Capitolo 23 - Indifferenza.

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PDV Simona.

Cristina mi sorrideva, come suo solito, non capivo come riuscisse sempre a fingere che tra noi non fosse successo nulla. In quei mesi se ne uscì spesso con un sorriso dei suoi, soprattutto a scuola. Certo, ovviamente eravamo entrambe ad aver deciso di fingere di stare ancora insieme, di star bene, ma a lei non sembrava riuscirci tanto male, a me riusciva da schifo. Quel suo sorriso però durò poco, il tempo di alzare lo sguardo su di me e vedere Barbara alle mie spalle. Inizialmente non la notò, guardò solo me, ma dopo pochissimi secondi i suoi occhi si alzarono e s'incontrarono probabilmente con quelli della donna dietro di me. Lo sguardo di Cristina cambiò, il suo sorriso si spense e l'espressione che assunse era piuttosto corrucciata. Maria non ebbe nessun sorriso sul viso, né appena mi vide né in quel momento. Lei era più coerente di noi, a lei non piaceva già inizialmente quella nostra stupida sceneggiata e ce lo ripeté più volte ma noi non l'ascoltammo.
«Cosa ci fai qui?» mi chiese Cristina abbassando di nuovo il suo sguardo su di me e lasciando perdere per un secondo Barbara. «Non credo di doverti spiegare cosa faccio o non faccio qui, non sono affari tuoi, non sei mia madre.» risposi io piuttosto nervosamente.
In un altro contesto le avrei detto che facevo solo un giro, che non mi andava di stare a casa con i miei che litigavano sempre, ma in quel momento la mia parte tranquilla si riposò e lasciai uscire fuori tutta la rabbia che provavo per lei.
«Beh no, certo che non lo sono, ma dicevi sempre che non volevi venire qui da sola.» rispose lei con un tono titubante, probabilmente non si aspettava quella mia reazione. «Dicevi che saresti stata una preda facile per chiunque.»
«Oh non è stata così facile.» commentò Barbara in tono particolarmente basso.
Si mise al mio fianco e mi poggiò la sua mano sinistra dietro le spalle, come se volesse tranquillizzarmi, ma ci voleva ben altro.
«E tu saresti...?» domandò Cristina cambiando decisamente tono, il suo nervosismo era palese anche più del mio.
«Ah scusatemi, non mi sono presentata, questa sera mi capita spesso ormai...» rispose Barbara con un tono divertito facendomi scappare un piccolo sorriso, lei ovviamente era quella più rilassata di tutti. «Il mio nome è Barbara.» disse porgendo la mano verso Cristina, quest'ultima la guardò per pochi secondi ma non la strinse.
«E saresti...?» ripeté Cristina alzando il suo sguardo sul viso di Barbara che capendo il tono ripose il suo braccio lungo il proprio corpo.
«Non sono affari tuoi!» esclamai con un tono piuttosto alto.
La rabbia che avevo dentro era tanta, rimasi calma fin troppo in quei mesi, soprattutto quella mattina nel bagno della scuola quando lei mi chiamò Paola. Sarei dovuta esplodere in quel momento, avrei dovuto dirgliene tante non appena pronunciò quel nome, ma in un certo senso rimasi calma, quella sera però proprio non ci riuscivo.
«Non sono affari tuoi chi sia lei o cosa ci faccia io qui, non sono più un tuo problema da un po' di tempo ormai, quindi continua pure a pensare a te tanto non sai fare altro.» continuai stringendo i pugni lungo il corpo e sentendo la presa di Barbara farsi leggermente più stretta sulla mia spalla.
Forse voleva che mi calmassi, che abbassassi il mio tono di voce ma non ne ero più capace.
«Ehi calmati...» disse Cristina facendo un passo verso di me ma Barbara ne fece uno più veloce e in un attimo mi ritrovai davanti al viso le sue spalle.
Non capivo il perché ma lei si mise tra me e Cristina, e quasi sicuramente a quest'ultima la cosa non andava molto a genio.
«Cosa diavolo vuoi tu?» le chiese Cristina con un tono ancora più nervoso. «Credi che voglia farle del male?» aggiunse con un accenno di sarcasmo.
«Non si sa mai.» rispose Barbara tranquillamente. «Lasciala stare, non so cosa sia successo tra te e lei ma ormai è finita, che tu continui a starle addosso non serve a nulla.»
«Io starle addosso?!» domandò Cristina quasi scoppiando a ridere e quel suo tono non mi piaceva affatto. «Io non voglio nulla, per me lei può fare ciò che vuole.» continuò con un tono decisamente poco interessato.
Non vedevo il suo viso ma capivo benissimo il suo tono, era ancora nervosa, non era del tutto serena o sicura di ciò che diceva. Probabilmente però non le importava più di me. Quella cosa doveva farmi stare bene, quella cosa doveva farmi capire che chiudere con lei fu la cosa migliore che avessi mai fatto ma non fu così. Non mi sentivo affatto meglio, mi sentivo solo peggio. Quel suo tono, quella sua frase, quel suo dire "lei può fare ciò che vuole" includeva un tono così disinteressato nei miei confronti che mi faceva male. Il peso che sentii sullo stomaco, quello che sentii le prime settimane dopo che lei mi lasciò, ritornò prepotentemente e io avevo solo voglia di urlare.
«Benissimo allora, andate pure dove stavate andando, non vi tratteniamo oltre.» ribatté Barbara facendo un passo verso sinistra e facendomi incontrare di nuovo con lo sguardo su Cristina.
Era così arrabbiata, non l'avevo mai vista in quel modo, lei che era sempre serena e spavalda in quel momento era solo nervosa. Io imitai Barbara e feci spazio a Cristina e Maria, quest'ultima sussurrò un "andiamo" nell'orecchio di Cristina e dopo pochi secondi si mossero. Ci passarono davanti, solo Maria mi guardò, con uno sguardo piuttosto dispiaciuto però. In quel periodo io non legai molto solo a Cristina ma lo feci anche con lei. Per stare con Cristina abbandonai le mie amiche e in Maria ne trovai un'altra decisamente migliore, ma lei era la migliore amica di Cristina, si conoscevano da sempre ed io non potevo chiederle di scegliere, non volevo nemmeno farlo ma se lo avessi fatto avrei perso di sicuro. Cristina non mi guardò più ma io continuai a seguire entrambe con lo sguardo. Fecero pochi passi lontano da noi e subito dopo entrarono nel bar dove io e Barbara uscimmo poco prima. Io rimasi rivolta verso quel bar per pochi istanti, continuai a pensare a Cristina e alle sue parole, continuava a farmi male e io continuavo a permetterglielo. All'improvviso sentii una goccia d'acqua bagnare il mio viso ma ero quasi certa di non essere io, non stavo piangendo sebbene spesso piangessi a causa della troppa rabbia che mi tenevo dentro. Dopo quella prima ci fu una seconda, poi una terza e velocemente partì un'acquazzone.
«Dai, vieni con me.» mi disse Barbara prendendomi per mano e facendomi voltare verso di se.
Subito iniziò a correre in mezzo alla strada deserta per raggiungere il marciapiede di fronte e io le corsi dietro, ci salimmo su e continuammo verso sinistra correndo sotto alcuni balconi per non bagnarci ma io amavo la pioggia, io avrei passeggiato volentieri sotto quello che dopo pochi minuti divenne un violento temporale. Pochi metri dopo ci fermammo davanti ad un portone bianco, sotto una cupola di vetro, la vidi cercare qualcosa nelle tasche del suo pantalone e quando prese un mazzo di chiavi capii cosa stava facendo. Lei doveva abitare lì, non c'era altra spiegazione, in fondo mi disse già che abitava a pochi metri da quel bar.
«No, aspetta, io non salgo a casa tua.» le dissi con un tono incerto, non ero più tanto sicura che volesse farmi del male ma non volevo nemmeno che ci provasse di nuovo.
Lei si voltò verso di me con uno sguardo piuttosto confuso sul viso, mi scrutò per pochi secondi senza dire nulla e infine mi sorrise.
«Tranquilla, non voglio farti nulla, solo che per quanto io ce l'abbia messa tutta ti sei comunque bagnata molto e non voglio che ti venga qualcosa.» mi spiegò lei con un tono particolarmente dolce.
Io sentii subito il mio viso scaldarsi sotto il suo sguardo ma cercai di riprendermi il più in fretta possibile.
«Non devi preoccuparti per me, non ci conosciamo nemmeno.» le dissi con un tono ancora molto incerto, in fondo mi faceva piacere sapere che c'era qualcuno che si preoccupava per me.
«Beh questo è vero ma non vuol dire che ti lascerei sotto la pioggia se potessi evitarlo.» commentò lei facendomi un sorriso piuttosto imbarazzato.
«Non devi evitarlo, a me piace la pioggia, ci starei volentieri da quando inizia fin quando non smette.» le spiegai serenamente.
Quando si parlava di pioggia ero sicura di me, non m'importava se agli altri piacesse il sole, l'estate e il caldo, io ero ferma sulle mie posizioni. Io amavo la pioggia, il freddo e i lunghi e violenti temporali.
«Ah si?!» mi chiese ironicamente, probabilmente non mi credeva.
Io le sorrisi, le lasciai la mano (che fino a quel momento non ricordavo di tenerle) e lentamente feci dei passi all'indietro senza staccare lo sguardo da lei. Subito fui sommersa da un mare d'acqua, le gocce mi colpirono velocemente una dopo l'altra sul mio viso bagnando completamente ogni più piccola parte di me. Quando fui abbastanza in mezzo al temporale mi fermai, ero a pochi passi da lei sotto la pioggia e la cosa mi divertiva molto. Lentamente alzai il mio viso verso il cielo e chiusi gli occhi. Quella sera le strade erano particolarmente deserte, con quel temporale poi le persone non si facevano nemmeno vedere, e a me quel silenzio rilassava molto. Si sentiva solo l'acqua, quelle piccole gocce che si scontravano con i palazzi, con l'asfalto sotto i miei piedi o anche contro di me. L'acqua era fredda, sentivo ogni singola goccia sul mio viso e poi lungo la mia schiena, se mia madre mi avesse vista mi avrebbe di sicuro rinchiusa in casa fino all'arrivo dell'estate e non mi avrebbe fatta uscire nemmeno per andare a scuola. Rimasi sotto quel temporale, con gli occhi chiusi, per pochi minuti. Dopo quei minuti li aprii lentamente e mi trovai Barbara davanti, anche lei sotto la pioggia. Inizialmente sussultai, non mi aspettavo che fosse lì, pensavo restasse al coperto e invece no.
«Ti ho spaventata?» mi chiese con uno sguardo piuttosto divertito.
«N-no no...» mentii io. «Cosa ci fai sotto la pioggia?» le domandai cercando di controllare il mio tono.
«Beh non sei l'unica a cui piacciono i temporali.» rispose lei portando delicatamente una mano sulla mia guancia sinistra e accarezzandomi lentamente col pollice di quella sua mano.
Aveva un tocco molto delicato e una mano così calda nonostante il temporale e quel freddo. Io mi persi nei suoi occhi e nel suo fantastico sorriso, oltre quella pioggia riuscii a sentire anche il mio cuore battere forte, ma continuavo a pensare di non volerla baciare.
«Non farlo, ti prego, non baciarmi...» continuai a pensare e ripensare guardando quei suoi meravigliosi occhi scuri.
«Dai, andiamo sopra, il tempo di asciugarci e poi ti accompagno a casa. Ti prometto che non farò nulla, non proverò più a baciarti.» disse senza togliermi quella mano dal viso.
In un certo senso quella frase non mi piacque, dentro di me sentivo di provare ancora qualcosa per Cristina ma Barbara era talmente dolce che quasi mi dispiaceva sentirle dire quelle cose. Per quella donna provavo dei sentimenti contrastanti che non riuscivo nemmeno a comprendere ma non volevo continuare ad essere scortese, o a farla stare sotto la pioggia, così accettai il suo invito e subito dopo entrammo in quel palazzo.

Semplicemente lei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora