Rimasi su quel letto, con le mani tra i capelli, per alcuni minuti. Pensai e ripensai a ciò che successe, ma pensai soprattutto a ciò che non successe. Quello che poteva succedere poteva essere meraviglioso, poteva diventare l'inizio di qualcosa, ma forse anche quel "nulla" poteva essere un inizio. In fondo mi baciò anche lei e sul lato sinistro del collo sentivo un leggero fastidio, probabilmente era un dannato succhiotto, speravo almeno che non fosse tanto visibile.
«Cris, che diavolo fai sdraiata su quel letto??» mi chiese mia madre facendomi scattare di colpo seduta su quel bordo del letto. «Paola e i suoi genitori stanno andando via, dai vieni a salutarli!» aggiunse aprendo di più la porta e facendomi segno di seguirla.
Io annuii semplicemente, mi aggiustai i capelli, mi alzai in piedi e la seguii fuori dalla mia camera, oltrepassammo il corridoio e ci fermammo davanti all'entrata dove ci aspettavano già tutti e tre. Io per tutto il tempo tenni la mano destra sulla parte del collo su cui lavorò Paola, e provai a fingere che mi prudesse, che una zanzara mi avesse punto visto che tanto in quel periodo le zanzare giravano ancora molto spesso. Mi credettero quasi tutti tranne Paola, lei mi guardava e sorrideva sotto i baffi, quella stronza... Lentamente i genitori di Paola uscirono, lei invece si avvicinò a me e mi abbracciò, pensavo volesse solo salutarmi e invece voleva divertirsi un altro po'.
«Non puoi nasconderlo per sempre, l'ho fatto in un punto piuttosto alto, nemmeno una sciarpa riuscirebbe a coprirlo, a meno che non sia molto grande.» mi sussurrò lei con un tono decisamente divertito.
«Me la pagherai!» ribattei io col suo stesso tono, forse un po' più imbarazzato e meno divertito.
«Beh sai dove abito, mandami il conto e ti pagherò tutto ciò che vuoi.» continuò lei prima di staccarsi leggermente da me.
Prima di allontanarsi del tutto mi stampò un bacio sulla guancia, poi mi sorrise, salutò mia madre con un semplice "arrivederci" e si voltò verso la porta. Io rimasi ferma, paralizzata quasi da quel bacio, di solito ero io a provocare le altre, farlo era divertente, ma subirlo era strano. Non mi sentii mai in quel modo prima di allora, ero confusa, i miei pensieri non connettevano con nessuna parte del mio corpo. Volevo muovermi, allontanarmi da lì, ma i miei piedi non rispondevano. Quando mi provocava Simona era divertente, mi sentivo bene e sicura di me, quando lo faceva Paola invece mi sentivo quasi di non essere all'altezza, o forse era solo la presenza di mia madre a mettermi in soggezione. Quest'ultima chiuse la porta e si voltò verso di me, mi disse qualcosa, parlava animatamente, gesticolava molto, sembrava nervosa. Lo stereotipo del tizio del sud Italia, che mentre parlava gesticolava, con mia madre era perfettamente azzeccato, spesso se parlava in dialetto nemmeno si capiva, era un dialetto campano che io parlavo quando ero nervosa, e probabilmente in quel momento lo era lei. Io però non l'ascoltavo, non che non volessi farlo, cioè anche, però i miei pensieri erano puntati altrove in quel momento. C'era lei, Paola, alta, capelli lunghi lisci e scuri, occhi decisamente più scuri dei capelli e quando ci si metteva d'impegno erano molto intensi. Aveva un carattere che non riuscii ad inquadrare bene subito, ma mi sembrò comunque molto interessante. Quelle sue labbra piene e morbide stampate sulla mia guancia mi rimasero per un po' nella testa, se mi concentravo bene sentivo ancora l'impatto delle sue labbra su di me, sia precedentemente quando mi lasciò quel succhiotto, sia quando mi lasciò quel bacio sulla guancia.
«C-cosa c'è?» riuscii solo a biascicare verso mia madre.
«Cos'era quell'abbraccio o quel bacio, e cos'è quel segno che hai sul collo??» mi chiese lei nervosamente avvicinandosi lentamente a me.
Io feci altrettanti passi indietro, mi ripresi del tutto e portai di nuovo la mia mano destra sul collo.
«È solo una puntura di una zanzara!» risposi io voltandomi e avvicinandomi alla stanza in fondo al corridoio, il bagno.
«Nessuna zanzara ti ha punto per tutta l'estate, te ne sei vantata ogni volta che io e tuo fratello ci grattavamo, quindi dimmi cos'è!» ribatté lei.
In effetti era vero, chissà perché le zanzare colpirono più loro che me in quell'estate, eppure io uscii quasi ogni giorno.
«Donna calmati, io devo andare in bagno.» le dissi entrando in quella stanza e sbattendole quasi la porta in faccia.
«Stammi a sentire, mi va bene che tu sia lesbica, non ci vedo nulla di male, però almeno potresti fare un passo indietro per tuo fratello. Potrebbe essere la ragazza per lui, così finalmente sarà felice.» commentò lei da dietro la porta mentre io accesi la luce e controllai quello stramaledetto succhiotto guardandomi allo specchio.
«Stammi a sentire tu, madre, tuo figlio non è un cucciolo di panda indifeso, lui se vuole può trovarsi benissimo una ragazza. Se non lo fa significa che non vuole, è semplice, piantala di stressarci.» replicai io col suo stesso tono senza staccare lo sguardo dallo specchio.
Quel succhiotto era effettivamente piuttosto in alto, era poco sotto alla mascella e lentamente iniziò a diventare anche più visibile. Io il giorno dopo sarei dovuta tornare a scuola e lo avrei fatto proprio di gran carriera presentandomi lì, davanti a tutti, con un succhiotto ben visibile sul collo. Non mi sarebbe importato molto se l'anno precedente non fossi stata spesso insieme a Simona, appena ci mettemmo insieme nemmeno Maria riusciva a sopportarla ma solo perché dedicavo più attenzioni a lei che alla mia migliore amica, ci mise due settimane per capire che non aveva nulla da temere e che in fondo stava simpatica anche a lei. La nostra classe era piuttosto invadente, molti erano simpatici ma altri s'impicciavano e basta. Andare a scuola con quel succhiotto era come dare un'ennesima batosta a Simona e non mi andava, il giorno dopo infatti rimasi a letto fin quando mia madre non venne a chiamarmi, alterata come suo solito per ogni volta che facevo tardi.
«Dio santissimo, Cris!! Che diavolo ci fai ancora a letto?? Non vorrai mica perderti il primo giorno di scuola?» mi chiese lei togliendomi le coperte di dosso, ma io mi voltai a pancia in giù e affondai la testa nel cuscino.
«Lasciami stare, non sto bene, oggi non ci vado a scuola.» risposi io nervosamente provando ad essere convincente.
«E sentiamo... Che cos'hai?» continuò lei con un tono decisamente poco convinto, non mi credeva affatto.
Nel corso degli anni non mi preoccupai molto di inventare delle scuse per saltare la scuola, quello era il mio posto preferito per fare colpo su qualche ragazza, magari rispondendo male ad un insegnante o difendendo la ragazza in questione da qualche battuta di troppo o proprio da qualche insegnante. Quindi il fatto che non mi credesse era stupido, non aveva motivo di dubitare di me, in quegli anni non le diedi mai problemi per la scuola.
«Mi gira la testa, ho mal di stomaco, credo che potrei anche vomitare...» le spiegai io con un tono lento e parzialmente lamentoso.
Quando stavo male non mi lamentavo quasi mai, a meno che non fosse qualcosa di più forte di un semplice mal di testa o mal di stomaco, quindi se esageravo con il tono potevo finire per non essere molto convincente.
«Non mi sembra che tu sia particolarmente accaldata.» commentò lei poggiandomi una mano dietro al collo e poco dopo, quando mi rigirai a pancia in su, me la poggiò sulla fronte. «Hai un bel livido sul collo però...» aggiunse togliendo la sua mano dalla mia fronte e guardandomi con fare sospettoso. «Come te lo sei fatto?» mi chiese sedendosi su un bordo del letto accanto a me.
«Non so, credo di esser caduta dal letto stanotte...» risposi io stropicciandomi leggermente gli occhi, almeno per non mostrarle la mia titubanza.
«Devi aver colpito qualcosa di molto forte e piccolo cadendo...» commentò lei con un tono decisamente sarcastico, si sentiva che non mi credeva. «Oppure era qualcosa di meno forte, qualcosa di sicuramente più morbido, tipo le labbra di quella ragazzina del piano di sopra?!» ipotizzò lei facendomi arrossire vistosamente.
«Non è vero!!» contestai rimettendomi a pancia in giù.
«Si certo, dai alzati, chiedo a tuo fratello se ti può accompagnare a scuola.» continuò lei, alzandosi in piedi, con quel suo tono parzialmente divertito, in parte sembrava delusa da me come se le avessi rovinato l'opportunità di rendere felice il proprio figlioletto.
«Io non ci vado!» replicai quasi urlando, ma avendo il viso spiaccicato nel cuscino non si sentì molto alto.
«No, tu ci vai eccome, non m'importa quale sia il motivo che ti spinga a non volerci andare ma tu ci andrai. Adesso ti alzi da questo stramaledetto letto, ti prepari in fretta e affronti qualsiasi cosa tu stia cercando di evitare!» protestò lei con un tono severo, quando mi parlava in quel modo quasi non la riconoscevo, ma in fondo lo faceva quando mi vedeva particolarmente giù, forse voleva solo spronarmi.
Io feci un verso di dissenso, particolarmente stufa della sua continua insistenza, e lei uscì dalla mia camera. Alla fine, dopo un paio di minuti, mi misi seduta e lentamente mi alzai. Presi il cellulare dal comodino e vidi che c'era un messaggio di Maria, il messaggio me lo mandò verso le 7 ma io lo vidi una mezz'oretta dopo.
«Cris, ci vediamo direttamente a scuola, oggi mi accompagna mia madre, non prendo il pullman.» c'era scritto.
«Va bene, ci vediamo lì, tanto anche io probabilmente mi farò accompagnare...» le inviai io stiracchiandomi leggermente.
«Non dirmi che ti sei appena svegliata?!» rispose lei pochi istanti dopo.
«Non esattamente, ti spiego tutto più tardi.» le dissi prima di lanciare il cellulare alle mie spalle.
Velocemente uscii dalla mia stanza e mi diressi verso il bagno, dal salotto proveniva un chiacchiericcio leggero ma preferii evitarlo. Mi lavai velocemente il viso provando ad evitare di guardare quel succhiotto sul mio collo, subito dopo mi lavai anche i denti e uscii da lì senza perdere altro tempo. Rientrai nella mia stanza, mi vestii, preparai lo zaino (sebbene non avessi molto da metterci essendo il primo giorno), presi il cellulare dal letto e mi diressi nel salotto dove trovai mia madre e mio fratello seduti su un divano.
«Ce l'hai fatta finalmente.» commentò mia madre con un tono ironico.
«Ma cosa diavolo ti sei messa??» mi chiese mio fratello scoppiando a ridere.
Io non pensavo di esser vestita tanto male, cioè era come mi vestivo di solito, una semplice t-shirt di un blu particolarmente intenso, un jeans semplice e la giacca di una tuta legata attorno alla vita. In quel periodo continuava a fare abbastanza caldo ma non volevo rischiare di restare sotto una fitta pioggia a maniche corte, quindi almeno quella giacca dovevo portarla con me.
«Cosa c'è che non va?» gli chiesi piuttosto offesa da quel suo prendermi in giro.
«Quella sciarpa... Non s'intona col tuo abbigliamento.» rispose lui continuando a ridere.
Giusto, avevo anche la sciarpa... Beh in effetti dovevo metter qualcosa per coprire quel dannato succhiotto, non potevo andare in giro con quel piccolo livido viola in bella vista, o almeno non lì.
«Vieni con me!!» disse mia madre alzandosi in piedi e venendomi in contro.
Mi prese per un braccio e mi portò nel bagno, aprì il mobiletto bianco che era un tutt'uno con lo specchio e cacciò alcuni suoi trucchi, roba che io non amavo particolarmente.
«Potremmo anche evitare certe cose...» commentai io con un sorriso nervoso.
«Non voglio mettertene chissà quanto, giusto quel poco necessario a nascondere questo succhiotto.» ribatté lei con una certa tranquillità.
Lei a differenza mia parlava di ogni cosa tranquillamente, come mio fratello, io mi sentivo più a disagio a parlare di alcune cose, soprattutto con lei. Alla fine la lasciai fare, inghiottii il mio dannato orgoglio e attesi la fine di quella tortura. Quando finì il risultato non mi sembrava tanto male, il succhiotto sembrava sparito, ma io sapevo che era ancora lì. Subito dopo ringraziai mia madre, uscii dal bagno con lei alle spalle e dopo aver convinto mio fratello a smetterla di ridere (minacciandolo di morte) uscimmo di casa. Scendemmo giù, entrammo nella sua piccola auto grigia e ci allontanammo da casa. Dopo pochi metri vedemmo Simona sul lato sinistro della strada, probabilmente anche lei fece tardi quella mattina, e mio fratello pensò che fosse una buona idea farla venire con noi.
«Ma sei scemo?? Non puoi chiederle di venire con noi!!» protestai io nervosamente.
«Perché, scusa? Ho capito che vi siete lasciata ma eravate molto unite, molto affiatate, magari farvi passare un po' di tempo insieme vi farà bene.» replicò lui con un tono serio.
«No, non ci farà bene, fidati!» ribattei io sperando che mi desse retta e la smettesse di seguire Simona.
«L'ultima volta che vi ho viste insieme eravate perfette, non capisco perché adesso tu la eviti tanto...» continuò lui con quella solita testardaggine che contraddistingueva la nostra famiglia.
In effetti l'ultima volta che ci vide Davide fu la sera prima di lasciarla, eravamo a casa nostra, c'erano anche Maria e un paio di amici di mio fratello, nostra madre era al lavoro. Passammo la serata a ridere e scherzare ingozzandoci di schifezze, bevendo alcolici (nascondendoli poi da nostra madre), guardando film e facendo anche giochi più tranquilli. Il gioco che facemmo era un gioco di carte, Uno, io ero seduta in mezzo tra Simona e Maria, in pratica ogni scusa era buona per rompere le scatole a una o all'altra. Eravamo seduti a terra, sebbene fossimo davanti ai divani, ma ci trovavamo meglio lì attorno a quel tavolino. Simona continuava a stuzzicarmi, ogni sua mossa era fatta contro di me, anche se il giro cambiava lei si teneva le mosse peggiori per me e godeva nel farlo. Ad un certo punto io cambiai di nuovo il giro facendolo partire da Simona, lei mise un tre rosso a terra e urlò un "uno" fin troppo alto, ma io non avevo intenzione di farla vincere. Avevo in mano la carta che le avrebbe fatto pescare altre 4 carte e potevo usarla contro di lei appena fosse arrivato il mio turno. Il mio piano era semplice, era una vendetta perfetta contando che grazie a lei arrivai ad avere in mano almeno 15 carte, ma mio fratello rovinò tutto. Lui era accanto a Simona, dall'altro lato, e ricambiò il giro. A lui Simona stava molto simpatica, si punzecchiavano molto a vicenda e si divertiva quando mi prendeva in giro, ergo: lui voleva farla vincere. Infatti quando Davide fece quella mossa Simona si voltò verso di me e mi guardò con un sorrisetto sfrontato, uno particolarmente divertito.
«Tu sai che questa sarà la terza partita di fila che vincerò, si?!» mi chiese lei ridendo.
«E tu sai che io non ti lascerò vincere, si?!» ribattei io col suo stesso tono.
«Non puoi fare molto per fermarmi, adesso tocca a me e io ho solo una carta in mano, ammettilo: sono più forte di te, principessa!!» contestò lei enfatizzando fin troppo sull'ultima parola, sapeva che non mi piaceva quando mi chiamava principessa e lei puntualmente lo faceva.
Io la guardai male per alcuni secondi, poi le presi la carta dalle mani e me la misi sotto la maglia, nel reggiseno.
«Niente carta niente gioco, niente gioco niente vittoria!» la provocai con un sorrisetto divertito.
«Tu credi davvero che io non abbia il coraggio di prendere quella carta?» mi chiese con quel tono dannatamente provocatorio.
«Non puoi prendere ciò che non riesci a raggiungere...» continuai io alzandomi in piedi, ma lei si alzò subito di fronte a me.
«Non mi sembra che tu sia molto lontana.» ribatté lei con un largo sorriso.
«Ma ho comunque un enorme vantaggio su di te!» replicai avvicinando lentamente il mio viso al suo.
«Tu sai che non mi fermerai con un bacio, vero?» sussurrò senza smettere di sorridere, ma io mi piegai verso di lei, la presi di peso in braccio e me la misi sulle spalle.
«Ti porto via dal gioco così non vinci.» le spiegai facendo alcuni passi lontano da quel tavolino. «Scusateci ragazzi, torniamo tra un po'.» aggiunsi abbassando per un attimo lo sguardo su Maria, Davide e i suoi amici.
Nessuno di loro disse nulla, tutti erano più o meno imbarazzati e ridevano sotto i baffi, ma ormai erano abituati al nostro modo di fare, non ci vergognavamo a prenderci in giro davanti ad altri, ci piaceva essere noi stesse davanti a chiunque. Io lasciai le mie carte a Davide e con Simona sulle spalle uscii dal salotto. Mi diressi nella mia camera, chiusi la porta a chiave e subito dopo lasciai andare delicatamente Simona al centro del letto sdraiandomi poi su di lei.
«Allora, ti senti ancora così sicura delle tue doti?» le chiesi con un tono particolarmente basso avvicinandomi lentamente alle sue labbra.
«Io sì, e tu?» rispose lei ribaltando velocemente la situazione.
Eravamo quasi alte uguali ma io avevo decisamente più forza, convivendo con una persona fissata con lo sport e l'attività fisica finii per fissarmi anche io, ma non tanto quanto mio fratello sebbene spesso facessi degli esercizi con lui. In quel momento però Simona mi prese alla sprovvista e la lasciai fare. Si tolse dei capelli dal viso e si avvicinò alle mie labbra, mi baciò con passione e dolcezza e dopo pochi minuti scese lentamente giù. Mi stampò dei piccoli baci lungo tutto il collo, poi arrivò al mio petto e si fermò al mio reggiseno. In quel periodo faceva molto caldo, e io avevo una canottiera piuttosto scollata, quindi lei non dovette per forza togliermi la maglia per fare ciò che fece. Con calma riportò il suo viso davanti al mio, ma non vicino come fece precedentemente, era di qualche centimetro più distante e appena la vidi quasi scoppiai a ridere.
«Cosa fai con quella carta in bocca?» le chiesi ammirando il suo sorriso beffardo che s'intravedeva anche con quella carta tra le sue labbra.
Il suo sorriso divenne più ampio, lanciò via quella carta facendola cadere sul pavimento e subito si voltò di nuovo verso di me.
«Vinco!!» rispose lei avvinghiandosi di nuovo alle mie labbra.
Io la lasciai su di me per altri pochi minuti, ma poi ribaltai di nuovo la situazione.
«Fidati, questa volta ho vinto io!» le sussurrai staccandomi leggermente dalle sue labbra.
«Ah sì?» mi chiese lei prendendomi in giro.
«Sì, e il mio premio sei tu.» risposi io eliminando di nuovo la distanza tra di noi.
Quella sera facemmo l'amore per l'ultima volta, fu l'ultima volta che mi sentii così viva, così pienamente felice. In macchina, invece, in quel momento mi sentivo dannatamente triste e piena di sensi di colpa, e Davide non aiutava.
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Semplicemente lei.
Teen FictionChi lo ha detto che un'ex può essere e restare un semplice ex? Niente contatti, niente chiacchierate, niente baci né altro... Chi lo ha detto?? Magari un ex potrebbe diventare un amico, un amante o anche un semplice ex! xD Nessuna opzione è da esclu...