Nobody gotta know

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Non ho mai avuto un attacco di panico prima d'ora e spero non mi accada mai più. In quella manciata di minuti sei totalmente prigioniero di te stesso e tu, l'unica persona che può farlo smettere, sei anche quella che non riesce.

Dopo che mi sono tranquillizzata mia madre ha dovuto caricarmi in macchina a forza. Lo shock non mi è ancora passato del tutto; mi sembra di trovarmi in un sogno, come se ogni cosa intorno a me non fosse vera, ma solo la copia della realtà.

Mamma non ha spiccicato parola da quando si è messa al volante. Quando mette la mano sul cambio noto che trema ancora.

- Cosa succederà adesso?- interrompo il silenzio. La mia voce è rauca e mi fa male la gola.

- Non lo so, tesoro.

- Voglio uccidere quello che gli ha sparato.- sento le lacrime raggrupparsi e offuscarmi la vista.

Mia madre rimane in silenzio e così faccio anch'io. Quando parcheggia davanti a casa, ci metto un po' a scendere. Le mie gambe sono come pezzi di legno. La seguo in casa e lei si getta subito fra le braccia di papà. Tutte le azioni che compio- togliermi le scarpe, abbassare la tapparella, infilarmi a letto- sono quasi automatiche, come se le stesse facendo qualcun altro al posto mio. Mi accorgo a malapena che qualcuno sta bussando alla porta.

- Ho sentito quello che è successo. Mi dispiace.- dice Corbyn, fermo all'entrata della camera.

Torno a rivolgere la testa verso il soffitto. Senza aggiungere altro, lui si avvicina e solleva le coperte, infilandosi al mio fianco. Mi sposto per fargli posto e lui si sistema meglio. Puntellandosi sulla spalla destra fa passare un braccio sotto alla mia schiena mentre con l'altro mi attira a sé e mi stringe contro il suo petto. Mi accarezza i capelli con delicatezza e io chiudo gli occhi, affondando il viso nella sua felpa.

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Quando riapro gli occhi, non mi rendo subito conto di dove mi trovo. Le braccia di Corbyn sono ancora strette intorno a me e lui mi sta guardando.

- Che ore sono?- chiedo. Non mi sono nemmeno accorta di essermi addormentata.

- Quasi le due. I tuoi hanno pranzato poco fa, vuoi mangiare qualcosa?

Scuoto la testa.

Lui sposta le coperte e si alza, sistemandosi la felpa. Mi stropiccio gli occhi e mi alzo anch'io.

- Voglio andare da Jack.

- Non credo sia una buona idea.- ribatte Corbyn.

- Era il suo migliore amico.- sussurro.

- Ti accompagno, allora.- dice stringendomi la mano.

Incredibile come si siano invertiti i ruoli così in fretta. Scendiamo in cucina a informare mia madre e poi ci incamminiamo fuori nell'aria frizzante di fine settembre. Non mi sono resa conto di quanto mi sia mancato Jack in quest'ultimo periodo fino a quando non ci troviamo davanti alla porta di casa sua. Nonostante tutto è un mio caro amico e in questo momento ho bisogno anche di lui.

Suono il campanello e dopo qualche secondo una testa coperta di ricci fa capolino da dietro la porta. Non appena vedo Jack non riesco a non abbracciarlo. Lui ricambia e appoggia il mento sulla mia testa con un sospiro.

- Venite ragazzi, entrate pure.- ci invita dopo che ci siamo sciolti dall'abbraccio.

Io e Corbyn lo seguiamo in salotto, facendo lo slalom fra i soliti scatoloni. Mi siedo sul divano accanto a Jack, mentre Corbyn si sistema sulla poltrona sgualcita.

Double up // Corbyn Besson why don't weDove le storie prendono vita. Scoprilo ora