Simona non oppose resistenza, anzi, ricambiò quel mio folle bacio. Le poggiai delicatamente una mano sotto al collo e continuai ad assaporare le sue labbra, nemmeno immaginavo quanto mi erano mancate. Restammo lì in piedi, sotto casa di Maria, a baciarci per pochissimi istanti, poi ritornai alla realtà e capii l'immensa cazzata che stavo facendo.
«Scusami...» le dissi dopo essermi staccata dalle sue labbra e aver fatto un passo indietro, mentre lei mi tolse la sua mano dalla schiena.
«Perché ti stai scusando?» mi chiese un po' confusa, a lei probabilmente non dispiaceva quel bacio.
«Perché ti ho baciata...» risposi io pensando di spiegarmi bene, ma lei sembrava non capire.
«E quindi?» continuò con un sorriso appena accennato.
Cazzo, continuavo a farle del male con le mie assurde stronzate...
«Non dovevo farlo, non è giusto nei tuoi confronti, io ho preso una decisione e non posso tornare indietro, ti farei solo più male.» le spiegai provando ad essere il più delicata possibile, non mi preoccupavo mai di quanto le mie azioni o parole potessero far male ad altri ma con lei continuavo a preoccuparmi.
«Penso che avresti dovuto pensarci prima Cris...» ribatté lei trasformando quel suo piccolo sorriso in un ghigno nervoso.
«Si, lo so, hai ragione. Mi dispiace...» le dissi io lentamente, mi dispiaceva così tanto vederla in quello stato.
«A me no!» rispose lei avvicinandosi velocemente a me e avvigghiandosi alle mie labbra.
Io non capivo cosa stesse facendo, la cazzata la feci già io, non potevamo farla entrambe, una delle due doveva essere ragionevole. Delicatamente mi staccai da lei, ma rimasi comunque a pochi centimetri dal suo viso.
«Ehi, non possiamo tornare indietro...» le sussurrai guardandola negli occhi, non mi andava di rompere in modo brutale come facevano alcune coppie.
«E io non voglio tornare indietro...» contestò lei con un sorriso sarcastico. «Voglio andare avanti, con te.» aggiunse con quel sorriso così perfetto che mi fece male al cuore.
«Non possiamo andare avanti insieme, tu devi trovare la tua strada, ma non è con me.» continuai provando a tenere sempre un tono calmo.
«C'è un'altra?» mi chiese timorosamente. «Oh, certo che c'è un'altra, sto parlando con Cristina Valentini, colei che non ha avuto nessuno per la testa soltanto durante i nove mesi in cui era nel grembo della madre. Tempi strani quelli...» commentò lei con un sorriso amaro.
Si allontanò da me nervosamente, provò ad andare via ma io continuai con le stronzate. Mi avvicinai a lei, le presi una mano, la feci voltare verso di me e l'abbracciai. Lei era poco più bassa di me, giusto pochi centimetri, ma era alta abbastanza per poter poggiare la sua testa sulle mie spalle. Lei fu la mia prima storia importante, non volevo che pensasse che fosse come tutte le altre, lei era speciale sul serio. Si strinse a me e ricambiò quell'abbraccio che sapeva tanto di addio, ma io non volevo che lo fosse.
«Io per te ci sarò sempre, ricordatelo!» le sussurrai all'orecchio.
«Vorrei tanto dirti che io non ci sarò, che non ti aspetterò più, ma sarebbe una bugia e sai che io non riesco ad essere seria quando mento.» ribatté lei stampandomi un piccolo bacio sul collo che mi fece salire dei brividi lungo la spina dorsale.
In effetti la conoscevo bene, e lei conosceva bene me, in quegli 8 mesi parlammo molto, ci vedemmo ogni giorno e ogni cosa finimmo per farla insieme. Ci trovammo bene fin da subito, ogni nostra parola o semplice sguardo voleva dire tanto, ogni nostro silenzio diceva anche di più e l'altra capiva sempre quando qualcosa non andava. Quando lei mentiva, anche solo per prendermi in giro, non riusciva proprio a rimanere seria, ridacchiava o sorrideva semplicemente, ma quel sorriso era talmente carico di imbarazzo e nervosismo che a volte finivo per fingere di credere alle sue bugie, giusto per farla felice. In fondo non erano bugie dette per farmi male o per nascondermi qualcosa, io e lei giurammo di dirci sempre la verità in qualsiasi circostanza, le sue bugie erano dette solo per farmi uno scherzo ma appunto non le riusciva bene. Spesso se ne usciva con "non ti amo più, amo un'altra" e contemporaneamente provava a trattenere quello stupido sorrisetto ma non le riusciva proprio. Quel suo lato impacciato nel mentire lo trovavo dolce, provava a farmi ingelosire pensando che io fossi immune alla gelosia poiché non le facevo mai nessuna scenata, ma io mi fidavo di lei, e poi anche se non facevo nessuna scenata non voleva dire che non fossi gelosa, anzi... Io ero gelosa di chiunque le rivolgeva un semplice "ciao" o posava per un secondo lo sguardo su di lei. Io non ero immune alla gelosia, nessuno lo era, tantomeno io che avevo accanto a me la ragazza più bella del mondo. Le dimostravo la mia gelosia baciandola e facendo l'amore con lei con molta più foga e passione del solito, non mi chiese mai perché mi comportassi in quel modo o perché fossi tanto passionale ogni volta che tornavamo da una semplice uscita o passeggiata, probabilmente capì anche quello. Capì che dentro ribollivo di gelosia e più che dirglielo preferivo dimostrarglielo facendole capire che lei era solo mia. Lei era così intelligente, così dolce e allo stesso tempo sfrontata.
«Adesso sarà meglio che vada, ti ho disturbata fin troppo...» continuò lei togliendo la testa dalla mia spalla e staccandosi da me.
«Tu non disturbi mai!!» ribattei io accennandole un piccolo sorriso. «E comunque io stavo andando a casa, potremmo fare la strada insieme.» le proposi.
Lei mi scrutò per un po' e dopo pochi secondi annuì, si voltò di nuovo e insieme ci dirigemmo verso casa sua. Io provai a parlarle, provai a fare un po' di conversazione, ma ogni cosa che provavo a dirle mi sembrava stupida e lei mi rispondeva il più brevemente possibile.
«Se vuoi possiamo vederci qualche volta, o sentirci, a me farebbe piacere.» le dissi quando arrivammo davanti al cancello alto e grigio di casa sua.
«E per quale motivo dovremmo farlo? Ti ricordo che non stiamo più insieme.» commentò lei con un tono lievemente sarcastico.
«Beh no, però possiamo sempre restare in contatto, essere amiche magari...» proposi io con un tono incerto, quel discorso sembrava assurdo anche a me.
«Essere amiche?!» mi chiese lei con una risata nervosa, scosse leggermente la testa e poi tornò a fissarsi sui miei occhi scuri. «Io non ho una voglia matta di baciare le mie amiche ogni volta che le vedo, non sogno costantemente di fare l'amore con loro, non me la prendo tanto se mi piantano per uscire con un ragazzo... Ergo: io e te non potremmo mai essere amiche!!» concluse guardandomi severamente.
Non mi diede nemmeno il tempo di ribattere o fare altro che subito si voltò e aprì quel cancello, mi salutò con un semplice gesto della mano (senza voltarsi) e si allontanò da me. Io rimasi lì a guardarla per pochi istanti, ma prima che entrasse nel palazzo di casa sua mi allontanai. Purtroppo aveva ragione, se lei provava ancora qualcosa per me non aveva senso forzarla, non era giusto. Quando arrivai sotto casa mia non vidi più quell'enorme furgone bianco pieno di scatoloni, quando entrai nel portone vidi anche le bici al loro posto, e c'era anche più silenzio. Erano appena le 7 di sera, mia madre mi aspettava per cenare con degli ospiti, chissà chi diavolo invitò quella volta. Di solito si presentava con dei suoi colleghi di lavoro, lei lavorava in un supermercato e spesso faceva tardi, quindi si offriva di invitare a cena qualcuno che magari abitasse lontano da lì. Spesso invece si presentava con persone che avevano una figlia dell'età di mio fratello, o poco più piccola, ma a lui non interessavano quasi mai, a me invece affascinavano le ragazze più grandi e spesso finivo per provarci io con loro. Buona parte di quelle volte finiva che mi ritrovavo con una guancia rossa e una frase che non voleva saperne di uscire dalla mia testa: che schifo, io sono etero!! Le prime due paroline le avrei evitate volentieri, ci stava che non piacessi a chiunque ma arrivare a dire "che schifo" solo perché ci provavo mi sembrava troppo, anzi secondo me dovevano essere lusingate di piacere anche alle donne, o almeno a me. Poi la questione dell'essere etero pensavo non valesse per tutte, c'era sempre una parte di quelle che si vergognava ad ammettere di "apprezzare" altre donne o altre che nemmeno lo sapevano, mentre le restanti erano etero sul serio e le facevo sul serio schifo... Dopo pochi secondi arrivai davanti alla mia porta di casa, l'aprii ed entrai. Dentro sentivo delle voci familiari chiacchierare allegramente, io chiusi la porta alle mie spalle e posai le chiavi su un tavolino bianco che era posto proprio davanti all'entrata, un tavolino su cui lanciavo molte bestemmie la mattina. Spesso facevo tardi per andare a scuola, mi vestivo di corsa e correndo verso la porta ci sbattevo sempre vicino. Era un miracolo che fossimo ancora vivi nella stessa casa.
«Cristina sei tu?» mi chiese mia madre dalla stanza accanto.
Io non risposi, mi avviai semplicemente lungo il corridoio, oltrepassai la prima porta alla mia destra, la cucina, e vidi mia madre alle prese con dei fornelli.
«Devo apparecchiare la tavola?» le chiesi.
La nostra cucina era un semplice buco, la sala da pranzo era dall'altro lato dell'entrata, dove proveniva quel chiacchiericcio, ma non mi preoccupai troppo di chi ci fosse, chiunque fosse lì lo avrei conosciuto nel giro di pochi minuti.
«No, grazie, mi ha già aiutato la figlia dei vicini.» rispose lei senza voltarsi nemmeno a guardarmi.
Io non capivo di chi parlasse, i nostri vicini erano quasi tutti da evitare, gli unici che mi passarono per la testa furono Paola e i suoi genitori, ma mia madre non poteva sul serio averli invitati.
«Signora Sandra per sbaglio ho preso una forchetta in più...» disse una voce femminile alle mie spalle.
Io mi voltai subito e incrociai lo sguardo con Paola, mia madre non aveva proprio un cazzo da fare quel giorno...
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Semplicemente lei.
Teen FictionChi lo ha detto che un'ex può essere e restare un semplice ex? Niente contatti, niente chiacchierate, niente baci né altro... Chi lo ha detto?? Magari un ex potrebbe diventare un amico, un amante o anche un semplice ex! xD Nessuna opzione è da esclu...