Capitolo 17

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17.

The main symptom of a psychiatric case is that the person is perfectly unaware that he is a psychiatric case.

 

Aprii gli occhi.
Dove cazzo... Oh.
Oh! Cazzo.
Mi misi di corsa a sedere, lasciando andare le lenzuola che avevo accoccolato sotto il petto. I miei occhi scrutarono la stanza in modo frenetico, mentre cercavo di capire a pieno quello che mi circondava. Alla fine, posai lo sguardo sullo spazio vuoto accanto a me nel letto. Barcollai un po' mentre mi alzavo frettolosamente, e mi appoggiai al muro. Dove cazzo era Frank? Se n'era andato?
Corsi verso il bagno e afferrai la maniglia. Esitai, tenendola chiusa non appena sentii lo scrosciare della doccia. Lasciai andare la maniglia con un sospiro di sollievo. Non mi aveva abbandonato. Grazie a dio.
Mi girai e controllai la stanza di nuovo. Ancora non realizzavo il fatto di essere nella stanza di un motel, in qualche città sconosciuta. Non pensavo di essere mai stato in un motel. Era strano.
Improvvisamente, con immensa sorpresa, lo stomaco mi brontolò. Di solito non ero così affamato. I pasti a Bluestone erano così regolari che non c'era nessun rischio di avere fame. Forse era per questo che avevo messo su due chili e mezzo.
Presi uno degli zaini che avevamo lanciato sul pavimento la notte prima e iniziai a tirare fuori un po' di cibo. Sapevo che c'era un filone di pane da qualche parte...
Ah. Mentre lo tiravo fuori sentii un rumore metallico. Mi fermai, tenendo stretto in mano il pezzo di pane. Con la mano libera rovistai nello zaino, cercando di trovare l'origine di quel suono. Tirai fuori una busta di carta marrone. Non mi ricordavo di averne presa una da casa di Frank.
Cazzo. Era questo che gli aveva dato Markman! Il pacchetto. Me l'ero dimenticato. Come cazzo avevo potuto dimenticarmelo? Non mi scordavo le cose. Che mi stava succedendo ultimamente?
Rimisi il pacchetto nella borsa e quello suonò di nuovo mentre lo tenevo in mano. La curiosità mi punzecchiava. Alzai lo sguardo in direzione del bagno. Mi chiesi quanto ancora ci avrebbe messo. Volevo davvero sapere che cosa gli avesse dato Markman. Cosa poteva essere di così importante da tenerlo segreto?
Di certo non mi sarei fatto male se avessi dato una piccola occhiata. Frank ci metteva un sacco a fare la doccia. Se fossi stato attento avrei potuto togliere il nastro adesivo senza rompere la carta. Già.
No. Sarebbe stato come tradire la fiducia di Frank. Avrei aspettato.
Mi alzai in piedi e tirai fuori un pezzo di pane dall'involucro di plastica. Ne presi un morso e mi bloccai, deluso. Il pane era raffermo e immangiabile. Forse se l'avessi tostato...?
Mi alzai di nuovo e controllai la piccola cucina per cercare tostapane, ma tutto ciò che trovai fu un bollitore, un frigo quasi vuoto e un ferro da stiro. Perchè avevano un ferro da stiro e non un tostapane?
Si può tostare il pane con un ferro da stiro?
Presi un altro morso di pane e lo masticai pensieroso. No, proprio per niente. Fanculo, avrei mangiato qualcos'altro. Mi inginocchiai ancora una volta per raggiungere lo zaino e, mentre frugavo, toccai di nuovo il pacchetto. Quello tintinnò ancora. Cazzo, mi stava uccidendo.
Lo tirai fuori dalla borsa e con delicatezza tolsi il nastro adesivo dalla carta. Non si ruppe. Esitai di nuovo. Fanculo, ero già arrivato a buon punto. Aprii la busta e ci feci scivolare una mano dentro. Toccai una bottiglietta. La tirai fuori e la guardai.
Era un flacone di pillole. Lessi l'etichetta: Clozapine 100mg compresse.
Cazzo.
Le mie pillole.
O meglio, le pillole che Markman mi aveva prescritto per controllare la mia non-esistenza di “allucinazioni”. Che cazzo ci faceva Frank con queste? Rovesciai per terra il resto del contenuto del pacchetto. C'erano altre tre bottigliette della stessa medicina. Davvero, Frank pensava che ne avessi bisogno? Non ero pazzo. Non avevo bisogno di pillole per stare meglio, quando tanto per cominciare non ero nemmeno malato. Forse Frank non sapeva cosa contenesse la busta quando Markman gliel'aveva data.
Oh, un momento. E se Frank lo avesse saputo? E se...
Guardai timorosamente verso la porta del bagno, me era ancora chiusa. Non nego che avevo avuto dei presentimenti su Frank e sulle sue intenzioni. C'era sempre stata una piccola parte di me che dubitava che fosse stata veramente una coincidenza il fatto che lui fosse stato ricoverato nella mia stessa clinica. Quella piccola parte di me aveva anche paura che fosse stato mandato da Loro per entrare nell'istituto e diventare mio amico. Era una preoccupazione valida.
Forse aveva messo le pillole lì in modo che le potessi trovare. Sapeva che ero un ficcanaso sfacciato. O forse aveva commesso un errore. Forse voleva nasconderle, ma non ne aveva avuto il tempo o l'occasione. Per quello che ne sapevo, potevano essere sonniferi. Frank avrebbe potuto programmare di lasciarne cadere una nel mio piatto quando non stavo guardando e poi rubarmi i segreti mentre ero drogato, in stato di incoscienza. Poteva essere stato il suo piano per tutto il tempo -portarmi fuori da Bluestone in modo da potermi narcotizzare e rubare i miei segreti.
Girai la testa di scatto, quando improvvisamente realizzai che Frank mi stava guardando, in piedi davanti all'entrata del bagno. Barcollai per rimettermi in piedi, tenendo ancora in mano uno dei flaconi di pillole.
Frank mi lanciò uno sguardo confuso, in risposta alla mia espressione afflitta. Poi posò gli occhi sulla bottiglietta che avevo in mano. Un' espressione terrorizzata gli coprì il viso mentre apriva la bocca, come se si volesse giustificare. Il suo sguardo mi preoccupò. Era terrorizzato perchè sapeva che avevo trovato il nascondiglio delle pillole con cui stava programmando di drogarmi, o era terrorizzato perchè sapeva che il suo piano era fallito?
“Posso spiegarti,” disse velocemente. Mi morsi il labbro. Non volevo che lavorasse per Loro. Per favore non ditemi che lavora per Loro. Penso che avrei accettato ogni altra giustificazione.
“Me le ha date Markman.”
Ritiro tutto – avrei accettato ogni altra giustificazione tranne questa
Lo guardai. Non sapevo se mi stesse dicendo la verità oppure no. Era un eccellente bugiardo. Aveva detto per mesi a tutti che stava bene, e loro gli avevano creduto. “Mi stai mentendo?” domandai.
Lui spalancò gli occhi. Aveva paura di essere scoperto, forse? “No,” rispose sinceramente.
Mi morsi di nuovo il labbro, preoccupato. Anche Frank sembrava preoccupato. “Me le ha date la dottoressa Markman,” insistette. “Ha detto....,” si zittì appena realizzò di non poter finire la frase.
“Cos'ha detto?” chiesi, cercando di mantenere un tono di voce normale, per nascondere la mia rabbia. Non sapevo se essere arrabbiato con Frank o con Markman. Probabilmente Markman.
“Perchè non mi credi?” rispose improvvisamente, facendo un impertinente passo avanti. Presi una grande boccata d'aria, e inspirai nel futile tentativo di contenere la collera. L'atteggiamento difensivo di Frank non lo aiutava.
Non risposi alla sua domanda. Se fosse stato uno di Loro, o se anche fosse stato mandato da Loro, non volevo fargli capire che sapevo chi fosse. Dovevo essere cauto. Sarebbe stata una fine patetica per la mia storia- morire perchè ero stato così stupido da innamorarmi di uno di Loro.
Porca troia. Forse era per questo che non mi aveva mai risposto “Ti amo”. Forse non mi amava perchè mi aveva usato per tutto il tempo. Cazzo.
Frank venne verso di me, e io lo guardai nervosamente. Stava per accoltellarmi con qualche pugnale nascosto?
“Gerard, cosa c'è che non va?” chiese, avvicinandosi per toccare la mia mano.
Mi allontanai da lui, con sua grande sorpresa. “Cosa ho fatto?” mi domandò, mantenendo il tono di voce calmo e regolato.
Guardai verso la porta d'ingresso, ma fui velocemente riportato alla situazione, perchè lui mi tirò verso di se'. Terrorizzato, feci un passo indietro per liberarmi dalla sua presa e lasciai che il suo braccio cadesse nel vuoto, senza vita, sconfitto. “E' per le pillole?” chiese.
Non ce la facevo più. Dovevo sapere. Sì, avrebbe potuto mentire, ma me ne sarei occupato dopo.
“Lavori per Loro?” farfugliai, preparandomi mentalmente a correre fuori dalla porta. Fissai intensamente i suoi occhi, cercando qualcosa che potesse confermarlo.
Frank spalancò la bocca e inclinò la testa di lato. “Oh,” disse silenziosamente, alzando una mano per scostarsi i capelli dalla faccia.
Oh? Perchè l'aveva detto? Non era la reazione che mi aspettavo. Mi aspettavo una reazione di panico per aver capito che la sua copertura era fallita. Mi ero persino preparato al fatto che mi avrebbe accoltellato. Scosse la testa lentamente, sulla sua faccia c'era un misto di tristezza e colpevolezza.
“Non lavoro per Loro, Gerard.”
Oh, grazie a dio. Ora, meglio che stesse dicendo la verità -non credo che il mio cuore potesse sopportare ancora tutto questo. Pensavo che stesse dicendo la verità -mi stava guardando negli occhi. Era un segno di sincerità, giusto? Cazzo, non lo sapevo.
“Me lo giuri?” dissi sospettoso.
Lui sospirò. “Sì.” poi mi guardò e disse, molto dolcemente, “non sono reali, Gerard.”
Markman ce l'aveva fatta. Lo aveva convinto che fossi pazzo. Non ero pazzo. Esistevano. Li avevo visti. Se non fossero stati reali, allora come avrei potuto vederli? Non si possono vedere cose che non esistono. Diedi un' occhiata al flacone che avevo in mano. Erano le mie medicine. Frank le aveva prese da Markman perchè era d'accordo con lei. Pensava che fossi pazzo e che dovevo essere 'guarito'. Non ero pazzo.
“Pensi che sono pazzo.”
Frank spalancò gli occhi. “No!” rispose immediatamente. La sua risposta era stata troppo veloce per essere sincera.
“Non era una domanda,” dissi bruscamente, continuando a fissare il flacone.
Frank si afferrò i capelli in modo pietoso. “Non penso che tu sa pazzo,” obiettò debolmente.
Alzai un sopracciglio. “Oh, non pensi che io sia pazzo.”
Frank scosse energicamente la testa. “No, sei solo...” si zittì di nuovo.
Aprii il tappo della bottiglietta. “Che cosa? Malato?! E' quello che ha detto anche Markman? Ha detto che sono malato e che queste pillole possono guarirmi?” Rovesciai le pastiglie sul palmo della mano e gliele offrii perchè potesse vederle.
“Mi stai spaventando,” disse Frank con calma, rifiutandosi di guardare le pillole che avevo in mano.
Lo ignorai. “Ti ha detto di tutte le persone che ho ucciso, Frank? E' per questo che sei spaventato? Markman ti ha detto che ti avrei fatto del male se non le avessi prese? Pensi che ti voglia uccidere, Frank? E' per questo che hai preso le pillole? Markman ti ha detto che sarei impazzito se non le avessi prese, e che ti avrei fatto del male? Non ti farei mai del male! Nessuna pillola cambierà questo.”
“Sono sicuro che non avevi nemmeno intenzione di fare del male a Michael,” mormorò lui.
Lanciai il flacone e le pillole che avevo in mano contro il muro, con tutta la forza che potevo. Frank arretrò visibilmente verso il bagno, mentre le pillole si disseminavano nella stanza come proiettili.
“Non parlare di lui!” urlai. Feci qualche passo avanti, ma mi fermai, cercando di contenere la rabbia. Non aveva nessun diritto di parlare di Michael. Non sapeva niente. Michael era mio fratello. Avevo fatto una cosa orribile, ma era stato uno sbaglio. Non significava nulla. Non aveva niente a che fare con Frank.
E non significava che fossi pazzo.
Anche Frank sembrava arrabbiato. “Smettila di urlarmi contro!”, gridò, stringendo i pugni.
“Non sono pazzo! Michael non ha niente a che fare con questo!” esclamai, impugnando un altro flacone di pillole che avevo raccolto.
Non ti ho mai detto che fossi pazzo! Sei solo malato! Ma le pillole possono guarirti, se la smetti di fare il coglione e lasci che Markman ti aiuti!”
“Lei non può aiutarmi. Non sono malato. Non c'è niente di sbagliato in me!”
“Sono solo pillole, Gerard. Non è una fottuta lobotomia!”
Alzai le braccia al cielo. “Lobotomia?! NON SONO MATTO!”
Frank rimase in silenzio. Alla fine alzò le mani, arreso. “Non so cosa vuoi che dica.”
Abbassai la voce adesso. “Dimmi cosa ti ha detto.”
Lui sospirò, incupito. “Mi ha detto che devo farti continuare a prendere le tue medicine, o avresti potuto avere uno dei tuoi episodi. E' tutto!”
“E tu cosa le hai detto?”
“Le ho detto 'okay'. Cos'altro avrei potuto dire?”
“Ti ha detto che sono pericoloso?”
Frank non rispose. Lo presi come un sì. 
“Non ti farò del male.”
“Troppo tardi,” disse tristemente, non volendomi guardare negli occhi.
Porca troia. Ecco come farmi sentire una merda. “Quindi, come pensavi di farmi prendere le pillole?” chiesi.
Frank sembrava perplesso. “Non lo so! Non ci ho pensato.”
“Mi volevi drogare?”
“No!” rispose lui, indignato. “Smettila di essere paranoico, ti prego. Non mi conosci affatto? Non ti avrei mai potuto drogare. Non sono uno di loro. Sono solo io.”
Non ero paranoico. Essere paranoici era il classico sintomo di una persona pazza, ma io non ero pazzo -quindi non potevo essere paranoico. Aveva senso per me. Non riuscivo a capire perchè Frank si comportasse il quel modo.
“Sai cosa stai facendo?” chiese.
“Cosa?” risposi con indifferenza.
“Stai facendo il paranoico. Se prendessi le pillole non avresti questo tipo di pensieri.
Restai a bocca aperta. “Vuoi che smetta di essere me? Se prendo le pillole smetterò di pensare come me. Quindi non sarei più io. E' questo che vuoi?”
“Voglio che tu sappia che sei al sicuro.”
“Sono al sicuro.”
Frank strinse i pugni. “Gerard!” esclamò. “Meno di cinque minuti fa eri convinto che io fossi uno di Loro. E scommetto che hai pensato che ti avrei fatto del male, non è vero? Pensavi che ti avrei accoltellato, drogato o fatto a pezzi il cervello? Non vuoi liberarti da questo tipo di pensieri? Come puoi conviverci?”
“...Hanno senso a volte,” mormorai.
“Cosa?!” disse Frank, alzando la voce. “Cosa su questa terra ti potrebbe far pensare che voglio ucciderti? Cosa te lo fa pensare?”
Perchè non me l'hai detto.
Lo guardai intimidito. Lui alzò un sopracciglio, dubbioso. Silenziosamente alzai il flacone di pillole perchè lo potesse vedere. “Che altro?” domandò. “Qual'era l'altra idea? Cosa consolidava questa convinzione nella tua mente?”
“Non importa,” dissi, cercando di avvicinarmi al bagno. Era l'unica stanza in cui potevo andare senza dover sostenere lo sguardo accusatorio di Frank.
“Dimmelo,” domandò, bloccandomi il passaggio.
“Non importa!” insistetti.
“Smettila di scappare da me,” schioccò lui. “Dimmi a cosa stai pensando. So che qualcosa ti sta percorrendo la mente in questo istante. Dimmelo.”
“Non me l'hai mai detto,” mormorai. Sembrava meschino, ora, detto a voce alta.
Frank capì subito di cosa stavo parlando. Aggrottò la fronte. “E' per questo che pensavi che fossi uno di loro?” disse indignato.
Alzai le spalle e fissai le pillole sul tappeto.
“Che cazzo, Gerard,” disse lui, piegandosi sulle ginocchia per cominciare a raccogliere le pastiglie che avevo sparso ovunque.
Mi inginocchiai anch'io, tirando su quelle più vicine a me. “Non è così difficile,” mentii. Dire quelle parole era la cosa più difficile che avessi mai fatto in tutta la mia vita.
Frank mi guardò, offeso. “Vuoi che te lo dica?”
“No. Dimentica quello che ho detto.”
“Ti amo. Ecco, l'ho detto. Sei contento ora?” disse senza sincerità.
Scagliai sul pavimento le sette pastiglie che avevo raccolto e mi alzai in piedi. “Sai una cosa?” dissi con rabbia, “Vaffanculo, Frank.”
Frank spalancò la bocca. Non mi importava. “Vaffanculo,” ripetei, per poi uscire dalla camera dell'albergo.
Percorsi tutta la balconata e scesi le scale. Camminai fino all'uscita del motel e arrivai in strada. Non avevo ancora raggiunto la seguente postazione, che cominciò a salirmi il panico. Mi bloccai, guardandomi attorno terrorizzato. Oh santo cielo, era stata una pessima idea. Mi sentivo terribilmente esposto. Fino a quel momento ero sempre stato accompagnato da Markman o da Frank quando mi facevo vedere in pubblico. Non ero mai stato in una strada da solo. Respirai a fatica, mentre un camion mi sfrecciava accanto.
Dovevo levarmi dalla strada. Ero scappato da un istituto mentale, dopo tutto. Una sconosciuta forza malefica mi stava dando la caccia; probabilmente non era il massimo stare in mezzo al marciapiede. Mi guardai attorno e mi fiondai nell'edificio più vicino, che sembrava una specie di piccolo ristorante. Mi avvicinai furtivamente all'ingresso ed entrai dentro. Esaminai la stanza e scrutai tutti i clienti. Nessuno di loro mi stava guardando. Era una cosa buona, Loro spiavano ovunque. Dovevo essere cauto.
Mi chiesi se Frank mi sarebbe venuto a cercare. Speravo che lo facesse, ma non me lo aspettavo. Non volevo parlargli in quel modo, ma mi aveva fatto incazzare. Solo perchè era afflitto non voleva dire che poteva scagliarmi contro quelle parole come se non significassero nulla.
“Hey, cosa ti porto?”
Lentamente spostai gli occhi dalla strada e guardai la giovane cameriera, pazientemente in piedi davanti al mio tavolo. Entrai nel panico e scossi nervosamente la testa. “Niente,” mormorai, distogliendo lo sguardo. Era passato molto tempo dall'ultima volta che avevo parlato con una ragazza che non fosse matta.
Markman non contava perchè lei era una strega.
La ragazza non se ne andò. Che cazzo voleva? “Stai aspettando qualcuno?” chiese.
Scossi di nuovo la testa e sospirai.
“Mi dispiace, ma non puoi restare qui se non ordini niente.”
La guardai di nuovo, spalancando gli occhi. Davvero mi avrebbe cacciato? Mi sarebbe piaciuto vederla. Non volevo sollevare una discussione però. Avrei attirato attenzione su di me. Chi poteva sapere dove Loro avessero delle spie? L'uomo che stava mangiando le uova con le mani dall'altra parte della stanza poteva essere una spia, per quanto ne sapevo.
“Ti porto del caffè?” propose lei, sorridendomi.
Oh, cazzo, sì. Annuii. “Okay,” dissi, cominciando a frugare nelle tasche per cercare i soldi. Sapevo di avere qualche moneta e un po' di banconote che mi erano avanzate dai milioni di biglietti dei viaggi in treno che avevo acquistato il giorno prima. “Quant'è?” domandai, poggiando il denaro sul tavolo. Non ero portato per tutta questa faccenda dei soldi.
La cameriera mi fece un largo sorriso. “Bhè, tesoro,” disse. “Per te... metà prezzo.”
Per me? Che cazzo significava? Sapeva chi ero? Ci eravamo mai incontrati prima? Le lanciai uno sguardo perplesso. Lei mi toccò la spalla e si avvicinò. “Bhè, quelli carini hanno lo sconto,” sussurrò nel mio orecchio.
Huh? Oh. Che schifo. Non mi piacevano le ragazze. Velocemente presi cinque dollari dal tavolo e glieli porsi, in modo da mandarla via. Una delle cameriere al tavolo accanto la sgridò, e lei se ne andò. Grazie al cielo.

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