Capitolo 16 - Il cavaliere dalla cigolante armatura.

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PDV Cristina.

Quelle ultime due ore passarono velocemente, anche il professore di matematica non ci fece fare nulla, e durante la sua ora lo vidi chiacchierare allegramente con Simona. La cosa non mi dispiaceva affatto e non mi sembrava nemmeno molto strana, Simona era la sua alunna preferita, era la migliore in tutto l'istituto. Lei era bravissima in matematica, ogni nuovo argomento lo capiva al volo mentre io ero sempre intenta a cercare di capire i tre argomenti precedenti. Per il professore io e lei eravamo "la strana coppia", ci piacevano cose differenti, capivamo cose diverse e non sapeva come mai stessimo insieme. Era divertente ascoltare i suoi discorsi confusi, come se i gusti in tante altre cose potessero influire sul rapporto tra due persone. Magari era vero, magari non stavamo bene insieme, avevamo gusti diversi per i film, le serie tv e anche per il cibo, ma per il modo in cui vedevamo il mondo eravamo uguali e fu quello che ci portò a stare insieme per quasi 8 mesi. I gusti differenti non ci spaventavano, ci completavamo a vicenda e facevamo molte più cose insieme di chiunque altro. Io iniziai ad apprezzare ciò che amava lei e lei fece lo stesso con ciò che amavo io, fu una specie di scambio equo di esperienze. Per noi non contavano le cose che avevamo in comune, per noi contava ciò che provavamo l'una per l'altra, anche se alla fine io chiusi ugualmente tutto. Nessuno sembrava sospettare nulla, tutti sembravano interessati ad altro che non c'entrasse con noi, e di quel passo avremmo potuto smettere di fingere prima del previsto. Quando la campanella suonò tutti uscirono fuori velocemente, tutti tranne Simona che si sedette sul bordo della cattedra e mi guardò fino a quando non le passai accanto con Maria.
«Devo venire con voi?» mi chiese con un tono leggermente sarcastico, un tono di chi già sapeva la risposta.
«Si, dovresti, ma ti prego smettila con tutti questi baci.» risposi io fermandomi e voltandomi verso di lei.
«D'accordo!» esclamò lei balzando a terra con un veloce scatto e facendomi un largo sorriso.
Subito si avvicinò a me, mi mise le braccia intorno al collo e mi stampò un ennesimo bacio sulle labbra come se pochi secondi prima non le avessi detto nulla.
«Ma la smetti??» le chiesi nervosamente togliendomi le sue braccia di dosso.
«Oh scusami se non volevo che Giorgia si accorgesse del tuo strano modo di trattarmi.» commentò lei con un tono piuttosto offeso e col volume basso.
«Si, certo, adesso diamo la colpa a lei...» ribattei io voltandomi verso la porta e uscendo velocemente da lì.
Non credetti subito a ciò che disse, pensavo lo avesse fatto a posta come alcuni che mi diede durante il corso della giornata, che erano letteralmente inutili, ma non appena uscii dall'aula mi trovai Giorgia davanti, e capii subito che ciò che disse Simona era vero.
«Giorgia!» esclamai io cercando di contenere subito il mio tono sorpreso. «Cosa ci fai ancora qui?» le chiesi mentre alle mie spalle si fermarono sia Simona che Maria.
«N-niente, stavo andando via ma vi ho sentito discutere e mi sono fermata.» rispose lei col viso leggermente rosso, probabilmente per l'imbarazzo.
«Ci stavi spiando?» le domandò Simona con un tono più nervoso del mio.
«N-no, certo che no...» disse subito Giorgia guardando quasi esclusivamente me. «Ho sentito dei toni poco sereni e ho pensato che steste litigando, qualcosa non va?» chiese lei con un lieve accenno di speranza.
Lo si capiva guardandola in faccia che sperava in una risposta positiva, aveva gli occhi fissi nei miei e un sorriso appena accennato ma che di tanto in tanto provava a trattenere, fallendo però miseramente.
«Va tutto alla grande, il suo unico problema è che sono troppo "appiccicosa", lei ha bisogno dei suoi spazi, se le dimostri troppo affetto rischi di soffocarla.» le spiegò Simona con un tono piuttosto acido, doveva darle parecchio fastidio tutta quella storia.
«Non è assolutamente vero.» ribattei io voltandomi verso di lei che si mise alla mia sinistra.
«Ah no?! Beh stai tranquilla che in entrambi i casi io non ho intenzione di starti più così addosso.» continuò lei velocemente e non appena pronunciò quella frase passò alla destra di Giorgia e si avviò lungo il corridoio.
Quest'ultima abbassò la testa con un finto dispiacere, ma la vidi sorridere e la cosa non mi piaceva affatto.
«Simona aspetta...» la chiamai io andandole dietro.
La presi per un braccio, la feci voltare verso di me e la baciai. Lei ricambiò quasi subito quel mio bacio, che feci durare alcuni secondi in più del previsto, e intorno a noi sentii dei passi. Alcuni si fermarono alle mie spalle e altri ci passarono accanto e si allontanarono, non appena mi staccai da lei capii che Giorgia se ne andò e che alle mie spalle rimase Maria.
«Ottima interpretazione!» commentò Simona facendomi un largo sorriso e ritornando alla sua serenità.
«Mi spiegate perché non la smettete di fingere?» ci chiese Maria con un tono quasi disgustato da ciò che stavamo facendo. «Vi siete lasciate, e allora?? Che loro lo sappiano o meno non ha importanza, voi non potete continuare così, non ha senso. Non fate del male solo a voi stesse ma lo fate anche ad altri, altri come Giorgia magari.» aggiunse mentre uscimmo da quel corridoio e ci avviammo verso le scale.
«Non stiamo facendo del male a noi stesse!!» constestò Simona un po' titubante.
«Esatto e non stiamo facendo nemmeno del male a Giorgia, è lei che continua ad illudersi.» concordai io scendendo il primo gradino accanto a entrambe.
«Lei continuerà pure ad illudersi ma tu le stai sbattendo in faccia la tua finta felicità con Simona, ed è questo che è sbagliato fare.» continuò Maria, ma io non capivo proprio cosa diavolo volesse.
«Non credo affatto sia sbagliato, se non fosse tutto finto faremmo ugualmente le stesse cose.» replicai io stufa di doverle delle spiegazioni ogni volta che facevo qualcosa.
«Simona, tu sai che ho ragione, ti sentiresti allo stesso modo se vedessi Cristina baciare un'altra ragazza.» ribatté lei mentre io alzai lo sguardo su Simona.
La vidi arrossire e capii che Maria aveva ragione, in effetti sotto quel punto di vista era un po' cattivo da parte nostra, ma nemmeno lei era così buona con noi.
«Cosa c'entra tutto questo? Giorgia prima non faceva altro che sorridere pensando che noi non stessimo più insieme, anche sperare nel male altrui non dovrebbe essere una bella cosa ma lei lo fa comunque.» protestai io prima che Simona potesse dire qualsiasi cosa.
«Sì ma lei non si mette in mezzo tra di voi, non prova a farvi lasciare o non te lo dice esplicitamente, voi le sbattete in faccia tutto ciò, le fate capire che in fondo non potrà mai avere ciò che vuole ed è frustrante.» commentò Maria che ormai ci faceva da grillo parlante.
Non ricordavo bene da quanto ma divenne la nostra "coscienza", ogni volta che volevamo fare qualcosa di divertente ma allo stesso tempo "troppo pericoloso" arrivava lei e ci fermava. Era snervante come cosa, stava sempre lì a dirci cosa potevamo o non potevamo fare peggio dei nostri genitori, e se sbagliavamo ci rimproverava persino.
«Simo, ti prego, almeno tu dammi retta. Sai benissimo che tutto ciò è sbagliato, non potete continuare così.» continuò lei provando a portare dalla sua parte Simona.
«Dacci un paio di settimane, il tempo di chiudere con calma tutto questo.» rispose Simona mentre Maria sorrise, in un certo senso era come se le avesse dato ragione.
Alla fine di quel discorso arrivammo in fondo alle scale, uscimmo fuori dall'edificio e vidi l'auto di mio fratello parcheggiata quasi davanti al cancello della scuola, lui era dentro e ci salutava da lontano con una mano dal finestrino dell'auto.
«Ehi, principesse, la carrozza è qui da molto. Sbrigatevi che tra un po' si trasformerà in una zucca!» ci disse Davide non appena arrivammo accanto all'auto.
«Piantala con questa storia delle principesse per piacere, mi fa venire il voltastomaco...» commentò Simona con un leggero tono sarcastico mentre tutte e tre entrammo in auto, io davanti e Simona e Maria dietro.
«A me piace!» esclamò quest'ultima con un largo sorriso.
«Beh a te piace tutto ciò che dice lui...» commentò Simona con un tono particolarmente basso, ma io la sentii ugualmente e probabilmente la sentì anche Davide.
«Ma piantala!!» esclamò Maria dandole una leggera gomitata.
«Allora, principesse, dove vi porto??» ci chiese mettendo in moto e partendo non appena la strada fu libera.
«Dove vuoi portarci? A casa, no?» chiesi io stanca del suo tono da scemo.
«Ah, a palazzo madame, come desidera.» rispose lui ancora con quel tono da stupido e un sorriso piuttosto largo sul viso.
«La pianti con questi nomi fin troppo femminili??» continuai io nervosamente.
«Come volete che vi chiami, principessa?» domandò lui ridacchiando.
«Con il mio nome, grazie, lascia il nome principessa a chi lo è davvero.» risposi io piuttosto acidamente, ma quel suo tono non mi piaceva molto.
«Va bene, va bene, e voi?» chiese alzando per un attimo lo sguardo sullo specchietto interno dell'auto. «Da fastidio anche a voi il nome "principessa"?»
«A me piace.» rispose Maria con un tono fin troppo allegro, ma a lei piaceva appunto mio fratello quindi quel suo chiamarla "principessa" non le dispiaceva molto.
«E a te Simo?» continuò lui tornando a guardare nello specchietto poco dopo non sentendo la risposta di Simona, che in effetti non ascoltò nemmeno quel nostro sproloquio.
«Eh... Cosa??» chiese non appena Maria le diede una seconda gomitata.
«Non posso definirti una principessa, non piace nemmeno a te, giusto?» ripeté mio fratello fermandosi ad un semaforo e guardandola per qualche secondo in più.
«Dipende dal concetto che si da alla parola principessa, ma spesso si pensa alle principesse delle favole, quelle perennemente in pericolo che aspettano sempre un principe che le salvi.» commentò Simona come se stesse pensando sul serio ad una risposta sensata da dare al suo stupido discorso. «Io non mi reputo una principessa. Non credo di aver nessun lato abbastanza femminile che se accentuato potrebbe farmi passare per una principessa, se provassimo con la parola principe credo che faremmo lo stesso gigantesco buco nell'acqua, non sono "perfetta" come vengono descritti loro nelle favole. Per me opterei di più per un cavaliere, ma non uno dalla lucente armatura, più uno con un armatura consumata, sporca, piuttosto rotta e cigolante. Sarebbe un cavaliere che ha affrontato tanto, molte battaglie, sarebbe anche piuttosto stanco, ma per difendere la persona giusta si rimetterebbe in piedi all'istante, prenderebbe la spada dalla sua fodera e sarebbe pronto ad un'altra battaglia, qualunque essa sia.» concluse poco dopo che mio fratello ripartì verso casa.
Per almeno 30 secondi nessuno disse nulla, tutti ci aspettavamo una risposta sarcastica, una battuta come suo solito, invece rispose in modo serio, sebbene usò delle metafore. Nemmeno la sua vita fu molto semplice, anche la sua famiglia aveva molti problemi e anche lei affrontò molto, ma nonostante tutto era sempre pronta ad aiutare chiunque anche se la prima ad aver bisogno di aiuto era lei.
«Bene, e "cavaliere dalla cigolante armatura" sia!!» esclamò mio fratello sarcasticamente facendo comparire un piccolo sorriso sul suo volto. «Vuole un po' d'olio così la sua armatura smetterà di cigolare?» aggiunse con un tono ancora più stupido.
«No, grazie, dallo alla principessa qui... Magari vuole usarne un po' per condirsi l'insalata!» rispose Simona ridacchiando verso Maria.
«Ma quale insalata?? Portatemi un bell'hamburger pieno di ketchup!!!» contestò Maria e uno dopo l'altro scoppiammo tutti a ridere.
Mio fratello era un grande, sapeva sempre come far sparire la tensione, spesso con Simona ci riuscivo anche io, riuscivo sempre a farla ridere quando era giù di morale ma in quel momento avevo bisogno d'aiuto, del suo stupido aiuto. Dopo circa 20 minuti arrivammo a casa, facemmo scendere prima Maria, poi Simona e alla fine scesi io, mio fratello rimase in auto.
«Devo fare alcuni giri, torno tra un paio d'ore.» mi disse semplicemente.
Di solito ci dicevamo ogni minimo dettaglio, ma quando non lo facevamo voleva dire che non era molto importante, o che al massimo era qualcosa di noioso. In quel caso interpretai quella sua omossione come un qualcosa di abbastanza noioso, lo salutai e salii su in casa. Mia madre non c'era, avevo la casa completamente libera ma la prima cosa che avevo in mente di fare era mangiare, stavo morendo di fame. Lanciai il mio zaino sul letto e mi diressi subito in cucina, non appena entrai vidi un foglio di carta non molto grande attaccato al frigo con una calamita rosa a forma di stella marina, il nostro frigo era pieno di calamite simili a quella. Presi quel foglio e capii subito che era di mia madre, mi disse che c'era della pasta al forno avanzata dalla sera prima e mi disse anche che dovevo raccogliere dei vestiti che lei stese fuori al balcone poiché non sapeva bene che tempo avrebbe fatto. A me non andava molto di raccoglierli, avevo fame e non volevo fare altro che mangiare, ma accesi il gas, misi quella pasta in un pentolino a riscaldare e uscii velocemente fuori. Il tempo non sembrava tanto male, c'era ancora il sole e non sembrava volesse piovere. Non feci in tempo a pensarlo che subito sentii dell'acqua bagnarmi la testa ma fu decisamente poca e cadde solo su di me, altrove non ne scese. Alzai subito la testa e vidi il viso di Paola, era piuttosto sorridente, aveva un bicchiere di plastica in mano e mi salutava con l'altra.
«Spero per te che fosse solo acqua...» le dissi passandomi una mano tra i capelli leggermente bagnati.
«Ah sono io che lo spero per te.» ribatté lei ridendo. «Senti, ti va di salire un attimo? Vorrei parlarti di una cosa...» aggiunse con un tono più serio.
«Dammi un minuto.» risposi rientrando dentro e pensando bene a cosa fare.
Nella mia mente passarono molte opzioni, avrebbe potuto chiedermi di tutto o anche non chiedermi nulla e saltarmi letteralmente in braccio e baciarmi. Ero fin troppo emozionata all'idea che quei pensieri si avverassero ma rimasi ugualmente lucida, corsi velocemente in cucina, spensi il gas e uscii subito di casa dopo aver messo le chiavi in tasca.

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