Capitolo 15 - Segreti.

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PDV Cristina.

Fermai Simona davanti alla porta, la feci voltare verso di me e incrociai lo sguardo con i suoi occhi. Erano particolarmente lucidi e non ne capivo il motivo. Forse non le faceva bene tutta quella finzione, forse lei voleva fermarsi, voleva smetterla, e io in fondo non volevo farle altro male.
«Se vuoi possiamo fermarci qui, non dobbiamo per forza fingere di stare insieme, affronteremo tutto ciò che verrà.» le dissi togliendole la mia mano dalle sue spalle.
«Guarda che io sto bene.» rispose lei con un leggero tono incerto ma aveva un largo sorriso sul viso che quasi mi convinse. «Non mi dispiace fingere tutto ciò, potrei andare avanti per sempre.» aggiunse con un tono decisamente più convinto ma non ero del tutto sicura della sua sincerità.
Io con lei ero sempre sincera anche quando le mie parole potevano in qualche modo ferirla, lei voleva che fossi completamente sincera con lei, voleva potersi fidare di qualcuno al 100% ed io non volevo deluderla. Lei però in un certo senso era il mio contrario, non che non fosse sincera, anzi, a modo suo lo era più di chiunque altro, solo che anteponeva la mia felicità, la mia serenità, alla verità. Spesso, nel corso dei mesi in cui fummo insieme, se ne uscì con cose che non sopportava, cose che però lasciò scorrersi addosso, non me ne parlò mai se non appunto tempo dopo. Inizialmente era gelosa di Maria, la sua gelosia era palese, la trovavo anche carina, il suo modo di fingere che non lo fosse era carina ma me lo confessò solo un mese più tardi quando quella gelosia scomparve del tutto e anche lei divenne sua amica. Io me la presi, me la presi abbastanza, ma non urlai, non dissi nulla di eccessivo, le dissi semplicemente che volevo che mi dicesse tutto, che non si tenesse tutto dentro. Volevo che lei stesse bene con me, che se avesse qualche tipo di problema ne parlasse con me, avrei trovato il modo per farla stare meglio. Lei si scusò, disse che non lo avrebbe più rifatto, ma non fu così. Lasciai passare tutto ciò che mi disse dopo che fu passato ormai del tempo e iniziai a pensare che in fondo non potevo prendermela, lei non era come me, lei aveva i suoi tempi, tutti noi li avevamo e lei era solo più insicura ad esporre ciò che aveva dentro. Col tempo iniziò a lasciarsi andare di più, dopo tre mesi ci trovammo alla grande, ci completavamo a vicenda, ogni sua lacuna la colmavo io e lei colmava le mie. Era un rapporto stupendo, ma anche le cose belle presto o tardi trovavano una loro fine. In quel momento sembrava continuare a fingere di stare bene, i suoi occhi dicevano il contrario di ciò che diceva la sua bocca, la sua voce tremava, aveva paura ma io sapevo di dover prendere una decisione per entrambe, lei non lo avrebbe mai fatto.
«Dai, vieni qua...» dissi facendo un passo verso di lei e avvolgendole le mie braccia sulle spalle.
In un primo momento si trattenne, era stranita da quella situazione, da quel mio gesto, ma dopo pochi secondi mi mise le braccia attorno alla vita e mi strinse a se. Stare tra le mie braccia era ciò che le piaceva di più, me lo ripeté almeno un migliaio di volte, ogni volta che era preoccupata, spaventata o semplicemente triste per qualcosa mi chiedeva di abbracciarla. Io non me lo facevo ripetere due volte, perché avrei dovuto? Lei aveva bisogno di me, chiedeva il mio aiuto, e se anche con un semplice abbraccio fossi riuscita a farla stare meglio allora non ci avrei pensato troppo. In quel momento non era diverso, anche in quel momento aveva bisogno di me, aveva bisogno che io le togliessi quel peso dalle spalle e dicessi la verità. Lei fingeva solo di essere forte ma non lo era, o almeno non in quel momento. Lentamente sentii la sua stretta farsi più lieve e poco dopo si staccò da me, ci scambiammo uno sguardo piuttosto imbarazzato e lei mi anticipò uscendo fuori da quel bagno. Io la seguii subito dopo, la nostra classe non era molto distante dai bagni e quindi non ci mettemmo molto ad arrivare davanti alla porta. Quando arrivammo la trovammo chiusa, probabilmente perdemmo molto più dei dieci minuti che ci concedevano di solito per la ricreazione. Simona poggiò subito una mano sulla maniglia ma prima che aprisse la porta le esposi il mio pensiero, ciò che iniziai a pensare non appena incrociai lo sguardo con lei in quel bagno poco prima di quell'abbraccio.
«La storia finisce qui, diciamo a tutti come stanno le cose, non sono affari loro ma tanto prima o poi lo verranno a sapere e perlomeno potremmo evitare la parte in cui ci diranno che siamo bugiarde.» le sussurrai all'orecchio.
Il suo sguardo era piuttosto contrariato, ma la sua mano era già sulla maniglia e la sorpresa a quella notizia le fece portare il peso su quella mano che subito aprì la porta. Lei lasciò subito la maniglia e riprese l'equilibrio, continuò a guardarmi con quello sguardo e io non potei fare altro che passarle accanto ed entrare in classe prima di lei.
«Ragazze, cosa ci facevate fuori entrambe?» ci chiese la professoressa di italiano piuttosto sorpresa.
Non era arrabbiata, non ce l'aveva con noi come invece avrebbe potuto avercela l'insegnante di inglese, lei era solo sorpresa, ma non lo era nemmeno tanto visto che l'anno precedente capitò spesso che ci prendessimo pause di cinque minuti fuori dalla classe.
«Beh, prof, avevamo bisogno di fare quattro chiacchiere lontano dal casino e abbiamo concluso una cosa...» risposi io avvicinandomi al davanti della cattedra e fermandomi poi al centro della classe.
Sentivo gli sguardi di tutti su di me, non mi dispiaceva particolarmente, amavo stare al centro dell'attenzione, ma in quel caso non era per qualcosa di bello e non sapevo quali parole usare. La prof mi esortò ad esporle quel problema con parole mie e proprio quando trovai le parole adatte mi sentii tirare per un braccio. Simona mi fece voltare verso di se e mi baciò di nuovo, il suo modo di fare mi piaceva davvero molto ma quello non era il momento adatto e noi dovevamo smetterla di baciarci.
«Non c'è bisogno che tutti sappiano i nostri segreti, sanno già quello più importante, e cioè che ci amiamo, non c'è bisogno che sappiano altro.» commentò lei con un tono particolarmente sicuro e fermo.
Teneva lo sguardo fisso sui miei occhi, un sorriso particolarmente ampio ed entrambe le sue mani sulle mie spalle. Forse dopotutto era più forte di quanto immaginassi o forse era solo il suo lato masochista a farle fare certe cose. Fatto sta che la professoressa concordò con lei con un tono decisamente sereno, ci disse di tornare ai nostri posti e non ci fece alcuna ramanzina come invece avrebbe fatto un qualsiasi altro insegnante. Lei era felice di vederci così "unite", credeva di essere lei la causa che ci fece parlare per la prima volta e in fondo era così. Fu lei che ci disse di sederci allo stesso banco, fu lei che ci lasciò del tempo da sole in classe, e fu sempre lei che non se la prese mai quando ci vide entrare in classe insieme. Lei non era sposata, spesso ci parlava di un uomo che la corteggiava ma lei non sapeva se fidarsi o meno. L'unica che ascoltava sul serio i suoi discorsi era Simona, non si distraeva nemmeno un secondo quando c'era da ascoltare qualcuno con un problema, io provavo a fare lo stesso ma spesso ero troppo presa dai miei di problemi per pensare a quelli della prof, per quanto mi piacesse come persona. Altri fingevano solo di ascoltarla, non avevano voglia di fare lezione e quindi preferivano quei discorsi ad altri più noiosi e complessi. Ma facevamo anche lezioni serie, studiavamo vari poeti, poesie e quant'altro per rendere più "interessanti" le nostre giornate. Simona andò subito a sedersi al suo posto, ma io rimasi un altro po' in piedi, persi tempo chiudendo la porta e quando passai accanto al primo banco sentii Giorgia chiedere a Simona di quale segreto parlassi.
«Vi siete lasciate??» aggiunse con un tono quasi speranzoso.
Simona incrociò per un secondo lo sguardo con me, mi sorrise e subito rispose a Giorgia.
«No, certo che no, voleva solo raccontarvi il casino che abbiamo fatto in bagno...» rispose lei maliziosamente.
Io sorrisi e subito ritornai al mio banco.

Semplicemente lei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora