Lentamente tolse quella mano dal mio viso e la ripose sullo scatolone, ma rimanemmo per alcuni secondi a guardarci. Dopo quei brevissimi istanti lei si schiarì la voce e abbassò il suo sguardo su quello scatolone mentre io rimasi a fissare il suo viso, ma mi concentrai per alcuni minuti sulle sue labbra. Negli ultimi anni non mi feci mai fermare dall'ansia o da altro, se avevo voglia di baciare qualcuno mi avvicinavo e lo facevo, anche a costo di beccarmi un ceffone in piena faccia (e spesso capitava). Ma in quel momento non ci riuscivo, ero come bloccata, e non capivo il motivo. All'improvviso sentii la mia gamba destra vibrare, cioè non era la mia gamba ovviamente, era il mio cellulare. Lo ignorai per un po' e dopo circa cinque squilli la smise di vibrare, nel frattempo mi avvicinai a Paola e provai a toglierle quello scatolone dalle mani ma lei mi poggiò una mano poco sopra al petto e mi fermò.
«No, tranquilla, lo porto io.» disse semplicemente riportando il suo sguardo sul mio viso.
Io abbassai per un istante il mio sguardo su quella sua mano e subito lo rialzai incrociando il suo sguardo, le sorrisi in modo provocatorio e lei arrossì leggermente.
«Scusami!» esclamò togliendo la mano dal mio petto.
«Figurati...» ribattei io senza togliermi quel sorrisetto dalla faccia.
Di solito ero io a fare la prima mossa e, a meno che non l'avesse davvero fatto a posta, in quel caso fu lei a provarci. Subito dopo il telefono tornò a vibrare e quella volta, dopo aver sbuffato un paio di volte, presi il cellulare e vidi chi diavolo era.
«Che palle!!» esclamai leggendo il nome di Maria sul display.
Paola mi guardò con fare interrogativo ma io non le dissi nulla e risposi a colei che rovinava sempre i momenti migliori.
«Pronto...» dissi poggiandomi con le spalle contro la parete accanto alla mia porta.
«Si può sapere dove cazzo sei finita?? Ti ho chiesto di essere puntuale almeno oggi, dai, cosa stai combinando??» mi chiese lei con un tono alquanto alterato.
«Ti calmi per piacere?? Tutto ciò è decisamente esagerato, ho sforato al massimo di venti minuti.» risposi io con un tono decisamente più calmo del suo.
«Facciamo anche un'ora e mezza, contando l'ora di prima e la mezz'ora di adesso.» continuò lei con quel suo dannato tono nervoso.
«Guarda che non dobbiamo uscire per forza, tanto io tutta questa voglia non ce l'ho...» ribattei innervosendomi anche io per il tono che stava usando.
«Ok, non usciamo, però vieni ora!» replicò lei abbassando lievemente il suo tono di voce.
«Va bene, adesso arrivo...» concordai salutandola e staccando poi la chiamata.
«Problemi?» mi chiese Paola mentre io mi passai una mano tra i capelli.
«No, va tutto bene, solo che devo andare...» risposi alzando il mio sguardo sul suo viso, ma non mi andava di allontanarmi da lì senza darle nemmeno un bacio.
«Era il tuo ragazzo?» ipotizzò lei, e io le feci un sorriso sarcastico pensando che avesse ascoltato la voce di Maria e che l'avesse scambiata per un ragazzo.
«No no, era una mia amica.» dissi quasi ridendo.
«Beh allora devi averla fatta incazzare proprio per bene per farla urlare in quel modo...» commentò lei ironicamente. «Dai, vai allora, non ti trattengo oltre, non vorrei mai che fosse lei ad uccidere te. Grazie per l'aiuto che ci hai dato, non eri obbligata!» aggiunse facendomi un sorriso quasi imbarazzata.
Ecco, quello era il momento in cui avrei dovuto baciarla, in cui avrei dovuto lasciare il segno, il mio classico segno. Ogni ragazza che incontravo e che mi piaceva, dopo averci parlato per almeno 20 minuti, finivo per baciarla, ma con lei non lo feci. Non capivo il perché ma sentivo che non era il momento giusto, sebbene io del "momento giusto" me ne sbattessi alla grande, ero io a creare il mio momento. Ma, appunto, con lei non lo feci, la salutai semplicemente e scesi giù per le scale. Subito dopo salutai anche i genitori di Paola e mi allontanai da lì. Quella stradina di solito era piena di auto parcheggiate, ma in quel momento ce n'erano davvero poche. I palazzi non erano molto alti, al massimo aveva tre piani, e stavano su entrambi i lati della strada. Io camminai velocemente, chiedendomi quali fossero i problemi che affliggessero il cervello di Maria, e mi tenni alla larga dal palazzo in cui abitava Simona. Purtroppo per andare a casa di Maria dovevo oltrepassarlo per forza, ma lo feci stando dal lato opposto alla strada, sul marciapiede alla mia destra. Lo superai velocemente e svoltai l'angolo sulla destra, continuai per altri pochi metri e alla fine entrai in un palazzo col portone bianco. Salii su al primo piano e mi fermai davanti all'unica porta che c'era, mi preparai a bussare ma sentii delle voci e mi fermai.
«No, basta, lasciamo perdere. Non ha senso tutto questo, a lei non frega un cazzo, è ovvio!!» commentò una voce che riconobbi come quella di Simona.
Io non capivo cosa ci facesse lì, cioè io e Maria dovevamo uscire tra di noi, lei non la vedevamo da un mese o almeno ero io a non vederla da un mese, non sapevo se Maria la vedesse o meno, non me ne parlava mai.
«Dai Simo', aspetta, vieni qua...» ribatté Maria.
Dal volume del loro tono di voce, principalmente di quest'ultima, capii subito che si stavano dirigendo verso la porta dell'ingresso e io corsi subito sulla rampa di scale che portava al secondo piano e mi nascosi. Per fortuna nessuno mi vide poiché se qualcuno mi avesse vista avrei fatto una pessima figura, non perché mi stessi nascondendo dalla mia ex, ma bensì per la corsa alla "Jack Sparrow" che feci, ci mancava solo che mi mettessi ad urlare come lui e mi avrebbero presa come controfigura perfetta.
«Simo' aspetta...» continuò la voce di Maria dopo che sentii anche una porta aprirsi.
«No, Maria, basta... Non ce la faccio più, è da un mese che ho perso l'appetito, che non dormo come dovrei, che non riesco a fare nulla senza pensare a Cristina. Io non voglio continuare a stare male! Se lei non è venuta subito allora ci sarà un motivo, e se la conosco bene allora quel motivo sarà una ragazza.» commentò Simona con un tono parzialmente nervoso, ma era pressoché triste.
«Ma non puoi esserne sicura, sai com'è Cristina, lei è...» replicò Maria provando probabilmente a difendermi ma Simona la interruppe.
«Lei è sempre puntuale, lo è sempre stata, gli unici momenti in cui non lo era sono stati quando aveva una ragazza da corteggiare.» disse con un tono piuttosto sicuro, e in effetti aveva ragione, Dio mio, mi sentivo una stronza. «Glielo hai detto tu tante volte quando uscivamo insieme, le tue esatte parole sono state "per fortuna che ora hai solo Simona per la testa così sto sicura che sarai in orario". Quindi di sicuro a quest'ora le starà ficcando la lingua in bocca, e io sono stanca di stare male per una a cui non frega nulla!!» concluse Simona.
Subito dopo sentii dei passi allontanarsi da lì e scendere giù, Maria la chiamò ma Simona non si fermò e io mi sentivo maledettamente male. Con Simona ci stetti da Dio, davvero, ogni minima cosa mi sembrava perfetta, ogni sua parola o gesto, anche quando non diceva o faceva nulla, era semplicemente lei ad incarnare la perfezione. Mi sentivo i crampi allo stomaco, delle fitte al petto e la testa pesante. Mi comportai da stronza svariate volte ma non mi sentii mai in colpa come in quel momento, mi dispiaceva così tanto di farla stare male. Alla fine Maria entrò in casa, chiuse la porta e io mi alzai dalla rampa di scale del secondo piano, scesi giù e bussai alla porta.
«Ah, finalmente ti sei degnata di arrivare. Hai incontrato qualcuno durante il tragitto?» mi chiese Maria non appena aprì la porta e mi vide.
Il suo viso era particolarmente rosso, probabilmente organizzò tutta quella sceneggiata solo per farci tornare insieme ma io sprecai il mio tempo e la mia chance con Paola, che non mi sembrava tanto male.
«Non ho incontrato Simona, se è questo che mi stai chiedendo...» risposi io intuendo dove volesse arrivare. «Ho sentito tutto, mi sono nascosta di sopra poco prima che apriste la porta, mi spieghi cos'è che volevi fare??» le chiesi notando la sua espressione sorpresa.
«Non ci arrivi da sola?? Volevo farvi rimettere insieme, in questi giorni ho visto Simona davvero molto giù. Ci ho messo tre ore per convincerla ad alzarsi dal suo dannato letto e a venire qui per aspettarti, ma tu hai rovinato tutto. Con chi diavolo eri??» mi spiegò Maria come se fosse lei a dover decidere della mia vita.
«Preferisci parlarne qui o mi fai entrare?» ribattei io nervosamente, stufa di doverle dare delle spiegazioni davanti alla porta.
«Non lo so, sto pensando se te lo meriti oppure no...» commentò lei con un tono sarcastico, ma in parte si vedeva che era seria.
«Probabilmente per te non me lo merito, quindi o mi fai entrare o me ne vado!» continuai io prendendo una decisione al posto suo, lei fece un sorriso e mi lasciò entrare.
I suoi genitori non c'erano, lei era figlia unica, in quelle giornate di festa era spesso da sola a casa e più o meno si divertiva molto, sebbene passasse le giornate davanti alla tv a guardare dei film e a mangiare schifezze. Poi si lamentava con me del grasso che affliggeva i suoi pensieri... Io le rispondevo che non era grassa, che era semplicemente normale, né troppo magra né troppo grassa, sebbene fosse più robusta di me, ma era una questione di metabolismo, e anche di tutto ciò che ingurgitava senza il minimo ritegno. Lei era la mia migliore amica da sempre, inizialmente le nostre famiglie abitavano nello stesso palazzo, quindi da piccola o salivo io da lei o scendeva lei da me. Poi però i suoi genitori dovettero cambiare casa per un non so quale disguido con i padroni di casa, essendo loro in affitto, quindi cercarono casa altrove. Per fortuna si liberò un appartamento proprio poco distante da casa mia così non dovemmo dirci addio. Lei a differenza mia aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, da piccola molti ragazzini le correvano dietro e mia madre mi diceva sempre "hai visto quanti pretendenti ha già Maria?? I tuoi li stai nascondendo?", ma io non nascondevo nessun pretendente, al massimo nascondevo "delle pretendenti", ma quello glielo spiegai solo quando avevo 15 anni. Quattro anni prima lei divorziò appunto e disse sia a me che a mio fratello che voleva sapere ogni cosa, non le importava se avessimo ucciso qualcuno, se ci drogassimo o meno (cioè ovviamente le importava) ma voleva comunque saperlo. Non le piacevano i segreti e per far andar bene le cose doveva sapere tutto, disse che in qualsiasi caso non ci avrebbe giudicati e al massimo (se fosse stato un problema grave) ci avrebbe aiutati. Secondo me se le avessi confessato di aver ucciso qualcuno si sarebbe presa anche la colpa. Io adoravo mia madre, quando diceva una cosa ci credeva sul serio, sebbene perse molti anni a sgolarsi contro mio padre. Ma solo (appunto) a 15 anni riuscii a dirle che mi piacevano le ragazze e che i ragazzi mi facevano letteralmente schifo. Cioè per carità come amici, conoscenti, parenti o fratelli andavano bene, ma come fidanzati non mi scendevano proprio giù. Lei inizialmente non la prese bene, cioè rimase solo un po' spiazzata, pensava che scherzassi, ma quando anche mio fratello le confermò che era tutto vero allora ci rifletté sul serio. Mio fratello fu il secondo a saperlo, la prima fu Maria, anche se quest'ultima inizialmente pensava che potessi innamorarmi di qualsiasi femmina sulla faccia della terra, ma non era così. Lei e mio fratello mi aiutarono molto, sia dentro che fuori casa. In un anno cambiai minimo tre ragazze e iniziai a pensare di essere come mio padre, mio fratello mi diceva che non era così, che ciò che mi distingueva da lui era che io avessi una coscienza, e che prima di baciare un'altra ragazza lasciavo quella con cui stavo, non ci provavo con le altre se ero impegnata. Ma quella cosa non mi convinse mai del tutto, in fondo io cambiai ugualmente molte ragazze come lui e prima di conoscere Simona non provai mai dei sensi di colpa così forti. Senza che me ne accorgessi mi ritrovai subito nell'ampio salotto di Maria, era carino, molto spazioso sebbene avessero molte vetrinette di vetro con bomboniere e bambole di porcellana. Alla madre di Maria piacevano molto ma a quest'ultima, dopo che le feci vedere il film Annabelle, le facevano quasi paura. Lei non amava particolarmente gli horror, ma io li adoravo, o almeno mi facevano divertire. Con Simona ne guardai un mucchio e lei rideva con me o commentava scene alquanto strane, sempre con un bel po' di sarcasmo.
«Allora... Vuoi dirmi con chi diavolo eri?» mi chiese Maria quando ci sedemmo sul suo piccolo divanetto a due posti arancione, il colore delle stanza era quasi prevalentemente quello, con varie sfumature tra il beige e il nero.
Io mi schiarii un po' la gola e iniziai a raccontarle tutto sapendo già che dopo quel mio racconto mi avrebbe odiata.
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Semplicemente lei.
Teen FictionChi lo ha detto che un'ex può essere e restare un semplice ex? Niente contatti, niente chiacchierate, niente baci né altro... Chi lo ha detto?? Magari un ex potrebbe diventare un amico, un amante o anche un semplice ex! xD Nessuna opzione è da esclu...