fuori orario di dieci minuti. Sebbene fossi molto tentato di scaraventarmi fuori dalla stanza, mi ricordai il mio piano per essere rispettoso e cooperativo nei confronti di Markman. Mi ero imposto di stare seduto e di aspettare fino a quando non fossimo stati liberi di andare. Ci vollero altri cinque minuti perchè Markman terminasse la sessione, la quale terminò solo perché l'orario di visite era cominciato. Mandò tutti fuori, promettendo di organizzare l'estrazione per il Secret Santa a fine giornata.
Frank si alzò e cominciò ad uscire, ma io rimasi dietro. All'inizio avevo programmato di uscire immediatamente, ma mi resi conto di un altro modo in cui sarei potuto entrare nelle grazie di Markman. Lei era inginocchiata a terra, mentre risistemava delle carte in giro, dandomi la schiena. Mi guardai attorno e notai che tutti erano scomparsi e avevano lasciato le sedie in cerchio. Questo era strano, perché all'inizio di ogni sessione ci era richiesto di fare il cerchio, in primo luogo. Pertanto, le mie capacità eccellenti di deduzione mi dissero che alla fine di ogni sessione Markman doveva riordinare tutte le sedie e pulire la stanza. E sembrava anche che nessuno si fosse mai fermato per aiutarla.
Presi il retro della mia sedia e la misi sulla sedia di Frank. Poi misi quella di Ray, Adam, Bob, Bert, Lisa e Hayley in cima alla sua. Una volta fatto, ritenni questo accatasto troppo instabile per metterci altre sedie, quindi ne cominciai un altro. Presto avrei fatto tre pile di sedie. Due delle pile erano di otto sedie, la terza pila ne aveva solo quattro. Considerai di spostare su alcune sedie per farne ancora, ma decisi di non sforzarmi. Finsi di non essere sorpreso dal peso della prima pila che cominciai a trascinare verso il muro, dove non sarebbero state tra i piedi. Mi voltai per tornare indietro per prendere le rimanenti due pile e notai Frank e Markman che mi fissavano.
Perché tutti dovevano sempre scioccarsi così quando agivo un po’ fuori dal mio modo di fare? Era piuttosto offensivo vedere i loro volti scioccati perché avevo fatto qualcosa di bello e premuroso. Era davvero così strabiliante per me di fare qualcosa di bello? Continuai a ignorare entrambi e trascinai le altre due pile verso il muro.
Ciò che mi sconvolse di tutta quella situazione era che, proprio come io ero capace di essere premuroso, Markman era capace di essere gentile.
"Grazie, Gerard", disse mentre la oltrepassavo per uscire dalla stanza.
Le feci un cenno di riconoscimento, sperando che lo interpretasse come un 'di niente'.
Frank ed io camminammo verso la sala giochi. Nessuno di noi aveva mai visitatori e in questo modo l’orario di visita era del tempo che passavamo insieme. Ci sedemmo l’uno accanto all'altro, su uno dei divani con il sedile rotto che continuamente si afflosciava. Non mi dispiaceva che il divano fosse rotto. La mancanza di supporto sul sedile significava che Frank ed io eravamo spesso schiacciati vicini, come oggetti pesanti tesi ad affondare verso il centro. Lui si sedette sul margine del suo posto e coprì con un braccio il lato, per evitare di scivolare verso il centro. Io non mostrai il mio disappunto per la sua decisione di resistere e alla fine mi sedetti come al solito.
“Che problema hai?” chiese.
Mi finsi ferito, portando una mano al petto. Lui mi sorrise timido per il mio scherzo e disse “Beh?”
Scrissi sul mio quadernino: “Sto cercando di entrare nelle grazie di Markman.”
“L’ho notato” confermò.
“Pensi che funzionerà?” scrissi.
“Sì, penso di sì. L’intera cosa dello spirito natalizio è andata bene. Sembrava davvero contenta e felice di te!”
Ridacchiai e scrissi: ‘E' un cambiamento’
Frank non mi restituì il quaderno dopo aver letto ciò che avevo scritto.
“Perché però, Gerard? Che cosa vuoi?”
Questo era un segreto. Non potevo dire a Frank che cosa volevo e perché avevo bisogno di entrare nelle grazie di Markman per essere in grado di farlo. Era come se non gli avessi mai detto nessun segreto. Avevo tutta una serie di segreti chiusi nella mia testa. Questo, però, era un segreto speciale. Per me, comunque. Frank mi ridiede improvvisamente il quaderno, come se avesse pensato che avevo bisogno di rispondere alla domanda. Io lo sventolai e lui sospirò. Sapeva che non avrebbe ottenuto una risposta da me. Non oggi. Poi spostò la sua attenzione da me al televisore. Lasciai indugiare i miei occhi sul suo bel viso per un momento, prima di dare un’occhiata anch’io alla TV. Era su un canale commerciale e la pubblicità lampeggiava sullo schermo. Lo sapevate che daOmer’s Party Supplies si può acquistare un albero di Natale sintetico di due metri a soli $ 35?! Santo cielo, le cose che si imparano quando si guarda la televisione. Lo spot per Omer’s Party Supplies finì e immediatamente cominciò un’altra pubblicità. C'era una ragazza giovane, seduta sulla strada, indossando solo un vestito e un cardigan leggero. Indovinai l'annuncio per qualche grazia divina ed ebbi ragione.
“Per favore, fate oggi le donazioni all’appello di Natale del Presidente. Aiutate a tenere i ragazzi fuori dalle strade questo Natale.” La voce cupa e maschile dell’annunciatore riempiva la stanza. Poi un altro uomo, che pensai fosse l’attuale Presidente, passò sullo schermo dopo l'appello. Fissò implorante in basso alla telecamera. Quando parlò mi sentii immediatamente stizzito. Qualcosa nella sua voce mi era eccezionalmente familiare. Anche se non ricordavo di aver mai visto quell’uomo prima nella mia vita, me lo ricordavo da qualche parte.
“Conosci quest’uomo?” Scribacchiai le parole sul mio quaderno così velocemente che uscirono confuse.
Frank lesse e si accigliò. “E’ il Presidente degli Stati Uniti, Gerard” mi disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Il presidente ora stava dando qualche numero da chiamare dove le persone potevano dare denaro per la causa, ma io non riuscivo a concentrarmi su cosa stesse dicendo. Lui era nella mia testa e lo conoscevo, da qualche parte. Non era solo il fatto che fosse il Presidente. C’era qualcos’altro.
Con la coda dell’occhio vidi Zach entrare nella stanza. Lanciò un'occhiata alla televisione per un lungo secondo, guardando come il Presidente domandasse per le donazioni. Poi sembrò scattare qualcosa. Non capivo dove fosse la tragedia, ma la sua faccia cambiò immediatamente. Per un secondo terrificante voltò il viso frustrato verso di me e poi percorse la breve distanza verso la televisione, la sua mano tesa a premere il pulsante di accensione e spegnimento. Lo spot era quasi finito e l’unica visuale era lo schermo nero e qualche scritta accompagnata da una voce. Tutto quello che sentii fu “ Autorizzato dal Partito Democratico, Washington D.C. Illustratovi da Donald-”
Riuscì a premere il pulsante prima che la voce dell’uomo avesse finito di parlare. Sia Frank che io fissammo con smarrimento totale Zach, che si era girato verso di me assolutamente terrorizzato. Frank allora mi guardò in cerca di un’illuminazione. Non sapeva neanche cosa avessi fatto. Alzai le spalle verso Zach, ma lui riuscì solo a deglutire nervosamente, con gli occhi impauriti. Cominciai a mettermi un po’ sulla difensiva. Non era colpa mia se la televisione era su quel canale. Non ti azzardare a darmi la colpa! Perché mi stai guardando? Non ho cambiato io il canale! Perchè mi stai guardando?!
“La dottoressa Markman ti sta aspettando adesso, Gerard” riuscì a dire Zach alla fine.
Rimasi accigliato mentre uscivo dalla stanza, confuso. Cosa c' era di così brutto da fargli spegnere la TV? Era solo una pubblicità per qualche appello di beneficenza per il Natale. Ce n'erano a centinaia in quel periodo dell’anno. Sperai che Frank fosse in grado di scoprire cosa stava succedendo mentre ero via, perché ora mi ero incuriosito.
Fui educato nel bussare alla porta di Markman, invece di irrompere come facevo di solito. Mi chiamò e come prima cosa notai il modo in cui mi guardava mentre entravo. Teneva il Blackberry in mano e capii subito che Zach l’aveva informata a proposito dell’intero incidente della TV. Il mio cuore affondò. Speravo di non essermi cacciato nei guai. Il giorno in cui di fatto mi distaccavo dal mio modo di essere per fare il bravo era forse il giorno in cui mi mettevo nei guai. Tuttavia Markman non lo menzionò per niente, ed io non avevo intenzione di tirare fuori l’argomento. Mi sedetti su una delle sue sedie, astenendomi dal mettere le mie scarpe sui suoi mobili.
Mi osservò come faceva sempre. I suoi occhi indugiarono sulla cicatrice che divideva la mia fronte a metà e uno sguardo pentito e colpevole le attraversò gli occhi come un lampo, come succedeva sempre quando la vedeva. Non ero preoccupato. Sapevo che la cicatrice sarebbe scomparsa, alla fine . Quel il chirurgo plastico aveva fatto effettivamente un lavoro notevole e l’unico motivo per cui si riusciva a vedere ancora qualcosa era perché stavo ancora in stato di guarigione.
Un giorno avrei voluto chiedere a Markman perché lei si sentisse così colpevole per quanto riguardava mia testa. Non aveva niente a che fare con lei.
“Mi ha fatto piacere vederti partecipare oggi” disse.
Ah, il mio piano stava funzionando. Annuii.
“E grazie per aver rimesso a posto le sedie.”
Annuii nuovamente e mi sorpresi di averle proprio sorriso.
“Perché questo improvviso cambiamento?”
Sapevo che era una tipa intelligente. Sapeva che quando le mie azioni erano fuori dal mio modo di essere, c’era qualcosa in atto. La conversazione si stava svolgendo esattamente come l’avevo programmata nella mia testa.
Aprii il mio quaderno e tolsi il primo foglio dove avevo scritto la scorsa notte. Tutto ciò che avevo scritto era “Ho bisogno di qualcosa”.
Markman prese il foglio e notai che aveva dello smalto sulle unghie. Non si metteva lo smalto da mesi. Non era una cosa strana ma semplicemente…diversa. Ero così occupato a guardarle le unghie che mi persi la sua espressione appena lesse la mia sentenza. Come facevo a sapere che foglio darle, se mi ero perso la sua espressione?
Fanculo io e fanculo le sue unghie.
“Che tipo di cosa?” chiese lei.
Presi la matita e risposi alla sua domanda: ‘Un favore.’
“Che tipo di favore?”
Sospirai e scrissi: ‘Ho bisogno che lei mi dia qualcosa.’ Stavo quasi per finire la frase, quando mi ricordai in tempo di aggiungere un ‘per favore’ alla fine.
‘Per favore’
Pensai per un momento al passato e cercai di ricordare se le avessi mai chiesto qualcosa. Non avevo mai chiesto nulla a Markman. Era lei che chiedeva a me.
“Okay” disse.
Strabuzzai gli occhi. Aveva detto semplicemente okay? Aveva detto di sì? Credevo di sognare.
“Ma….”
Caaaaaaaaaaaazzo. Avevo la matita tra i denti e la morsi. Ovviamente doveva esserci un “ma”. Non poteva dire semplicemente di sì, non è vero? La guardai in malo modo.
“Farò del mio meglio per darti quello che vuoi, Gerard,” disse con calma, “ma tu devi fare qualcosa per me in cambio. Okay?”
Grugnii rifiutando di impegnarmi. Non avevo intenzione di entrare in affari con quella donna. Chissà cosa voleva che facessi in cambio. Incrociai arrabbiato le braccia e senza pensarci misi i piedi sui suoi mobili. Lei non fece una piega. Continuò solamente a fissarmi mentre combattevo interiormente il mio dilemma.
Volevo veramente, ma veramente dire di sì. Vedete, la cosa che volevo che Markman facesse per me era un regalo di Natale per Frank. Avevo saltato il suo compleanno, perciò avrei dovuto fare uno sforzo ancora più speciale per Natale, quell’anno. Sapevo che era il suo primo Natale lontano dalla sua famiglia perciò volevo farlo sentire un pochino meglio.
Fissai per molto tempo un quadro incorniciato sul muro, mentre pensavo alla mia risposta. Entravo continuamente nel suo ufficio, ma non avevo mai guardato attentamente quel quadro. Era molto bello, pensai. C’era un’alta figura definita al centro della tela. L’espressione sulla sua faccia era di assoluto terrore. L’uomo si trovava in una stanza enorme,completamente vuota con i muri bianchi. Le pareti e il pavimento sembravano estendersi all’infinito. In confronto al resto della stanza, lui era molto piccolo. Lungo una parete c’era una porta parzialmente aperta. Proprio sulla maniglia c’erano quattro dita arrotolate attorno alla cornice. Questo era tutto ciò che si poteva vedere. Solo quattro dita. Non si poteva vedere il mostro o la persona a cui appartenevano, perciò potevo solo immaginare cosa c’era dall’altra parte. Mi spaventò, perché mi ricordò vividamente loro.
Potevo immaginarmi nella grande stanza bianca e arrivare alla terrificante realizzazione che loro stavano arrivando e che io non avevo via di uscita. Mi tirai su e mi avvicinai al quadro per guardarlo meglio. Il mio stomaco si contrasse non appena mi resi conto che intorno ai margini nel quadro c’erano più dita. Sulla cornice della finestra e solo sul davanzale contai otto dita arrotolate sul legno.
Mi voltai immediatamente, il mio cuore martellava e avvertii delle gocce di sudore lungo la schiena. Mi sforzai di fare qualche sospiro profondo. Sarei stato salvo fino a quando non avessi aperto bocca come il ragazzo del dipinto.
Era al centro della stanza con la bocca aperta. Sapevo che lui aveva rotto il suo silenzio e che loro lo avevano trovato. Chiunque avesse dipinto quella tela, aveva un modo inquietante di entrare nella mia testa. Lo indicai e Markman capì che stavo chiedendo chi fosse l’artista.
Sembrò fermarsi per un momento, mentre cercava il nome dentro sua testa.
“Il ragazzo che lo dipinse era un paziente davvero affettuoso e un mio caro amico. Soffriva di schizofrenia.”
Notai che Markman disse che il ragazzo “era” un paziente, perciò le chiesi dove fosse ora. Mi chiedevo se fosse stato curato. O forse l’avevano preso. Era un pensiero terrificante.
Markman mi rivolse solo un' occhiata triste e non rispose alla mia domanda. Deglutii imbarazzato. Pensai che dopotutto doveva essere morto.
Mentre Markman era persa tra i ricordi, colsi l’opportunità di trovare un’idea per il regalo di Frank, che avevo disegnato e descritto nei dettagli la notte passata. Prima di consegnarlo scrissi sul foglio: “Cosa vuole in cambio?”
Markman aprì il cassetto della scrivania e tirò fuori un timer a forma di uovo e lo mise sul tavolo. Era bianco e grande quanto il palmo della mia mano. Aveva grandi numeri sui margini ed indicava le sei.
“La mia unica richiesta è che da adesso in poi dovrai restare nel mio ufficio per una nostra seduta per un minimo di quaranta minuti .” Markman controllò il suo orologio e girò il timer in modo che la linea nera puntasse verso il venti. “Questo pomeriggio sei stato qui dentro già per venti minuti. Perciò lo imposterò per i venti minuti rimanenti.”
Cavolo questa donna aveva capito tutto. Nell'ultimo mese o giù di lì, se mi prendevo la briga di venire a quelle sedute, tendevo a rimanere nella stanza solo per cinque minuti. Avevo cose migliori da fare che stare seduto ad ascoltare Markman che predicava, pregava, faceva conferenze, gridava, sgridava e parlava. Pensai se appunto fosse stata una cattiva idea. Avrebbe potuto mettermi a fare qualche lavoro in cucina o qualcosa di simile. Pensai che potevo sopravvivere per quaranta minuti. Anche il timer era una buona idea. In quel modo avrei potuto tenere un occhio sul tempo e fare il conto alla rovescia dei minuti.
Annuii dando il mio consenso al patto con Markman, con uno sguardo compiaciuto. Infine le cedetti il mio importantissimo foglio. Avevo scritto tutto a proposito del fatto che mi sentissi colpevole di aver saltato il compleanno di Frank e che ora volevo rimediare facendogli un regalo di Natale. Sapevo che di solito in quel posto ci scambiavamo carte scritte a mano e progetti d’arte come regali, ma io volevo fare qualcosa in più per Frank quella volta.
Non era niente di grande o costoso... Pensavo che fosse una cosa gentile, se non altro. Non credevo che Markman avrebbe capito, ma non aveva importanza. Sapevo sarebbe significato molto per Frank.
Markman aveva finito di leggere la lettera e ora stava esaminando la mia bozza.
Sì, avevo utilizzato proprio una pagina del mio quaderno degli appunti per scriverci sopra degli appunti!
“Penso sia un’idea favolosa”
Avevo sentito bene?
“Anche questo disegno è molto bello. Lo porterò a casa con me stasera e lo darò a mio figlio. Lui saprà dove trovare qualcosa del genere, ne sono sicura.”
Fermi tutti, Markman aveva un figlio?! Da quando? Questa informazione era nuova e mi lasciò spiazzato. Se aveva un figlio, doveva essere sposata. Se era sposata doveva avere un marito. Gesù. Come poteva essere sposata e aver fatto sesso e fatto figli quando io ancora non lo facevo?! Parlando di ingiustizie.
Misi da parte questa nuova informazione. Volevo analizzare e digerirla in un secondo momento. Tutto quello su cui dovevo concentrarmi era l’astenermi dall’abbracciare Markman. Davvero, non pensavo che sarebbe stata così disponibile e pronta ad aiutarmi. Dopo tutto, ero stato uno stronzo con lei nell'ultimo anno o giù di lì. Sorrisi e scrissi un ringraziamento per la sua lettura.
“Prego”
Controllai il timer. Dovevo restare ancora undici minuti alla seduta, prima di poter andare. Canticchiai nella mia testa la musichetta della pubblicità dell' Omer's Party Supplies. Faceva un po’ così: ‘Da da da daaaaa da daaaaa da ba bup da bup.’ Era molto orecchiabile in realtà.
Markman tirò fuori due paia di forbici e qualche foglio di carta. Aveva i nomi di tutti scritti sul foglio per il Secret Santa. Senza che mi venisse chiesto, presi un foglio e cominciai a tagliare i foglietti di carta.
Ritagliai quello di Frank e fui estremamente tentato di 'perderlo' per caso, ma decisi di no. Supposi che potevo permettere a qualcun altro di fargli un regalo. Ero così concentrato nel tagliare lungo le linee, che mi prese un colpo quando il timer si fermò con un “driiiing”.
Misi tutti i miei pezzi di carta nella scatola e feci un cenno di saluto a Markman. Frank mi aspettò all’ingresso. “Ti sei messo in qualche guaio?” chiese immediatamente.
Scossi la testa e sorrisi.
Sembrò sollevato. “Sai, Zach ha chiamato Markman appena hai lasciato la stanza. E’ stato strano.”
Era estremamente strano. Chiesi a Frank cos’altro doveva dire. Lui ci pensò per un momento. “Beh, Zach ha detto a Markman che tu avevi visto l’appello di Natale e poi lei ha detto qualcosa e lui ha risposto, “Non lo so”.
Ci pensai per un lungo momento. Non capivo, ma non pensavo di poter risolvere il mistero mentre ero così affamato. Mi diressi verso la caffetteria. Markman e Ben erano lì da un lato, con una piccolo folla attorno. Sapevo che erano lì per il Secret Santa, ma me ne sarei preoccupato più tardi.
Frank e io ci mettemmo in fila e prendemmo una ciotola di zuppa. Ero in buona confidenza con il pomodoro, considerando che era rosso sangue, ma quel posto era conosciuto per il suo cibo ingannevole. Presi tre pezzi di pane e aspettai Frank mentre faceva lo stesso, eccetto che lui aveva scelto la zuppa di zucca.
Ci sedemmo al nostro tavolo e cominciammo a mangiare, in quanto eravamo tutti e due affamati. E sì, avevo cambiato idea. Questo non era più il mio tavolo. Adesso era il nostro tavolo. Quando i delicati rumori dei risucchi di Frank si fermavano, mi fermavo anch’io. Dopo, senza nessuna parola o occhiata, facemmo scivolare le ciotole l’uno verso l’altro. Mi piaceva la zuppa di pomodoro, ma mi piaceva abbastanza anche quella di zuppa. Scoprii non molto tempo dopo che anche Frank era nella stessa situazione. Finivamo metà della nostra ciotola prima di scambiarcela di nuovo. Era bello. Mi piaceva. Era una cosa nostra.
Dopo cena Frank ed io andammo a disegnare I nostri Secret Santa. Ben teneva la scatola sopra la testa di Frank, perciò lui non poteva vederla. Lui salì sulla sua punta dei piedi per estrarre una striscia di carta. Dopo un rapido sguardo sopra la sua spalla nella mia direzione, guardò la carta. Mostrò a Markman chi l'aveva scritto. Lei gli prese il pezzo di carta e lo gettò fuori. Poi venne il mio turno.
Anche se avevo sempre visto il Natale come una scusa dei rivenditori per alzare i prezzi e delle persone per comportarsi stupidamente, non potei fare a meno di sentirmi un pochino emozionato. Aprii il pezzo di carta.
Adam.
Che cazzo voleva Adam per Natale? Non sapevo nulla di lui, eccetto che era stato rapito dagli alieni. Mi morsi il labbro mentre pensavo. Questa sarebbe stata dura. Anche se mi piacevano le sfide. Mi piaceva lavorare col cervello. Era un cervello carino, e fottutamente fantastico, sapete?
Frank sembrava veramente felice. Era vivace quasi quanto lo era mentre stavamo al nostro tavolo a fare le nostre cose.“Chi ti è capitato?” chiese subito. Poi cambiò idea. “No, non dirmelo. Io non ti dirò chi mi è capitato. Non dirmelo, okay?”
Non alzai il sopracciglio verso di lui, come normalmente avrei fatto. Avrei voluto che fosse sempre così felice.

A Splitting Of The Mind ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora