Capitolo 12 - Fingere.

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Quando arrivammo a scuola, un quarto d'ora più tardi, la mia testa sembrava volesse esplodere, quei due ci diedero dentro al massimo per cantare ogni dannatissima canzone, anche se poi il loro inglese faceva pena. Per fortuna alla fine arrivammo davanti all'edificio e mio fratello spense lo stereo.
«Allora ragazze, mi raccomando, non fate casini!!» ci disse Davide con un tono quasi paterno.
«Non sei mio padre, ciccio!!» commentò Simona sarcasticamente poggiandogli una mano sulla testa.
«Beh... Quindi cosa facciamo?» chiesi io a Simona voltandomi lentamente verso di lei. «Fingiamo che non sia successo nulla?»
«Per quei due idioti che abbiamo in classe o per la stalker ossessiva che non aspetta altro che un nostro passo falso per saltarti addosso?» domandò lei con un tono quasi seccato, forse sapeva che glielo avrei chiesto.
«Direi per entrambi, almeno per un po', per questi primi giorni, poi potrai anche ritornare ad ignorarmi.» le spiegai io incrociando per un istante il suo sguardo e lei sorrise sarcasticamente.
«Io ignorarti?! Guarda che tra me e te quella che ignora l'altra sei tu, io mi adeguo solamente.» ribatté lei con un tono piuttosto nervoso. «Ma stai tranquilla, almeno per oggi ti tratterò come se non mi avessi mai lasciata senza un motivo da un giorno all'altro!» aggiunse velocemente. «Grazie del passaggio.» disse a Davide prima di uscire dall'auto.
Io salutai mio fratello e uscii subito dopo di lei, mi avvicinai al suo fianco destro e insieme ci dirigemmo verso l'entrata della scuola. Io ero sicura di me, sapevo cosa fare per evitare domande sconvenienti, ma vedevo Simona piuttosto nervosa. Continuava a tenersi una mano dietro la nuca, come suo solito, e io non volevo che apparisse nervosa così le presi quella mano e la strinsi nella mia.
«Cosa stai facendo?» sussurrò lei abbassando prima il suo sguardo sulle nostre mani e poi sul mio viso.
«Se dobbiamo fingere dobbiamo farlo bene, non puoi apparire nervosa.» le spiegai guardando avanti.
Oltrepassammo il cortile della scuola semideserto, salimmo su tre piccoli gradini ed entrammo a scuola. Quell'edificio era bello grande, aveva almeno due piani, escluso il piano terra. L'entrata era spaziosa, con tante porte ad ogni parete, delle colonne con piccoli tasselli azzurri e un largo bancone in fondo alla sala dove troneggiava la bidella più anziana dell'istituto. Era una donna sulla sessantina, era piuttosto bassina con i suoi capelli biondi, quasi bianchi, sempre legati in un ordinato chignon. Come persona era gentile e simpatica, nei quattro anni precedenti, in cui mi vide spesso nei corridoi con delle ragazze, mi informava sempre se c'erano degli insegnanti in giro. Fu un po' la mia spalla fino a quando non la misero dietro a quell'enorme scrivania. Non era l'unica a stare lì dietro, con lei c'erano anche altre persone forse più qualificate, ma a lei non le davano più modo di girare per la scuola come o quanto voleva.
«Dai andiamo...» dissi a Simona allungando il passo verso quella scrivania.
Lei mi venne dietro e poco dopo ci fermammo davanti a quella donna che non appena ci vide ci fece un largo sorriso.
«Ehi Rosaria...» la salutai subito io notando degli occhiali rotondi e sottili davanti ai suoi occhi scuri.
Ormai tra me e lei c'era molta confidenza, iniziai a chiamarla per nome già il secondo anno che arrivai lì, e lei mi trattò da subito come se fossi una di famiglia. Con Simona era diversa, cioè era proprio Simona a trattare lei diversamente, lei era più chiusa di me e continuava a dare del lei a chiunque, io optavo più per un contatto confidenziale, il "lei" lo tenevo per la preside o per degli estranei che incontravo in giro.
«Ragazze, che bello vedervi, avete fatto tardi?? I vostri compagni sono già quasi tutti in classe.» ci informò lei con quel suo largo sorriso e il tono piuttosto dolce.
«Sì, sai com'è, quando si ritorna a scuola è tutto un trauma, quindi ritornare a svegliarsi presto dopo 3 mesi passati a dormire è un casino.» commentai io in tono piuttosto sarcastico.
«Beh vi conviene sbrigarvi, so che alla prima ora avrete l'insegnante di inglese e sapete che lei non ama particolarmente i ritardatari.» ribatté lei con un tono serio. «La vostra classe è su al secondo piano in fondo al corridoio che trovate sulla destra, quindi conviene che andate adesso, avremo modo poi di fare quattro chiacchiere nel corso dell'anno.» aggiunse.
Io e Simona la ringraziammo e insieme ci avviammo verso le scale alla nostra destra, salimmo quei due piani piuttosto velocemente e quando salimmo l'ultimo gradino fummo fermate da una ragazza. Aveva i capelli lunghi, ricci e neri, due occhi grandi grigi che la facevano sembrare più pazza di quanto non fosse, il suo corpo era piuttosto esile e continuava a mettere magliette scollate anche in pieno inverno per mostrare il suo seno che non era nemmeno tanto grande. Si chiamava Giorgia, era la stalker ossessiva che continuava a pedinarmi ovunque andassi.
«Ciao Cristina!!» esclamò lei con un tono piuttosto sensuale mentre Simona fece un finto colpo di tosse. «Oh, ciao anche a te Simona...» aggiunse cambiando completamente tono e assumendo un espressione piuttosto seccata.
Quando non avevo una ragazza fissa Giorgia era contenta, non doveva temere che qualcuna di loro le dicesse qualcosa visto che non erano "mie", ci divertivamo solamente, lo sapevo io e lo sapevano loro. Con Simona fu diverso fin dall'inizio e a Giorgia dava fastidio.
«Quindi state ancora insieme?» chiese lei con un tono sospettoso.
«Perché, non dovremmo?» domandò Simona con un sorriso nervoso ma io le strinsi di più la mano e tentai di calmarla.
«No, cioè certo che sì, figurati... Chiedevo così, tanto per fare due chiacchiere.» rispose l'altra altrettanto nervosamente. «Quel succhiotto glielo hai fatto tu?? Pensavo non ti piacesse fare certe cose...» continuò Giorgia con un sorriso più ampio e quasi soddisfatto.
«Le persone cambiano, mi sono fatta prendere dalla passione, sai com'è... Nessuno può toccare la mia ragazza!!» rispose Simona lasciandomi la mano e poggiandomi un braccio sulle spalle.
Probabilmente a Giorgia bastavano le sue parole, o anche quel semplice braccio sulle mie spalle, ma Simona continuò. Si voltò verso di me e mi diede un leggero morso sul collo seguito subito da un dolce bacio. Il tutto mi risultò piuttosto imbarazzante, mi salì persino un piccolo brivido lungo la schiena, ma non feci trasparire nessuna emozione, la lasciai fare, in fondo era piuttosto convincente e quello ci serviva per passare tranquillamente quei giorni a scuola. Sembrava esser diventata anche più brava del solito a mentire, non rideva quasi più, ma in fondo eravamo solo all'inizio e forse si sarebbe fatta scoprire più avanti. Giorgia ci guardò male, anzi guardò male Simona, si voltò indietro e sbattendo i piedi a terra si avviò verso un corridoio alla nostra destra.
«Sei stata molto convincente...» commentai voltandomi verso Simona che nel frattempo si morse il labbro inferiore.
Amavo quando lo faceva, mi faceva salir su una voglia matta di baciarla, e in quel momento non fu diverso ma dovetti trattenermi.
«Andiamo in classe?» le chiesi mentre lei annuì e mi tolse quel braccio dalle spalle.
Fianco a fianco ci inoltrammo verso quel corridoio pieno di aule, avevano tutte le porte aperte, in alcuni c'erano già gli insegnanti, in altre no ma in tutte si sentiva un casino assordante. La nostra classe era proprio l'ultima in fondo, vicino ad un'uscita di emergenza. Lasciai entrare Simona per prima e anche lì si sentì un bel casino, i nostri compagni erano tutti in piedi, i banchi erano quasi tutti occupati tranne uno in fondo all'aula, verso destra, e uno davanti alla cattedra sullo stesso lato. Sia io che Simona vedemmo Maria seduta davanti a quel banco vuoto sulla destra, ci fece segno di avvicinarci e noi lo facemmo subito evitando alcuni ragazzi fermi proprio al centro dell'aula.
«Non credevo di vedervi insieme...» commentò Maria mentre io mi sedetti sul banco accanto a lei e Simona si sedette sul banco alle sue spalle.
«Bisogna sopravvivere in qualche modo.» disse Simona con un tono lento e pesante.
Credevo che quella sceneggiata non le piacesse molto, forse le pesava fingere di essere ancora la mia ragazza, ma nemmeno a me faceva impazzire l'idea. In quegli anni non dovetti mai nascondermi, dicevo e facevo ciò che volevo, in quel momento invece non potevo farlo perché sapevo che i ragazzi della nostra classe avrebbero parlato, Giorgia ci avrebbe provato costantemente con me e Simona non avrebbe retto. Principalmente era per lei che lo facevo, non volevo che sentisse i nostri compagni ridere o fare battute stupide, io lo avrei sopportato ma non credevo che lei ce l'avrebbe fatta.
«Stiamo provando a non far capire nulla a nessuno, fingiamo che vada tutto bene per questi giorni, poi ci comporteremo in modo normale.» spiegai io a Maria.
«E quando vi comporterete in modo normale non penseranno che vi siete lasciate?» domandò lei un po' titubante.
La domanda era lecita, ci stava, ma per me non era così complicato.
«Potremmo anche continuare così, cioè avremo un bel rapporto ugualmente, potremmo essere amiche e nessuno se ne accorgerebbe.» risposi io guardando prima Maria e poi Simona, ma quest'ultima fece un sorrisetto piuttosto divertito e si passò una mano tra i capelli.
«Ragazzi per favore sedetevi e smettetela di fare tutto questo chiasso, le vacanze sono finite, tornate ai vostri posti!» commentò una voce femminile piuttosto acuta alle mie spalle.
Io mi voltai e vidi la nostra insegnante di inglese davanti alla porta, era una donna piuttosto alta e con un fisico normale, non era né troppo grassa né troppo magra. Aveva i capelli corti rossi, gli occhi neri ed era vestita al suo solito modo: un completo scuro compreso di giacca e pantalone, una camicia bianca e delle scarpe nere. Lei credeva che fosse il suo modo di vestire ad influire sul nostro comportamento, credeva che gli alunni tacessero appena la vedevano perché erano intimoriti dal suo abbigliamento, ma si sbagliava. Molti erano semplicemente spaventati dal suo modo di fare, non di apparire, spesso urlava persino se qualcuno non le dava retta. Era una donna piuttosto severa. Noi tutti ci mettemmo ai nostri posti, Simona andò a sedersi al banco dietro al nostro e io mi alzai per fare lo stesso, ma la professoressa mi fermò.
«Signorina, dove credi di andare?» mi chiese lei con fare severo.
«Al mio posto...» risposi io tranquillamente sebbene sapessi già cosa volesse dire.
«Voi due non state bene insieme, credi che mi sia dimenticata di tutto il casino che avete fatto lo scorso anno?» continuò la prof nervosamente. «Quindi una tra te e la tua amica deve passare al banco qui avanti.»
«Ma prof, non è giusto, non può fare così già il primo giorno!!» mi lamentai io, ma con la coda dell'occhio vidi Simona alzarsi dal suo posto e venirmi accanto.
«Potrà anche farci sedere in due banchi diversi, potrà anche costringerci a stare lontane per tutta la giornata, ma non saranno di certo quattro banchi a dividerci.» ribatté lei passando alle mie spalle.
Si fermò al mio fianco destro, poi si voltò verso di me, mi guardò fisso negli occhi per alcuni secondi e dopo avermi sorriso mi baciò sulle labbra. Ok, forse mi sbagliavo, a lei piaceva star lì e fingere di essere la mia ragazza...

Semplicemente lei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora