55. NON C'È MAI FINE AL PEGGIO

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<<Impossibile! Tu non sei Stevan!>> affermò la fanciulla non volendoci credere.
Non poteva essere vero.
Per tutto un lungo anno vissuto con Cristian, non c'era mai stato un segno, un comportamento, una cattiveria tale da indurla a pensare questo. Poteva giurare di conoscerlo bene, talmente bene da innamorarsi perdutamente di lui; ma quale lui aveva amato?
L'aveva guardato negli occhi così tante volte durante i loro giorni felici, e in essi, ogni volta, aveva incontrato la piena fiducia. Come potevano due occhi tanto belli e trasparenti essere tanto infami e bugiardi?
Certo, il ragazzo era da sempre stato scontroso e un po' scostante, ma alcune emozioni neppure fingendo alla perfezione si sarebbero potute imitare.
Ma allora, com'era possibile? Come aveva potuto non percepire alcuna scia si malvagità in lui. Eppure le ninfe erano abili in questo, le aveva confidato Elias; più di chiunque altro erano capaci nel riconoscere un'aura delle tenebre. Pure in Elias non si era accesa nessuna scintilla di diffidenza, come ci era riuscito?
Li aveva raggirati per bene, il principe oscuro. Una missione impossibile, resa possibile solo per un demone di tale portata.

Premette i palmi sui bulbi oculari. Le lacrime dovevano smettere di cadere senza permesso. Lui non le meritava.
Eppure era così difficile non mostrarsi distrutta.
Avrebbe potuto accettare la sua morte, magari l'avrebbe ricordato per sempre con amore. Ma ora con quella notizia, l'aveva visto morire due volte. E due lutti di una stessa persona non si potevano accettare.

<<Stevan, Stevan...>> gesticolò in aria con le mani, <<voi umani avete una fissa per questo nome. Chiamami come più preferisci. Io, però, gradirei lo facessi col mio vero nome, se non ti dispiace>> contemplò il volto smarrito di lei e dunque rispose alla domanda non fatta, aggiungendo: <<Cristian, per intenderci. Mi sono sempre chiamato così, fin dalla nascita.>>
Lei avrebbe voluto domandare a quando risalivano i suoi natali, ma il turbamento glielo impedì.

Ad un certo punto, lo sguardo di lui si rabbuiò di colpo.
<<E questo cos'è?>> le afferrò il polso. E lei neppure se ne accorse del movimento. Fu talmente veloce, lo scatto di lui, che non le lasciò il tempo nemmeno di vedere. Come se la mano dell'altro fosse da sempre stata attorno al suo arto e solo allora se ne fosse accorta.
<<Chi te l'ha fatto?>> le chiese mostrandole il suo stesso polso marchiato di rosso.
Era stato Giovanni a ridurle la pelle in quello stato. Le aveva strappato il bracciale con tale violenza da lasciarle il segno. Ruotò il capo per intercettare l'Oscuro colpevole e quasi lo udì deglutire. Gli occhi di quest'ultimo si spalancarono divenendo due bocce lucide di autentico terrore.
<<Rispondimi>> le smosse leggermente il braccio per attirare l'attenzione, ma quando anche lui seguì la traiettoria della ninfa, allora comprese all'istante.

Non ci fu tempo per scappare.
Cristian si mosse più veloce dell'aria; il vento lo rincorse piroettando a formare un piccolo vortice che risucchiò in volo i capelli della ninfa.
Afferrò Giovanni per il collo innalzandolo da terra.
<<Come ti sei permesso?>>
<<Io, io... non pensav...>> non riuscì a terminare la frase non con la poca aria in gola, la quale venne stretta con più forza troncando ogni possibilità di continuare.
<<Non ti ho detto di rispondere! Non me ne frega un cazzo delle tue scuse!>> gli venne gridato a pochi centimetri dalla faccia. E quindi si rivolse a tutti i presenti. <<Che questo sia di lezione per tutti. Vi avevo avvisati, ma evidentemente le parole non riscuotono un forte effetto su di voi... vediamo se i fatti sono più convincenti.>>

Due mosse rapidi e letali. Ruotò ed inclinò il corpo dell'Oscuro in volo, così da far rivolgere la pancia al soffitto e la schiena al pavimento, dunque lo trascinò con forza verso il basso. Servendosi della propria gamba piegata a mezz'aria, spezzò il corpo in due all'altezza dell'ombelico. Il tutto avvenne velocemente, più veloce del grido d'aiuto dello sfortunato, l'ultima parola non riuscì ad oltrepassare la bocca.
Megan assistette alla scena senza trovare il tempo di girare il capo e salvare la purezza della mente. Sconvolta, lo fece in un secondo momento, calò la testa nascondendo la faccia con i palmi delle mani, ma la scena macabra del corpo diviso in due, e del sangue, e delle interiora, e di tutto ciò che un uomo possa trattenere al proprio interno, esplodere spudoratamente schizzando dappertutto, non l'avrebbe mai dimenticata. Graffiò con le unghie il volto, strillando con terrore. E fu inevitabile tornare a piangere disperata.
Quello non era il suo Cristian. Non poteva coesistere un mostro tanto spietato in un corpo tanto amato.

<<Spero che mai più nessuno di voi si permetterà di sfiorarla! Non vorrei decimarvi per altre fesserie simile>> la voce tuonò dura, intimorendo gli animi. Malgrado gli Oscuri non si lasciassero persuadere dalla paura tanto facilmente, tutti, nessuno escluso, tacquero a quella vista percependo un brivido risalire lungo la schiena. Nonostante tutti i presenti avessero pensato e desiderato affondare i canini e gli artigli nella pelle morbida della ninfa, quasi ognuno di loro abbandonò l'intenzione.

<<Finalmente>>, gracchiò una voce femminile dalle sfumature conosciute, <<pensavo di averti perso per sempre.>> Una bionda dal corpo affusolato, corse saltellando felice sui gradini, per poi lanciarsi di getto fra le braccia di Cristian. <<Devo dirti che l'ultima volta che ci siamo incontrati ho davvero avuto paura di averti perso per davvero. Eri diventato una chicca isterica, e ho temuto di vederti mutare in uno di quei cretini di Templari tutto cuore e niente cervello.>>

Megan la riconobbe. Dopo un principio di confusione, dovuto allo shock dell'uccisone cruenta, collegò le lunghe ciglia folte e le toniche gambe a quelle di Vanessa. L'ex, ma evidentemente, non per niente ex, di Cristian. Il giovane si lasciò abbracciare e baciare, ma non concesse altre smancerie. L'allontanò in malo modo e dunque pulì le mani insanguinate sul panno bianco offertogli da Argo.
<<Vanessa non cominciare a tartassarmi>> l'ammonì.
<<Va bene>> ridacchiò la fanciulla esaltata. <<Per fortuna non sei cambiato. Mi ecciti quando fai l'orso.>> E mettendosi in punta di piedi gli sussurrò all'orecchio. Ma non fu proprio una confidenza riservata solo a loro due, perché la voce venne mantenuta ad un livello tale che pure la ninfa riuscì a captare.
<<Stanotte ti verrò a far visita nelle tue stanza. Festeggeremo assieme il tuo ritorno>> inviò a Megan uno sguardo acido e dispettoso. Era più che evidente che la scoccata fosse diretta a lei per ferirla proprio lì, dove la spada della delusione aveva affondato con maggiore facilità. Il cuore si rattoppì divenendo una prugna secca.
<<Altro che ninfe o Templari. Ti farò toccare nuovamente le vette del piacere, come solo io so fare.>>
<<Sì, okay, ma ora vattene>> la scansò in malo modo. <<Non è questo il momento di far sapere alla gente chi è la gallina più brava dell'ovile a fare l'uovo. Ho cose ben più importanti da concludere oggi.>>

<<Va bene, panterotto mio>> malgrado l'aria scocciata dell'altro, la bionda lo abbracciò nuovamente, regalandogli un ultimo bacio sulle piene labbra. Proprio come la prima volta, Cristian lasciò correre. E Megan assistette al tutto sprofondando ancor di più nel mare della disperazione.
Ciò che la frustrava maggiormente, era la sensazione di gelosia; la lucida cognizione di ciò che lui era, e il razionale pensiero di doverlo odiare, non avevano allontanato da lei i sentimenti; seppur celati dalla confusa coscienza, ancora perfettamente presenti. La consapevolezza dello sbagliato, dell'assurdo, del mostro del pentimento, la percosse sbranandola dall'interno.

Puntò le iridi marroni in quelle scure di lui e inviò una saetta di rancore. Cristian ricevette e accolse con piacere l'esternazione di lei, e malgrado non fosse riuscito pienamente a comprendere il pensiero di gelosia, le rispose strafottente con una smorfia divertita.
"Non me ne importa un figo secco di chi è ora o chi è sempre stato!" tuonò il pensiero in lei. Strinse le braccia al petto e lo fulminò feroce. "Io lo conosco. Lui è Cristian".
Si alzò in piedi affrontandolo come nessuno mai si sarebbe permesso.
<<Ed ora, cosa pensi che io faccia, Cristian? Sei così stupido da credere realmente che io ti dia i miei poteri? Soprattutto ora che so chi sei e cosa hai fatto?>> "cosa mi hai fatto" continuava la frase, ma non rivelò la debolezza. Ridacchiò sperando di indispettirlo almeno un po'. <<Scordatelo! Dovrai uccidermi prima di poter vedere nuovamente il mio sangue.>>

<<Tu dici? Sei sicura non farai ciò che ti chiedo?>>
"Perché questa domanda suona tanto come una minaccia?"
E aveva perfettamente ragione a pensare ciò.
<<Allora, dato che io ho fallito miseramente... e credimi, avrei perso qualunque scommessa al riguardo, davvero ero convinto ti fossi innamorata di me, ma a quanto pare mi hai imbrogliato lazzarona>> ciondolò il capo ridacchiando.
"Non sai neppure quanto ti ho amavo Cristian".
<<Vediamo un po' se sarai più invogliato in questo modo.>>
Cristian fece cenno a qualcuno alle sue spalle di agire e quel qualcuno rimandò l'ordine; l'Oscuro accanto alla massiccia porta di ingresso l'aprì.
Nuovamente la scena avvenuta già due volte si ripeté.
Un ragazzo in catene venne fatto avanzare tra le grida e le ingiuria dei presenti. Stavolta il giovane in catene rispondeva con furore ad ogni percussione e violenza verbale, gettandosi con poca fortuna a desta e sinistra, senza però riuscire a colpire alcun bersaglio.
<<Jack>> la voce le morì in gola. L'incubo era solo cominciato.

Sweet Lie - Il Principe OscuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora