Di nuovo?

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Passo il lunedì pomeriggio a tenere compagnia a Jonah in ospedale. Corbyn è tornato a casa verso le quattro, assicurandomi che non si sarebbe perso.
Più sto con Jonah, più mi rendo conto che c'è qualcosa di strano nel suo incidente. Non voglio pensare che abbia mentito, ma sento come una strana sensazione. Forse sono solo preoccupata per lui, visto che sembra conciato veramente male.

- Se tieni il muso così mi deprimi ancora di più.- dice Jonah prima di mettersi a tossire talmente forte che sussulto sulla sedia.

- Scusami, sono un po' soprappensiero.

Qualcuno bussa alla porta. Il medico, un ometto calvo con un tic all'occhio, si affaccia nella stanza.

- La signora Marais?- chiede guardando prima me e poi la cartelletta che tiene in mano.

- È andata alle macchinette a prendersi un caffè.- rispondo.

- Proverò a cercarla lì. Devo parlarle urgentemente.- l'uomo mi guarda di sottecchi, come se non mi credesse.

Si rivolge poi a Jonah.

- Hai altre visite, ma è meglio che entro le sei e mezza i tuoi amici se ne vadano.

Spalanca la porta e si appiattisce contro la parete per far passare il nuovo visitatore, l'ultima persona che avrei voluto vedere oggi: Jack.

- Sei proprio messo male, bello.- ridacchia avvicinandosi al letto e battendo un pugno sulla spalla di Jonah.

- Forse è il caso che me ne vada.- dico alzandomi e infilandomi in fretta la giacca.

- Di già?- chiede Jack.

- Sono qui da tre ore.- sostengo il suo sguardo e inarco un sopracciglio. Questa giornata è andata talmente male e mi ha caricata di talmente tanta rabbia repressa  che potrei seriamente fare del male a qualcuno solo con lo sguardo.

- Sei una vera amica.

- Non tutti lo sono però.- ribatto lanciandogli un'occhiata infuocata.

- Hai ragione Claire, hai proprio ragione. Bisogna riconoscere fin da subito le erbe cattive.- interviene Jonah. Io e Jack ci voltiamo verso di lui in contemporanea. Sta seriamente facendo un discorso sensato?

- Ad esempio, una volta all'asilo un bambino mi fece fare il prete al matrimonio con la bambina che mi piaceva. Si sono sposati davanti a me, capite?- Jonah tira su con il naso.- È stato orribile. Mi aveva persino costretto a organizzare tutto il matrimonio. Ho dovuto raccogliere i fiori per il bouquet e rubare due portachiavi come fedi.

- Perché non ti sei ribellato?- chiedo indignata.

- Sapeva leggere. Tutti i bambini che all'asilo sanno già leggere vengono rispettati e hanno dei privilegi.- mi risponde con aria seria.

Aggrotto le sopracciglia, momentaneamente confusa. Decido di non indagare e finisco di abbottonarmi la giacca.

- Io vado a casa. Ciao Jonah, passo domani a vedere come va.- gli rivolgo un cenno di saluto, ignorando volutamente Jack.

Prendo al volo lo zaino e mi incammino velocemente fuori dall'ospedale. Per fortuna la fermata dell'autobus è abbastanza vicina. Non devo nemmeno aspettare troppo e in poco tempo sono già a casa, grazie a Dio: dopo una giornata così stressante ho solo voglia di lavarmi e andare a letto. Appena entrata mollo lo zaino sul divano e vado in cucina a prendermi un pacchetto di patatine, che sgranocchio salendo le scale per andare in camera a prendermi il pigiama e la biancheria pulita. Mentre sto rovistando fra le magliette della salute sento un forte rumore provenire dal bagno, seguito da un attacco di tosse talmente forte da darmi i brividi. Mi precipito fuori dalla mia camera e corro a vedere cosa sta succedendo. Non appena spalanco la porta del bagno, trovo Corbyn inginocchiato sul pavimento con le braccia allacciate attorno al water. Una forte zaffata del caratteristico odore amaro del vomito mi invade le narici e sono costretta a trattenere a mia volta un conato. Mi avvicino a lui lentamente, mentre le sue spalle vengono scosse da continui nuovi conati. Le mani che stringono la tavoletta stanno tremando visibilmente. Il mio sguardo passa dalle sue esili braccia al viso, provato e pallido come un cencio, ai capelli sudaticci e appiccicati alla fronte.

Double up // Corbyn Besson why don't weDove le storie prendono vita. Scoprilo ora