PDV Simona.
Non appena mi diede quella notizia rimasi piuttosto sorpresa, mi sarei aspettata un qualsiasi lavoro ma non quello, la situazione era troppo assurda. In testa avevo solo una domanda e probabilmente lei si chiese la stessa cosa: sarebbe diventata una mia insegnante?? La risposta che davo io era quasi scontata, credevo non potesse essere una mia insegnante, eravamo alla fine di ottobre e gli insegnanti li avevamo tutti, nessuno disse che sarebbe andato via o altro e pensavo che lei fosse più preoccupata di me.
«Potevi dirmelo che eri un'insegnante.» commentai io con un tono sarcastico provando a prendere sul ridere tutto ciò che stava succedendo.
«Non lo sono, cioè non ho un ruolo fisso, da oggi fino ai prossimi mesi sostituirò solo un altro insegnante, se si riprenderà probabilmente mi toccherà ripartire prima del previsto.» mi spiegò lei con un tono più serio, e sentendo quell'ultima frase sentii anche una fitta alla bocca dello stomaco.
Non volevo che andasse via, che partisse, avevo appena iniziato a fidarmi, non mi andava di salutarla di già.
«Quindi sarai una mia insegnante?» le chiesi senza troppi giri di parole, doveva pur sapere le classi in cui sarebbe andata no?
«Non lo so, oggi mi diranno tutto, le classi, gli orari, non so ancora niente. Sarei dovuta venire qui qualche giorno fa ma ho perso tempo col trasloco e altre cose.» rispose lei mentre io tentai di metabolizzare il tutto e capire se fosse un bene o meno averla nella mia classe. «Perché, non ti piacerebbe avermi nella tua stessa classe?» mi domandò con un tono divertito, in quel momento non sembrava importarle molto ciò che poteva succedere.
«Sì, certo, ma sarebbe strano...» le dissi un po' titubante. «Insomma non saprei come comportarmi.» aggiunsi in modo piuttosto impacciato, ero davvero nervosa all'idea che lei diventasse una mia insegnante.
Stavo appena iniziando a conoscerla, eravamo appena all'inizio di un bel rapporto e quel muro gigantesco con su scritto "insegnante" si interpose tra me e lei. Era snervante pensarla in un modo e poi essere costretta a concentrarsi su altro, in fondo era ciò che mi avrebbero costretto a fare. Non potevo di certo comportarmi come la sera precedente, tra me e lei sarebbe dovuto esserci un certo distacco come c'era tra me e altri insegnanti, non potevamo avere troppa confidenza. Non mi piaceva tenere a freno le mie emozioni o le mie parole ma in quel caso non potevo fare altro. Io ero evidentemente troppo nervosa per quella scoperta ma a lei sembrava non importare. Si avvicinò velocemente a me e mi diede un bacio sulle labbra nonostante fossimo letteralmente davanti alla scuola, sebbene a quell'ora erano già tutti dentro.
«Comportati normalmente.» mi sussurrò prima di rimettersi al suo posto.
«Normalmente? Intendi dire che devo parlarti, provocarti e baciarti come ieri, come se magari tu non fossi una mia insegnante?» le chiesi io ancora piuttosto nervosa sebbene il mio tono sembrò più sarcastico del solito ma quella situazione non mi piaceva affatto.
«Guarda che non siamo ancora sicure che sarò una tua insegnante, magari sarò solo una delle tante che vedrai in giro per la scuola ogni giorno e che però non entrerà nella tua classe.» commentò lei con un tono stranamente calmo.
Di solito quando pensavo a contesti simili, in cui una ragazza frequentava una sua insegnante, credevo sempre che quella più nervosa fosse quest'ultima non la ragazza, invece con lei era diverso. Ebbi svariate cotte per delle insegnanti, tutte erano più grandi di Barbara, ma con nessuna conclusi mai nulla. Non mi feci mai avanti e credevo fosse tutto troppo complicato, ma con Barbara mi feci avanti eccome, ci feci sesso per ben due volte e sentivo che non sarei riuscita a tenere a lungo un tono distaccato. Lei sembrava più calma, più tranquilla, non capivo come facesse ma la invidiavo molto.
«Senti, facciamo così: entriamo dentro, tu vai in classe, io cerco la preside e le parlo. Nel caso tu non mi veda entrare in classe tua ci vediamo più tardi dopo scuola, magari a casa mia così discutiamo tranquillamente di questa cosa.» propose ancora con quel dannato tono calmo che mi rendeva solo più nervosa.
«Ma come fai ad essere così tranquilla?? Non hai paura che ci vedano magari mentre parliamo o anche ora? Non so, cioè in fondo saremo comunque nella stessa scuola.» continuai io con un tono tutt'altro che calmo.
«Ragazzina, ascoltami: a me non importa di nessuno, a parte te... Ci conosciamo da poco, è vero, ma non voglio comunque chiudere questo rapporto di qualsiasi cosa si tratti. Mi piaci, te l'ho detto fin dall'inizio, e il mio lavoro non m'impedirà di starti il più addosso possibile.» continuò lei tornando ad avvicinarsi lentamente a me con un sorriso malizioso. «Potrò anche diventare una tua insegnante ma non m'importa, dovrò solo tentare di tenere fuori da quell'edificio tutto ciò che provo o che potrei provare per te. Sai com'è: almeno al lavoro bisogna essere professionali.» aggiunse sfiorandomi il viso con una mano e provando a baciarmi di nuovo ma io mi ritrassi.
«Non so se tutto ciò sia una buona idea...» commentai io sebbene non avessi nulla da perdere.
Quella che aveva tutto da perdere era lei, era lei quella che avrebbe potuto perdere il lavoro.
«Ehi ragazzina stai tranquilla, nessuno scoprirà nulla e anche se lo facessero non saranno affari loro, tu sei maggiorenne ed io non sto infrangendo nessuna legge, almeno credo... Nel mio contratto non c'è scritto che non posso avere rapporti con degli alunni.» continuò lei tenendosi ad una misera distanza di pochi centimetri dal mio viso.
«Simpatica, molto simpatica...» dissi io sorridendo per un istante. «Ma adesso mi chiami ragazzina, come mai? Devi abituarti a quando entreremo a scuola?»
«Non c'è nulla di male ad essere una ragazzina.» rispose lei in tono ironico.
«Forse, ma io non lo sono. Ciò che abbiamo fatto ieri o anche questa mattina non mi sembra fosse qualcosa da "ragazzine".» ribattei leggermente offesa ma senza smettere di sorriderle.
«Credo tu abbia torto, le ragazzine possono fare queste cose. Lo fanno soprattutto se sono come te.» replicò prendendomi in giro.
«Come me?» le chiesi un po' confusa.
«Sì: inesperte e impaurite.» mi spiegò con un largo sorriso.
«Io non sono nessuna delle due.» contestai fissandola negli occhi nervosamente.
«Forse non eri molto inesperta, lo devo ammettere ci sai fare, ma impaurita lo sei di certo, soprattutto ora.» continuò lei con quel suo bel sorriso stampato sul viso.
«Non è vero.» protestai cercando di tenere un tono nervoso, ma con lei non riuscivo a tenerlo per molto.
«Ah no? E allora provamelo: baciami!» disse con un tono deciso e lo sguardo fisso sui miei occhi.
«C-cosa? Qui?? Davanti alla mia scuola e al tuo futuro luogo di lavoro?» le chiesi col viso leggermente arrossato.
«Sì, proprio qui. Dici di non avere paura no? Beh allora provalo. Fammi vedere che hai ragione tu e che io ho torto marcio.» rispose lei tranquillamente.
«Lo dici solo perché vuoi che ti baci.» replicai io sarcasticamente.
«Anche... E ti costerebbe tanto farmi felice?» domandò quasi sussurrando.
Lei aveva un tono così sereno che mi suonava strano, non aveva davvero paura di poter perdere quel lavoro sebbene avesse studiato tanto per arrivarci. Io, in confronto, sembravo una bambina spaventata davanti alla tv a guardare un film horror. Continuai a guardare il suo viso, ma con la coda dell'occhio mi guardai attorno velocemente. Non c'era nessuno, nessuno che avesse uno zaino o lo sguardo sulla scuola, era il momento giusto per baciarla e farle credere che non avessi paura. Dopo un ultimo sguardo lo feci davvero, avvicinai il mio viso al suo e la baciai. Quel bacio non servì solo a lei, anzi forse a lei nemmeno servì per il motivo per cui lo chiese, ma servì anche a me. Ero davvero nervosa all'idea di averla come insegnante, non sapevo bene come calmarmi ma quel bacio mi aiutò molto.
«Andiamo?» le chiesi poco dopo quando mi staccai dalle sue labbra, e lei rimase a pochi centimetri dal mio viso.
«Se non fosse il mio primo giorno ti porterei lontano da qui per passare una giornata insieme, ma sono qui per sostituire un insegnante e non credo che alla tua preside faccia piacere sostituire un sostituto.» rispose lei sorridendomi.
A quanto pareva le piaceva davvero molto mettermi in imbarazzo, quel suo modo di fare sembrava spontaneo non era programmato, era proprio lei ad essere dannatamente dolce. Io le sorrisi a mia volta, con molto imbarazzo in più, e lei ritornò a sedersi sul suo sedile. Pochi istanti dopo uscimmo da quell'auto e ci avviammo all'interno della scuola l'una accanto all'altra. Non appena entrammo dentro vidi subito Cristina seduta sull'ultimo gradino in alto della scalinata alla destra dell'entrata, quella che mi avrebbe portato alla mia classe. Guardava verso di me, non sapevo se mi stesse aspettando o cosa facesse lì ma non mi tolse per un attimo gli occhi di dosso.
«Tu e quella ragazzina siete nella stessa classe?» mi chiese Barbara con un tono particolarmente basso mentre ci avvicinammo al centro della sala.
«Purtroppo sì.» risposi io col suo stesso tono.
«Sai spero che mi diano la tua classe, sarà divertente torturare quella ragazzina.» commentò lei sarcasticamente.
Io le diedi una leggerissima spinta che non la fece allontanare di molto da me, ma subito dopo risi per ciò che disse.
«Beh dai, sai dove si trova la presidenza?» mi chiese subito dopo con un tono più serio.
«Non ci sono mai stata ma so che è al piano terra, forse in una di quelle porte o nel corridoio da quella parte.» le dissi io un po' titubante. «Puoi sempre chiedere a quella donna lì, lei lo sa di sicuro.» aggiunsi facendole segno con lo sguardo a pochi metri davanti a noi dove dietro ad un ampio bancone c'era una bidella che era lì da molto più tempo di me.
Barbara annuì, mi disse di salire su poiché era tardissimo e ci salutammo con un semplice "ciao". Io mi voltai verso destra e salii velocemente quegli scalini, quando arrivai davanti a Cristina provai ad ignorarla ma fu proprio lei a parlare per prima.
«Come mai non hai risposto ai miei messaggi?» mi chiese alzandosi in piedi, ma io le passai accanto e continuai a camminare verso il primo piano. «Eri con quella donna?» aggiunse venendomi dietro ed io continuai ad ignorarla. «Hai anche gli stessi vestiti di ieri sera... Hai passato la notte con lei? Ci hai fatto sesso?» continuò con un tono più nervoso.
«Senti, la pianti?? Non sono affari tuoi cosa ho fatto ieri sera o con chi sono stata, tu non hai il diritto di starmi addosso in questo modo, non sono più la tua ragazza.» sbottai io voltandomi indietro verso di lei e guardandola furiosamente, riuscii a sopportare quella sua insistenza quando stavamo insieme, quando aveva un motivo per preoccuparsi per me, ma in quel momento non mi sembrava proprio il caso.
«Però una volta ti piaceva quando ti stavo addosso.» replicò lei con un sorrisetto soddisfatto.
Io alzai gli occhi al cielo per un attimo, mi passai una mano sul viso e subito mi voltai di nuovo in avanti ma Cristina mi prese per un braccio e mi spinse con le spalle contro la parete più vicina.
«Ammettilo: ti manco, lei è solo una piacevole distrazione che ti tiene la mente occupata dal non pensare a me. È una bella donna, ok, ma non penso possa interessarti altro di lei.» continuò con un tono piuttosto sicuro, anche più del solito.
«Non siamo tutti come te, non cerchiamo qualcuno con cui stare solo per fare sesso, c'è dell'altro, molto altro e molto più importante.» le spiegai io provando a liberarmi dalla sua presa ma mi teneva piuttosto forte.
Non si tolse per un attimo quel sorriso dal viso, sembrava davvero sicura delle sue parole ma io non frequentavo Barbara perché aveva un bel corpo, a me piaceva per com'era dentro, la sua simpatia e tutto quello che ancora dovevo scoprire. Pochi secondi dopo sentii dei passi e delle voci provenire dalla prima scalinata che percorremmo noi, quella che portava al piano terra. Provai a mettere più forza nelle mie braccia ma Cristina era da sempre più forte di me, le dissi che sentii delle voci ma a lei non importò e rimase ferma fin quando le proprietarie di quelle voci non si fermarono accanto a noi. Io alzai lo sguardo un po' impaurita da cosa mi aspettava e incrociai quasi subito gli occhi di Barbara. Con lei c'era la preside, una donna di oltre 50 anni, dai capelli corti, biondi e gli occhi di un blu particolarmente scuro. Era poco più bassa di Barbara e decisamente meno formosa di lei, sebbene entrambe avevano quasi lo stesso abbigliamento, solo che la preside aveva la camicia più abbottonata e il pantalone era meno aderente di quello che indossava Barbara. Inutile dire che la prima mi faceva impazzire, la seconda invece mi lasciava quasi indifferente. Vidi già la preside in passato tra varie manifestazioni a scuola o anche in giro per l'edificio in giorni normali, lei sicuramente non sapeva chi fossi poiché aveva davvero tante classi a cui badare ed io non mi distinguevo molto tra quei ragazzi.
«Cosa ci fate fuori dalla vostra classe a quest'ora?» chiese la preside con fare severo dopo che Cristina mi tolse la mani dalle spalle.
«Niente, preside, stavamo discutendo su una cosa.» rispose quest'ultima mentre io abbassai il mio sguardo sul pavimento non avendo il coraggio di guardare nessuna delle due in faccia.
«Potete discutere di qualsiasi cosa quando non è orario di scuola, adesso andate subito in classe prima che cambi idea e vi sospenda.» commentò la donna minacciosamente.
A detta di chi andò in presidenza lei era rigida e severa, ogni minima cosa era una scusa buona per sospendere qualcuno. Prendeva davvero sul serio il suo ruolo, e l'educazione per lei era tutto. Cristina fece subito un passo lontano da me e salì i primi due gradini aspettando che io facessi lo stesso ma l'unica cosa che feci fu alzare il mio sguardo su Barbara. Non volevo andarmene senza sapere se ce l'avesse con me poiché in quel momento poteva aver frainteso tutto, ma sul suo viso non notai nulla. Nessun segno di rabbia, gelosia o fastidio simile. Era particolarmente rilassata e non appena incrociai lo sguardo con lei mi sorrise.
«Preferisci venire in presidenza?» domandò la preside facendomi sussultare.
«Ehm... N-no, vado subito in classe.» risposi io portando il mio sguardo sulla preside.
Riportai poi per un'ultima volta il mio sguardo su Barbara e lei mi fece segno con gli occhi di andare, poi mi fece l'occhiolino e io mi mossi. Con Cristina salutai la preside e mi allontanai velocemente da quelle due.
«Cosa c'è? Ti eri incantata? È troppo bella per i tuoi standard?» mi chiese Cristina alle mie spalle con un tono decisamente nervoso.
«Stavo solo pensando ad una cosa, tutto qui...» risposi io sbuffando leggermente, ero stanca di tutte quelle sue scenate di gelosia insensate.
«Stavi pensando a fare sesso con lei?» continuò cercando di tenere il mio passo ma io provai a tenerla dietro di me.
«Non sono affari tuoi.» dissi salendo l'ultimo gradino e avviandomi nel corridoio che mi avrebbe finalmente salvata da quelle infinite domande.
«Ah già, giusto, non pensavi a quello. Lo avete già fatto.» commentò ironicamente.
«E anche se fosse? Tu hai sicuramente fatto lo stesso con quella Paola.» ribattei fermandomi e voltandomi nervosamente verso di lei.
«Oh no, cara, io a differenza tua non ci ho fatto nulla.» replicò in tono sfrontato facendomi innervosire solo di più.
«Era passato circa un mese da quando mi avevi lasciata e ti eri fatta fare quel bel succhiotto, adesso di tempo ne è passato di più e credo tu abbia fatto dell'altro.» dissi lentamente cercando di trattenere la rabbia che provavo in quel momento.
«Che tu ci creda oppure no non m'importa.» disse in tono indifferente.
«Non importa nemmeno a me cos'hai fatto, non sono affari miei, puoi fare ciò che vuoi e io lo credo sul serio. Sei libera.» conclusi allargando leggermente le braccia e abbozzando un piccolo sorriso nervoso.
Non m'importava più di lei o delle sue bugie, di cosa avesse o non avesse fatto, erano affari suoi, io ero stanca di andarle dietro e stare male. Subito dopo feci altri pochi passi in quel corridoio, mi avvicinai alla nostra classe chiusa e bussai. Dentro c'era l'insegnante di inglese e lei ci avrebbe urlato contro di sicuro per l'orario in cui ci presentammo. Erano quasi le 8.40 e il massimo dell'orario in cui potevamo sperare di entrare erano le 8.30 e noi lo avevamo già superato. Dentro sentii la voce della nostra insegnante dire "avanti" ed io aprii la porta. Appena entrammo ci guardò in malo modo, ci disse che non potevamo entrare a quell'ora ma io le risposi che la preside ci aveva viste e che fu proprio lei a dirci di andare in classe. Inizialmente la professoressa non sapeva se credermi o meno, ci scrutò per bene e alla fine si arrese. Ci lasciò entrare e sedere ai nostri posti, e subito dopo riprese la sua lezione. La giornata trascorse lenta, ora dopo ora mi aspettavo di veder entrare Barbara nella nostra classe, se le avessi chiesto quale insegnante sostituiva sarei rimasta calma ad ogni cambio dell'ora e invece ad ogni ritardo di un professore mi saliva l'ansia. Alla fine persi le speranze, pensai che lei non sarebbe arrivata da noi e mi sentii anche più sollevata (anche se avevo ugualmente altri insegnanti che quel giorno non avrei visto). Non appena arrivò l'ultima ora mi rilassai di più. In quell'ora avevamo l'insegnante di matematica, lui era spesso in ritardo di alcuni minuti e quindi quei 5 in più che fece non li notai, ma non appena qualcuno entrò in classe mi accorsi che non era il professore. Stranamente si alzarono tutti e io alzai il mio sguardo dal quadernetto in cui stavo disegnando. Il corpo di quella donna mi era familiare, anche l'abbigliamento, e quando mi fermai sul suo viso la mia ansia ripartì. Barbara era lì, in classe mia, era evidente che fosse lì per sostituire quel nostro insegnante ma io continuai a sperare che non fosse così.
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Semplicemente lei.
Teen FictionChi lo ha detto che un'ex può essere e restare un semplice ex? Niente contatti, niente chiacchierate, niente baci né altro... Chi lo ha detto?? Magari un ex potrebbe diventare un amico, un amante o anche un semplice ex! xD Nessuna opzione è da esclu...