Capitolo 25 - Seguire l'istinto.

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PDV Simona.

Con quella mano mi tirò verso di se lasciando un misero centimetro tra i nostri corpi, la distanza tra le nostre labbra era ancora la stessa sebbene avessi davvero molta voglia di diminuirla del tutto. L'unica cosa che continuava a frenarmi era ancora Cristina, a lei bastò così poco per rimpiazzarmi, e a me invece non riusciva nemmeno di scambiare un semplice bacio con un'altra donna. Effettivamente avevamo due caratteri diversi, affrontavamo le cose in modo diverso, ma io mi sentivo ancora come se la stessi tradendo seppur non stessimo insieme da tempo e da altrettanto lei non faceva altro che prendermi in giro. Avrei dovuto fregarmene, avrei dovuto pensare solo a me ma non lo feci.
«I-io non posso farlo...» le dissi poggiandole una mano sul ventre scoperto e facendo un passo indietro aumentando di conseguenza la distanza tra i nostri corpi e anche tra i nostri visi.
Inizialmente non pensai troppo a ciò che feci, toccarla era forse l'ultima cosa che mi sarei aspettata di fare ma mi serviva un modo per fermarla, per rallentare tutta quella situazione.
«"Non puoi fare" che cosa?» mi chiese lei con un sorriso piuttosto divertito.
Tolse quella sua mano dalla mia schiena e fece un passo verso di me mentre io ne feci uno indietro scontrandomi poi col bordo del lavandino.
«Questo...» risposi io come se la risposta fosse evidente, mentre portai le mie mani sul bordo del lavandino alle mie spalle. «Ho da poco chiuso una storia, non me la sento di aprirne un'altra.» le spiegai abbassando il mio sguardo sul pavimento, quella mia insicurezza mi portava spesso a non farmi vivere bene ciò che accadeva intorno a me, e quella era una cosa che avrei potuto gestire meglio.
«Sei davvero dolce quando parli così...» commentò lei facendo un ennesimo passo verso di me e bloccandomi tra il suo corpo e quel lavandino.
Mi poggiò una mano sotto la mascella sinistra e lentamente la mosse fermandola sotto al mio mento, col pollice si allungò fin sopra le mie labbra e le sfiorò delicatamente.
«Non voglio aprire nessuna storia.» aggiunse con un tono più fermo, io alzai il mio sguardo su di lei e notai che non sorrideva più, era seria. «Non lo dico perché non mi piaci, tu mi piaci eccome e credo si noti, ma sono qui solo temporaneamente. Ho dipinto alcune pareti della casa perché facevano pena e non ci vivrei bene qui anche se dovrò starci per meno di un anno.» mi spiegò fermando poi quel suo dito sul mio mento.
«Quindi cos'è che vuoi?» le chiesi io decisamente confusa e imbarazzata da quelle sue parole. «Se sei qui solo temporaneamente allora cos'è che ti spinge a provocarmi tanto? Anche tu ti vuoi solo divertire?» aggiunsi con un tono leggermente più nervoso togliendomi poi quella sua mano dal viso.
Se mi avesse risposto di sì, a quell'ultima domanda, mi sarei sentita una stupida, una che attirava solo persone che volevano divertirsi, come se non valessi altro che un paio d'ore di divertimento. Per mia fortuna lei era diversa e non toccò affatto quella domanda, finse quasi che non la dissi e non appena le esposi quel mio dubbio mi sorrise dolcemente.
«Un anno fa mi sono lasciata scappare una donna che mi piaceva tanto, la lasciai scappare poiché mi dicevano che era troppo grande per me, anche se io non ho mai pensato a quest'assurda questione dell'età. Quindi alla fine ho promesso a me stessa che se avessi incontrato qualcuna che mi fosse piaciuta tanto non me la sarei lasciata scappare, avrei tentato in tutti i modi di farla innamorare di me per poi portarla via non appena avessi finito il mio lavoro.» mi spiegò lentamente. «Credo sia presto per chiederti di partire con me o anche di dirti che mi sono innamorata, non ci conosciamo nemmeno anche se quel poco che so già mi piace. Magari andando avanti non te lo chiederò nemmeno, magari tornerò a casa da sola ma almeno potrò dire di non aver nessun rimpianto, potrò dire di aver fatto ciò che davvero volevo fare.»
«Ah si?! E cos'è che vorresti fare?» le chiesi io con un tono provocatorio.
Lei non se lo fece chiedere due volte, portò le sue mani lungo i miei fianchi e poi più giù sulle mie gambe, mi prese di peso e mi fece sedere sul bordo del lavandino portandomi alla sua altezza. Lentamente fece un passo verso di me, tornando di nuovo alla misera distanza di un paio di centimetri tra i nostri visi, mi tolse una ciocca di capelli dal viso e mi sorrise.
«Vorrei baciarti...» disse con un tono alquanto imbarazzato. «Non è una cosa che dico a chiunque, anzi, se ne ho voglia lo faccio e basta ma ogni volta che ci ho provato con te mi sei sembrata contrariata e non voglio costringerti.» continuò lei con quel suo sguardo fisso sui miei occhi e le sue guance appena colorate di rosso.
«Non mi sembra che tu mi abbia costretto a fare nulla di tutto quello che ho fatto fino ad ora. Non mi hai puntato una pistola alla testa dicendomi di salire a casa tua o di spogliarmi, né tantomeno di restare qui ferma davanti a te. Non mi hai costretta a fare nulla, se ho fatto tutto questo è stato perché lo volevo.» commentai io provando a convincerla a farsi avanti, lo volevo anche io ma non mi sentivo tanto coraggiosa.
«Cosa vorresti dire con tutto questo?» domandò piuttosto confusa.
«Che se vuoi fare una cosa devi farla e basta, non pensarci troppo.» le dissi con un ampio sorriso.
«Anche se la questione implica il baciarti?» continuò lei con quello stesso tono.
«Soprattutto se la questione implica il baciarmi!» ribattei avvinghiando le mie gambe attorno al suo bacino e facendo scontrare il suo corpo contro il mio.
Lei sembrava ancora un po' titubante, non mi sembrava del tutto convinta, lentamente portò entrambe le sue mani sotto al mio viso, tra il collo e la mascella. Avvicinò lentamente il suo viso al mio ma non appena fu abbastanza vicina si fermò.
«Sicura che non mi darai uno schiaffo non appena mi staccherò?» mi chiese con un tono piuttosto basso e un piccolo sorriso sul viso.
«Non lo saprai finché non ci proverai...» risposi io col suo stesso tono.
Il suo sorriso si fece per un attimo più ampio, poi abbassò il suo sguardo sulle mie labbra ma ci rimase solo per pochi secondi, alla fine alzò di nuovo il suo sguardo sui miei occhi e fece incontrare le nostre labbra. Sentii una sua mano scendere lungo il mio fianco destro mentre l'altra rimase sul mio viso quasi avesse paura che potessi staccarmi da un momento all'altro, ma probabilmente non aveva ancora capito che non avevo intenzione di andare da nessuna parte. Avevo bisogno di staccare un po' dalla solita routine, dai soliti pensieri che ormai non mi permettevano più nemmeno di dormire la notte. Cercai di starle attaccata il più possibile, di assaporare le sue labbra quel tanto che bastava per dimenticarmi di quello di Cristina, ma dopo pochi istanti fu lei a staccarsi.
«Non dicevi di aver chiuso da poco una storia?» mi chiese con un tono provocatorio.
Io non risposi, mi limitai ad allungare velocemente una mia mano verso il suo viso ma la fermai prima di sfiorare la sua guancia sinistra. Mi aspettavo che facesse uno scatto, che pensasse che volessi darle sul serio uno schiaffo ma rimase impassibile. Mi fece un sorriso beffardo ed io allungai anche l'altra mia mano su di lei, le poggiai entrambe dietro al suo collo e con uno scatto saltai tra le sue braccia. Pochi minuti dopo mi ritrovai distesa su un divano a tre posti blu con una fantasia floreale di tanti colori diversi, non ricordavo come ci fossi finita, nella testa avevo solo dei flashback della mia schiena contro il muro del bagno, poi nel corridoio e infine su quel divano, sempre con le labbra di Barbara attaccate alle mie. Lei era sdraiata su di me, sentivo una sua mano sul mio viso e l'altra sulla mia vita. Non sembrava intenzionata a fare altro se non baciarmi e a me andava bene in quel modo, non volevo andare oltre, non volevo fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. In quel senso lei sembrava il mio opposto: preferiva fare le cose per non avere rimpianti, io invece sapevo che ne avrei avuti se avessi fatto qualcosa di troppo. In fondo però nulla poteva definirsi "troppo", certo conoscevo quella donna da meno di 24 ore ma non ero fidanzata, non stavo con nessuno, e qualsiasi senso di colpa provassi nei confronti di Cristina doveva sparire. Lentamente Barbara staccò le sue labbra dalle mie ma non si allontanò molto, solo un paio di centimetri dalle mie labbra, poi col suo viso scese più giù e si fermò sul mio collo. Mi stampò due piccoli baci appena sotto la mascella e subito dopo mi diede un leggero morso proprio su quel punto, io mi morsi le labbra e tentai di non assecondare il mio corpo, ma ogni più piccola parte di me voleva lei.
«Dio, non sai cosa ti farei...» sussurrò lei con lo sguardo fisso su di me.
«Probabilmente no, ma so cosa farei io a te.» ribattei con un tono leggermente più alto del suo.
Ero soprappensiero, nemmeno mi resi conto che ciò che pensai lo dissi sul serio, e ciò che era peggio fu che lei mi sentì.
«Ah si?! E cos'è che vorresti farmi?» mi chiese con un sorrisetto beffardo riportando poi il suo viso davanti al mio.
«Beh ecco... Diciamo che ti servirebbe una doccia fredda.» risposi io tentando di apparire spiritosa, ma lei mi prese sul serio.
«E me la faresti tu?» continuò lei ridacchiando.
«N-non credo di potere, c-cioè non penso sia il caso, insomma...» biascicai io col viso completamente rosso e la gola secca.
«Rilassati ragazzina, sto scherzando.» m'interruppe lei tirandosi su con le braccia.
Mi fece l'occhiolino e piano piano si mise in piedi mentre io portai le gambe lungo il mio corpo e mi sedetti con le ginocchia contro il petto.
«Ti va qualcosa di freddo da bere così ti rinfreschi le idee?» mi chiese stiracchiandosi leggermente e prendendomi in giro.
«S-si, certo... Ti converrà berlo anche tu.» ribattei con un sorriso sarcastico, ma lei non se la prese quanto me.
«Oh, io mi attaccherò alla bottiglia!» commentò ridendo prima di voltarsi alle proprie spalle.
Passò accanto ad un tavolo rotondo, non molto grande, si avvicinò ad una porta aperta e la oltrepassò mentre io iniziai a pensare a quanto fossi stata stupida. Affondai la testa nelle ginocchia, che tenni strette al petto con le braccia, e mi maledissi mentalmente. Pensai e ripensai a Barbara, alle sue labbra sulle mie, e subito sentii il mio cuore battere più forte. Magari era solo attrazione fisica, magari mi eccitava soltanto, di sicuro non ero innamorata.
«Ehi, qualcosa non va?» mi chiese lei all'improvviso.
La sua voce la sentii proprio accanto a me, alla mia sinistra, e mi fece quasi spaventare, nemmeno mi accorsi del tempo che passò velocemente o di lei che si sedette accanto a me. Alzai di scatto il viso verso di lei e notai sul suo uno sguardo piuttosto preoccupato ma io le sorrisi e provai a convincerla che andasse tutto bene, seppur nella mia testa non andasse nulla bene.
«Sto bene, sono solo un po' stanca.» dissi con un fintissimo sbadiglio.
«Tra poco i tuoi vestiti saranno completamente asciutti e potrai tornare a casa per riposarti.» commentò lei con un piccolo sorriso sul viso mentre mi porse un bicchiere di tè freddo.
«Grazie!» esclamai prendendo quel bicchiere dalle sue mani e bevendo il tutto piuttosto velocemente, avevo davvero molta sete.
«Cavolo, eri proprio assetata.» commentò lei che nel frattempo bevve solo parte del suo. «Vado a prendertene dell'altro allora.» aggiunse allungando la sua mano verso il mio bicchiere ma io lo tenni stretto e non glielo lasciai.
«No, resta qui.» le dissi poggiandole l'altra mano su quel suo braccio. «C-cioè sono a posto, non ne voglio dell'altro, grazie.» aggiunsi subito piuttosto imbarazzata.
«Ok, va bene, ma ti va se poggiamo questo bicchiere sul tavolino?» mi chiese con un tono piuttosto calmo.
Io annuii semplicemente, tutta quella situazione mi rendeva nervosa ma volevo che qualcuno mi restasse accanto, avevo bisogno che qualcuno restasse. Lasciai la presa su quel bicchiere e sul suo braccio e lei si allungò sul tavolino di vetro di fronte a noi, poggiò lì sopra entrambi i bicchieri e poi tornò a sedersi accanto a me.
«Dai vieni qua...» disse allungando un braccio verso di me, dietro la mia testa.
Io non ero molto sicura, ero dannatamente incerta, ma al suo secondo accenno con le braccia mi avvicinai cautamente a lei. Le poggiai la testa sulla spalla destra mentre lei mi tenne stretta a se con quel suo braccio attorno alle mie spalle.
«Allora, mi dici cosa succede?» ricominciò lei. «Non puoi prima baciarmi e poi deprimerti, non credevo di fare questo effetto alle ragazze.» aggiunse con un tono decisamente più divertito.
«Guarda che sei stata tu a baciare me.» replicai io particolarmente offesa.
«Beh si, forse, ma non mi sembra che tu abbia opposto resistenza.» ribatté lei alzando il mio viso verso il suo con l'altra mano.
Mi fece un sorriso malizioso e mi accarezzò il viso, continuava a prendermi in giro ma in effetti aveva ragione. Io mi tolsi la sua mano dal viso e mi voltai di nuovo verso la sua spalla, mi alzai sulle ginocchia e mi sedetti a cavalcioni sulle sue gambe prima di affondare di nuovo il mio viso sotto l'incavo del suo collo.
«Non mi va di parlare di me, non ho una vita così interessante.» commentai portando entrambe le mie braccia dietro al suo collo. «Parlami di te, come mai sei qui solo temporaneamente? Che lavoro fai?» le chiesi provando a cambiare discorso, in quel momento avrei preferito parlare di qualsiasi cosa tranne che di me.
«Se ti parlassi del mio lavoro cadresti in un sonno profondo, cioè insomma a me piace ma molti lo trovano noioso, quindi preferisco evitare.» disse con un tono particolarmente divertito. «Tu invece se non sbaglio vai ancora a scuola, giusto?»
«Si, quest'anno ho l'esame, di sicuro non lo passerò e mi ritroverò a vendere pesce in mezzo al mercato insieme a mio zio...» risposi io sentendo poi la sua breve risata.
«No dai, non fare così, magari venderai solo della frutta.» ribatté lei tornando a prendermi in giro, ormai non faceva altro.
«Ma smettila...» contestai io con un sorriso appena accennato mettendomi poi faccia a faccia con lei e dandole una leggera spinta.
«Va bene, va bene... Ma non credo che tu vada tanto male, mi sembri una ragazza piuttosto intelligente, poi manca ancora molto alla fine dell'anno quindi hai tempo. Qual è la tua materia preferita?» continuò lei con un tono più serio.
«Matematica...» risposi io un po' titubante.
Ogni volta che dicevo a qualcuno che mi piaceva la matematica mi guardavano tutti in modo strano, pensavano sempre che fossi pazza, ma a me piaceva ugualmente. Mi risultava facile comprenderla, aveva delle semplici regole ed era un continuo, se non capivi gli argomenti precedenti era quasi scontato che non capissi quelli successivi poiché spesso si dovevano sfruttare le cose vecchie per risolvere le nuove. Poi era semplice logica, e a me piaceva perché era solo quello, a volte era complicato ma quello era, non cambiava da un momento all'altro come le persone. Trovavo più complicata la storia, il dover ricordare tanta gente, tante date e tanti fatti, mi veniva mal di testa non appena aprivo il libro.
«A te piace la matematica? Sul serio?» domandò lei con fare piuttosto divertito e incuriosito.
«Perché, non dovrebbe? Credi sia troppo stupida per capirla?» contestai subito in modo nervoso.
«No, credo solo che tu sia troppo permalosa.» ribatté lei sarcasticamente allungando una mano verso il mio viso ma io la tolsi subito bruscamente. «Appunto...» aggiunse con un ampio sorriso sul viso. «Guarda che non penso affatto che tu sia stupida, anzi, credo che tu potresti passare l'esame col voto più alto dell'intera classe.»
«Si vabbé, adesso mi stai prendendo in giro di nuovo.» protestai provando ad alzarmi dalle sue gambe ma lei portò entrambe le sue mani sulla mia vita e mi bloccò lì.
«Sono seria, adesso non mi credi ma ti ricrederai. Poi se ti servirà una mano potrai chiamarmi, arriverò subito da te.» commentò lei con uno sguardo particolarmente intenso. «O anche se non ti servirà una mano per lo studio ma per qualcos'altro, tipo se avrai una giornata no e vorrai sfogarti, io ci sarò.» aggiunse portando di nuovo la sua mano sul mio viso, ma quella volta la lasciai fare.
Era davvero dolce e gentile ma non doveva preoccuparsi per me, non ci conoscevamo nemmeno, poteva vivere la sua vita tranquillamente senza che arrivassi io a rovinargliela. Restammo a chiacchierare per altri pochi minuti, poi l'imbarazzo tornò a farsi sentire e le chiesi a che punto fossero i vestiti. Ci alzammo per controllarli e li trovammo quasi completamente asciutti. Decidemmo di uscire ugualmente, più per mia volontà che per il fatto che fuori smise di piovere. Lei mi disse che se volevo potevo restare un altro po' ma non credevo fosse il caso. Uscimmo di casa, entrammo nella sua piccola auto bianca e ci dirigemmo verso casa mia. Non appena mi fermò sotto casa ritornò l'imbarazzo, non sapevo come salutarla se con un semplice ciao o altro. Alla fine fu lei ad avvicinarsi al mio sedile e a stamparmi un bacio sulla guancia, d'istinto mi voltai e prima che potesse tornare al suo posto le presi il viso tra le mani e le diedi un bacio sulle labbra. Non seguivo il mio istinto da tempo, da quando Cristina mi lasciò, tutto ciò che feci in quei mesi era pensato e studiato giorni o pochi minuti prima, quel bacio invece no. Non appena mi staccai non mi chiese perché lo feci, non mi disse nulla, mi accarezzò solo il viso e mi sorrise. Subito dopo le dissi un ciao appena accennato, uscii da quell'auto ed entrai nel mio cancello di casa. Fino al giorno seguente restai col sorriso stampato sul viso, persino dormire mi riuscì più facile, peccato che poi quella mattina il mio buon umore si spense subito. Andai in cucina per fare colazione e nel salotto vidi mia madre che dormiva sul divano, quello succedeva ogni volta che i miei litigavano pesantemente. La sera precedente mi persi il loro ennesimo litigio ma per me era scontato il motivo per cui lei era lì. Provai ad ignorare il tutto come al solito e rimasi in cucina fin quando lei non si alzò, pochi minuti dopo, lei fece finta di nulla e io feci lo stesso. Ignorare il problema non serviva mai ma se non si voleva trovare una soluzione era inutile parlarne, le avrei fatto solo più male. Quel giorno anche mio padre finse che nulla fosse accaduto, ed io quella sera uscii di nuovo. Nel corso della giornata guardai molti film e serie tv, avevo alcuni compiti da fare ma concentrarmi lì era pressoché impossibile. L'aria in quella casa era troppo pesante ed io ormai ci passavo il meno tempo possibile. Quella sera ritornai in quel locale, il tempo sembrava più sereno di quello della sera precedente, e l'interno sembrava anche più vuoto. C'erano comunque una ventina di tavolini occupati, escludendo comunque le persone sedute al bancone e alcune su dei divanetti. Mi guardai attorno e vidi Barbara seduta al tavolo in cui mi trovò la sera precedente, così ordinai un drink e mi avviai verso il suo tavolo.
«La persona che stai aspettando è in ritardo?» esordii imitando il suo tono della sera precedente.
Lei era intenta a scorrere il dito sul suo cellulare e inizialmente non mi notò, non appena sentì la mia voce però sorrise, bloccò lo schermo e alzò i suoi occhi scuri su di me.
«No, è appena arrivata.» rispose lei facendomi segno verso la sedia accanto a me.
Io arrosii leggermente e mi sedetti subito, iniziammo a chiacchierare allegramente senza troppi problemi e tra una risata e l'altra mi accorsi che in quel locale c'era anche Cristina.

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