Capitolo 26 - Complicazioni.

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PDV Cristina.

Vedere Simona con quella donna mi fece uno strano effetto, sentii la rabbia ribollire dentro di me e il fatto di non poterle parlare da sola, senza che quella si mettesse in mezzo, mi fece solo infuriare di più. Non ero gelosa, fui io a lasciarla e lei poteva fare ciò che voleva, mi dava solo fastidio il fatto di non avere una spiegazione. Quella sera la lasciai stare, me ne andai senza fare troppe discussioni ma la sera seguente non avevo intenzione di fare lo stesso. Ero in quel locale con Maria già da un po', ci andavamo quasi ogni fine settimana, anche se prima della sera precedente non incontrammo Simona, quella sera fu diverso. Io e Maria eravamo sedute vicino al bancone, quando Simona entrò la vidi subito, ero rivolta verso la porta e lei si fermò dopo aver fatto due passi lontano dall'entrata. La vidi guardarsi attorno e poi fermare il suo sguardo per pochi secondi verso la zona dei tavolini, sorrise subito, forse vide qualcosa di divertente o altro. Mi voltai senza pensarci troppo verso ciò che guardava lei e vidi quella donna, di nuovo. Lei non si accorse di Simona, era impegnata a guardare il suo cellulare, ovviamente. Io riportai subito il mio sguardo verso l'entrata del locale, peccato che lì non c'era più Simona, era come scomparsa nel nulla, ma girando un po' il mio sguardo verso destra la vidi sul lato opposto del bancone. Parlò per pochi istanti con Greta e subito si allontanò dal bancone, si voltò verso quei tavolini e si avviò a passo svelto verso quella donna.
«Ma chi cazzo è quella?» sbottai seguendo con lo sguardo ogni più piccola mossa di Simona.
«Ah ma quindi ci sei, pensavo che quel drink ti avesse sciolto la lingua.» commentò Maria con un tono lievemente sarcastico.
«Ehm, cosa?» chiesi voltandomi per un istante verso di lei che era seduta alla mia sinistra, sebbene in quel momento fosse davanti a me poiché non ero seduta con la schiena contro lo schienale della sedia.
«Ti sto parlando da più di 5 minuti ma tu evidentemente non mi stai ascoltando.» mi spiegò lei concludendo la frase con un breve sospiro. «Chi è la fortunata vincitrice della tua attenzione questa volta?» domandò con un tono quasi rassegnato.
«Nessuna...» dissi riportando lentamente il mio sguardo su Simona.
Fu una cosa istintiva, non lo feci a posta per far capire qualcosa a Maria, anzi se avesse capito qualcosa mi avrebbe di sicuro detto di tutto. Volevo solo guardarla, ero curiosa di sapere cosa stesse combinando, come si sentisse con quella donna e soprattutto chi diavolo fosse. In quel momento ridevano entrambe, non sembrava che fingessero, ridevano di gusto. Quella donna parlava e rideva mentre Simona rideva semplicemente, doveva essere davvero molto simpatica.
«No, Cris, ti prego, dimmi che non è come penso.» continuò Maria con un tono forse fin troppo preoccupato.
«Non è come pensi...» le dissi subito dopo. «Perché, cos'è che pensi?» le chiesi sarcasticamente voltandomi verso di lei che mi guardava con uno sguardo piuttosto contrariato.
«Sai benissimo cosa penso, e io so che tu sai che io so che ciò che penso è vero.» rispose lei con un giro di parole piuttosto contorto.
«Eh?» riuscii solo a dire.
In verità sapevo a cosa si riferisse ma mi veniva da ridere, vederla applicarsi tanto per entrare nei miei pensieri era divertente.
«Stai guardando Simona che parla con quella donna.» mi spiegò con un tono secco, stufa dei miei giri inutili.
«Perché, c'è anche Simona qui? Io non l'ho proprio vista...» replicai con un tono disinteressato fingendo di guardarmi attorno sebbene sapessi benissimo dove si trovasse Simona.
«Ah no? E allora chi stavi fissando?» domandò lei facendo un secondo sospiro.
«Quella tizia lì al tavolo numero 3, con quei capelli castani lunghi poco sopra le spalle.» le dissi indicandole la prima persona che mi trovai davanti in direzione di Simona.
«Quella? Guarda che "quella" è solo un uomo con i capelli lunghi.» commentò Maria quasi scoppiando a ridere.
In effetti quella tizia non era una tizia ma un semplice tizio coi capelli lunghi e anche la barba incolta, di spalle sembrava quasi una donna.
«Beh si, va bene, stavo guardando Simona, ok?» mi arresi alla fine.
«Bene, era così difficile ammetterlo?» domandò con un sorriso nervoso sul viso.
«Sì, con te tutto è sempre difficile, ogni cosa che faccio la critichi, non ti va mai bene niente.» le spiegai io decisamente innervosita da quelle sue continue lezioni di vita, come se "fare la cosa giusta" fosse l'unica scelta possibile.
«Se tu la smettessi di fare stronzate io la smetterei di criticarti.» ribatté lei col mio stesso tono.
Eravamo entrambe piuttosto nervose ma allo stesso tempo non ci andava di fare delle assurde sceneggiate quindi tenemmo il volume normale, né troppo basso né troppo alto. Lei era peggio di mia madre, certo provava a darmi dei consigli, mi diceva quando sbagliavo pur sapendo che me la sarei presa molto ma a me non serviva una seconda madre. Volevo qualcuno che mi dicesse che stavo facendo la cosa giusta, che in ogni caso tutto sarebbe andato liscio, insomma volevo qualcuno che mi mentisse o che m'illudesse. Maria non ne era capace, Simona invece stranamente lo era molto. Quest'ultima non sapeva mentire, ma doveva amarmi davvero tanto per supportare ogni giorno ogni mia più piccola critica contro qualcuno, e ne facevo davvero tante. Non appena Maria pronunciò quella sua frase io mi voltai verso Simona, non mi andava di discutere con Maria, volevo che Simona si alzasse e venisse a dirle che avevo ragione io anche se magari avevo torto marcio. Mi mancava davvero molto e ciò che vidi pochi istanti dopo mi fece scattare subito in piedi. Quella donna poggiò una mano sul suo viso, sul suo bellissimo viso, e Simona le sorrise semplicemente. Non l'allontanò, non la spinse via, si lasciò toccare da quella stramaledetta donna e io non lo potevo sopportare. Feci un mezzo passo verso la loro direzione ma fui fermata da Maria che probabilmente capì le mie intenzioni.
«Non farlo.» mi disse tenendomi stretta una mano attorno al mio polso destro.
«Cos'è che non dovrei fare di preciso? Andar lì e fare una sceneggiata?? Dire a quella donna che non può toccare Simona? O forse dire a quest'ultima che dovrebbe decidere meglio le persone con cui sostituirmi?» chiesi voltandomi nervosamente verso di lei, io ero furiosa ma lei sembrava calma, o almeno voleva tentare di calmare me.
«Tutto questo e altro, qualsiasi cosa ti stia passando per la testa. Non puoi fare più nulla, non puoi più pretendere nulla da lei, sei stata tu a lasciarla e lei è stata male per te per mesi. Adesso guardala... Sta bene, ride persino, non complicare di più le cose.» mi disse cautamente.
Le sue parole erano giuste, aveva ragione, ma a me non andava di seguire i suoi consigli. Non sempre li seguii e farlo quel giorno sarebbe stato forse meglio per tutti, ma ovviamente non lo feci. Mi voltai di nuovo indietro, verso Simona, quella donna le tolse la mano dal viso ma in compenso la mise su una sua mano e la cosa mi fece infuriare ancora di più. Liberai il mio braccio dalla stretta di Maria e pensai bene a cosa fare.
«Cos'hai in mente?» mi chiese con un tono rassegnato, sapeva già che non avrei lasciato passare nulla.
Inizialmente non avevo nessun piano in mente, solo molta rabbia e frasi molto carine da dire a quella donna, ma poi Simona alzò per un attimo il suo sguardo su di me e in un attimo seppi subito cosa fare.
«Lo vedrai...» risposi semplicemente allontanandomi a passo svelto in mezzo a tutti quei tavoli.
Arrivai in fondo alla sala velocemente, Simona smise di guardarmi non appena iniziai ad avanzare verso di lei ma la cosa non mi fermò, anzi mi convinse ancora di più che dovevo farlo.
«Vieni con me.» dissi a Simona quando le arrivai accanto.
Entrambe alzarono subito lo sguardo su di me, Simona era innervosita dalla mia presenza, glielo leggevo negli occhi, mentre quella donna sembrava solo molto confusa.
«Ehm, scusami, ma è una conversazione privata, e poi non mi sembra questo il modo per chiedere ad una persona di seguirti da qualche parte.» commentò la donna come se volesse farmi la morale, tutti che volevano impartirmi delle stupide lezioni.
«Preferisci che aggiunga qualche parolina dolce?» le chiesi con un tono decisamente sarcastico, ma più che altro ero innervosita dal suo continuo mettersi in mezzo.
«Aiuterebbe la persona a fidarsi di te e magari a seguirti, e Simona non mi sembra molto convinta.» mi spiegò lei con un tono da saccente che mi dava ai nervi.
«Non credo tu possa decidere per altri cosa fare o dire, soprattutto quando nessuno si rivolge a te.» protestai nervosamente, non capivo chi diavolo le avesse dato il permesso di parlare al posto di Simona.
«Beh sono qui con lei da prima che arrivassi tu ad interromperci, quindi almeno un paio di buone maniere sarebbero gradite.» ribatté lei con un sorrisetto beffardo sul viso che mi faceva venir voglia solo di prendere quei bicchieri dal tavolino e lanciarglieli addosso.
«Si certo, ma io la conosco da molto prima di te e...» replicai prima che Simona m'interrompesse.
«E tu mi hai lasciata.» disse a denti stretti. «Mi hai presa in giro per tutto questo tempo e alla fine hai anche avuto il coraggio di chiedermi di fingere che stessimo ancora insieme.»
«Lo hai voluto anche tu, non ti ho costretta.» contestai abbassando il mio sguardo su di lei e tentando di avere un tono più calmo.
«L'ho fatto perché ti amavo, credevo che starti vicino ti avrebbe convinta a ripensarci, a tornare da me, ma mi sbagliavo.» mi spiegò lentamente e subito notai che aveva gli occhi lucidi.
«Possiamo discuterne in privato, per piacere.» le proposi io in un modo che forse anche quella donna avrebbe apprezzato.
Lei si scambiò un veloce sguardo con quella donna, quasi come se volesse chiederle il permesso, e poco dopo si alzò dalla sedia. Mi fece segno che potevamo andare e io le feci strada verso i bagni del locale. Di solito anche nei bagni del locale c'era un via vai di gente che entrava e usciva ma quel giorno era particolarmente vuoto, la domenica lo era sempre. Entrai nei bagni femminili con Simona alle spalle e mi fermai non appena lei chiuse la porta. I bagni di quel locale erano immacolati, Greta ci teneva che ogni più piccolo angolo di quel posto fosse perfetto e nella pulizia ci perdeva dietro sempre tanto tempo. Il colore che spiccava era il bianco, le uniche cose ad avere un colore diverso erano le porte di quei cinque gabinetti che erano di un beige particolarmente lucido. Non mi persi troppo dietro alla perfezione di quei bagni, soprattutto perché non fu la prima volta che ci andai, mi voltai verso Simona e iniziai a fissare lei.
«Allora, si può sapere cosa vuoi?» mi chiese con un tono particolarmente infastidito.
«Mi spieghi chi diavolo è quella donna?» domandai io col tono ben più nervoso del suo.
«Non sono affari tuoi, te l'ho già detto ieri sera se non sbaglio. Dovresti rivedere un po' le tue priorità, io non faccio più parte della tua vita.» disse lei continuando a guardarmi con un odio tale che mi faceva male, non sopportavo quel suo sguardo nei miei confronti.
«Non è vero, tu fai ancora parte della mia vita.» contestai io facendo un paio di passi verso di lei e provando ad accarezzarle il viso ma non appena la mia mano le arrivò abbastanza vicino lei la respinse in modo brusco.
«Sono rientrata nella tua vita prima o dopo che questa "Paola" ti ha dato il benservito?» continuò lei con quel dannato tono nervoso.
«Chi ti dice che sia qui perché "qualcuno" mi ha piantato in asso?» protestai con un tono incerto.
In effetti aveva ragione, in fondo Paola scelse mio fratello, ma non le avrei comunque spiegato nulla.
«Ne sono sicura, sei tornata solo perché lei ti ha lasciata o forse sei stata tu a lasciare lei poiché ti sei stancata. Qualsiasi cosa sia accaduta tu sei tornata da me solo perché lei l'hai messa da parte, forse vuoi provare a tornare con me perché ti facevo star bene ma non sono più interessata.» mi spiegò lei che mi sembrava molto sicura delle sue parole.
«Io non voglio provare a tornare con te...» le dissi notando il suo sguardo diventare per un attimo più incerto, poi però si riprese subito e io continuai. «Non ce n'è bisogno, tu sei già mia e io sono tua.» aggiunsi facendomi più vicina a lei e dandole un bacio sulle labbra.
In effetti mi aspettavo che mi desse retta, che mi assecondasse come suo solito ma non lo fece. Si staccò da me e mi diede un'energica spinta.
«Che cazzo stai facendo??» mi chiese ancora più innervosita. «Io non sono tua e tu non sei mia, non siamo più nulla da tempo, torna pure da quella stramaledetta ragazza.»
«Io non voglio tornare da nessuno se non da te.» replicai con un tono più fermo del suo.
«È troppo tardi.» contestò lei balbettando leggermente, forse all'inizio ne era convinta ma in quel momento non lo era più tanto ed io decisi di farmi di nuovo avanti.
«Non è mai troppo tardi.» ribattei avvicinandomi di nuovo a lei.
Simona fece altrettanti passi indietro, poi però si ritrovò con le spalle contro il muro accanto alla porta, e io mi fermai solo quando le fui abbastanza vicino. Portai una mia mano sul suo viso e rimasi per pochi secondi a guardarla negli occhi a pochi centimetri dalle sue labbra. Lei non mi spinse via, non mi disse di andarmene, probabilmente il suo lato insicuro giocò a mio favore e così decisi di approfittarne. Mi avvicinai a lei e feci incontrare di nuovo le nostre labbra. Simona non oppose più resistenza, ricambiò quel mio bacio ed io portai una mia mano lungo il suo ventre.
«Tu sei mia.» le sussurrai staccando per un secondo le mie labbra dalle sue.
Poi ritornai a baciarla con più foga, e feci scendere lentamente la mia mano più giù tra le sue gambe ma fu una mossa fin troppo azzardata, lei si staccò da me e mi spinse di nuovo lontano da lei.
«Mi spieghi cosa ti prende?» le chiesi piuttosto confusa e nervosa.
«Piantala di fare così, piantala di credere che io possa tornare da te con dei semplici baci o dello squallido sesso, non sono come tutte le ragazze che hai conosciuto fino ad ora.» rispose lei con un tono stranamente più sicuro del solito.
«Che non sei come le altre l'ho capito ed è proprio per questo che voglio riprovarci, non voglio perderti.» le spiegai facendo un passo verso di lei ma sul suo viso comparve un sorriso sarcastico e subito mi fermai.
«Mi hai già persa...» replicò in modo meno sicuro del precedente.
«Allora perché hai ricambiato quel mio bacio? Perché non mi hai spinto via subito?» ribattei con un sorriso ben più sicuro del suo.
Lei non rispose, si morse il labbro inferiore e continuò a guardarmi nervosamente. Non c'era bisogno che dicesse altro, non c'era bisogno che dicesse nulla, a lei piacevo ancora molto, era evidente sebbene tentasse di far credere ad altri il contrario. Avrei potuto cercare altre conferme, avrei potuto convincerla a dirmi la verità, ma dopo alcuni minuti la donna che era con lei a quel tavolo si presentò nei bagni e fece crollare ogni mia possibilità di andare oltre.

Semplicemente lei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora