PDV Cristina.
Quella donna stava iniziando sul serio a darmi sui nervi, era ovunque: nella mia città, nel mio locale preferito, e in quel momento anche nella mia scuola. Poi il modo in cui guardò Simona, il modo in cui le sorrise o le fece l'occhiolino mi diede molto fastidio, anche solo il pensiero di quelle due a letto insieme faceva esplodere in me una gelosia che non provai mai fino ad allora. In tutti i rapporti che ebbi fino a quel momento non persi mai troppo tempo dietro alla gelosia, cercai semplicemente qualcuno con cui rimpiazzare la ragazza del momento, ma con Simona era diverso. Io non volevo nessun'altra, io volevo lei. Sapevo di aver fatto una cazzata, sapevo di aver sbagliato, di aver fatto il più grande errore della mia vita ma sapevo anche che Simona non mi avrebbe mai lasciata se mi avesse vista in difficoltà. Lei era sempre pronta ad aiutare chiunque per qualsiasi cosa, anche cose per cui non poteva farci nulla. Era semplicemente buona, spesso troppo, e avevo intenzione di sfruttare quella sua bontà per farle capire che ero io la persona con cui doveva stare. Al di fuori potevo sembrare una stronza, o magari lo ero sul serio, ma non volevo che quella donna mettesse le mani sulla mia proprietà. Non mi sembrava un'insegnante, non credevo fosse tanto intelligente da poter insegnare qualcosa a qualcuno. Gli unici aspetti per cui avrei potuto prevedere il suo lavoro da insegnante erano il suo dilungarsi troppo sui discorsi, il suo fare fin troppe lezioni di vita non richieste, e il suo essere noiosa. Non mi aspettavo di vederla entrare in classe nostra, la vidi su quella rampa di scale ma non pensai troppo al motivo per cui era lì. Non appena entrò tutti si alzarono in piedi, io non ne capii il motivo, ero persa nei miei pensieri ma quando mi accorsi della presenza della preside mi alzai anche io. Simona fu l'ultima ad alzarsi in piedi, lo fece pochi istanti dopo di me, probabilmente anche lei non si aspettava di trovarsi la preside in classe anche se il suo sguardo rimase per lo più rivolto su quella stramaledetta donna.
«Buongiorno ragazzi.» disse la preside con un sorriso particolarmente ampio. «Lei è la signorina Barbara Villa, viene da Milano e sostituirà il professor Franchini per i prossimi mesi. Magari resterà con noi fino alla fine dell'anno, questo non lo sappiamo, ma voglio che per tutto il tempo che rimarrà qui voi la trattiate bene.» commentò lei mentre l'altra donna si guardò spesso attorno e il più delle volte fermò il suo sguardo su Simona per più di cinque secondi.
«Cos'è successo al professore?» chiese Federica, una ragazza dai capelli lunghi, lisci e scuri e gli occhi del medesimo colore.
Era nella fila opposta alla mia, al secondo banco davanti alla porta. Prima di mettermi con Simona baciai anche lei un paio di volte, era simpatica ma non la trovavo abbastanza interessante per approfondire la conoscenza. Lei era la seconda più brava in matematica, tra quei pochi bravi che c'erano nella nostra classe, e credevo fosse ottima per Simona se solo a lei fosse minimamente interessata. A lei piacevo io non Federica. In quel momento, invece, probabilmente non le interessavo più nemmeno io. Simona continuava a tenere il suo sguardo su quella donna, e io tentai di capire cosa avesse di tanto speciale ma non ci vedevo nulla.
«Sapete già tutti che il professore soffre di cuore, è venuto a scuola la settimana scorsa nonostante questo suo problema ma ha avuto un lieve infarto. Per fortuna non è successo nulla di grave ma noi avevamo già deciso di sostituirlo quando capitò la settimana scorsa, crediamo debba riposarsi, infatti abbiamo chiamato la signorina qui presente che si è resa subito disponibile.» ci spiegò la preside tessendo le lodi di quella donna come se ci avesse salvati da una guerra imminente. «Le affido anche questa classe allora, signorina, per qualsiasi cosa non si faccia problemi a venire da me.»
«Oh non si preoccupi, non mi sembrano così male, credo che andremo d'accordo.» commentò la nostra nuova insegnante guardandosi attorno e fissando me per qualche secondo in più non appena concluse la sua frase.
«Certo, fidati, andremo d'accordo di sicuro...» pensai io ricambiando il suo sguardo con aria di sfida, avevo proprio voglia di vedere cosa volesse fare.
La preside dopo un saluto generale se ne andò chiudendo la porta alle proprie spalle, la nostra nuova insegnante ci disse di sederci e noi obbedimmo, anzi, io mi sedetti non appena la preside uscì dalla classe. Non avevo motivo di aspettare che lei mi dicesse che potevo farlo, non era una nostra insegnante, per me era solo una supplente e tanto poi se ne sarebbe andata. Probabilmente mi notò non appena mi sedetti poiché incrociai lo sguardo con lei, era leggermente infastidita ma non disse nulla, non aveva ancora idea di cosa le avrei fatto passare.
«Bene, allora... Scusate il mio imbarazzo ma è la prima volta per me davanti ad una classe vera, non so bene come comportarmi e magari non dovrei nemmeno parlarvi di questa cosa. Cioè potreste prendere questa mia insicurezza come un'occasione per fare ciò che volete, io al vostro posto lo farei, ma non ve lo consiglio.» commentò lei poggiandosi sul bordo della scrivania e usando un tono piuttosto sarcastico.
Voleva portare dalla sua parte più ragazzi possibili, era evidente, molti insegnanti usavano quell'approccio. Tentavano di rendersi simpatici fin dall'inizio per avere un controllo più fermo sulla classe, se si fosse resa antipatica (magari iniziando subito a parlare di studio o compiti) tutti avrebbero iniziato ad odiarla e non l'avrebbero ascoltata. Era furba, dovevo ammetterlo, ma a me non la dava a bere.
«Non ve lo consiglio perché ci tengo all'educazione, il rispetto è la prima cosa per me, e ciò include ovviamente anche il rispetto che avrò io nei vostri confronti.» continuò lei con un tono quasi premuroso come se magari gli altri ci trattassero da stupidi. «Mi piace scherzare, fare battute e ascoltarne ma c'è un tempo per tutto. Voi siete qui per imparare e io sono qui per insegnarvi ciò che non sapete, state tranquilli per oggi non voglio fare lezione, voglio solo che ci conosciamo un po'.» disse staccandosi dalla cattedra e girandole attorno fino a sedersi sulla sedia sul retro di essa.
«Mica hai capito chi è questa? Cioè cosa c'entra un'insegnante di matematica con Simona?» mi chiese Maria in tono particolarmente basso.
«Non ne ho idea, magari Simona vuole fare l'insegnante di matematica in futuro, o vuole solo scoparsi una più brava di lei in quel campo.» risposi io col suo stesso tono voltandomi verso di lei e lasciando completamente perdere quella donna.
«Scoparsi? Non credi sia troppo presto?» continuò lei ingenuamente.
«No... Noi l'abbiamo vista solo due giorni fa, la prima volta, loro chissà da quanto si conoscono.» ribattei provando a farle capire che in effetti era probabile che si conoscessero da più tempo.
«Simona ti ha detto qualcosa al riguardo? Cioè questa mattina sei rimasta sulle scale ad aspettarla se non sbaglio.» commentò lei cercando di avere più informazioni possibili poiché durante la giornata avemmo poco tempo per parlare.
«Non mi ha detto nulla, continuava a dire che non erano affari miei, però credo che qualcosa ci abbia fatto con lei. Ha anche gli stessi vestiti che aveva ieri sera, e questa mattina sono arrivate insieme.» le spiegai a bassa voce.
«Magari è solo una coincidenza, magari lei non voleva cambiarsi quegli abiti perché erano puliti e forse si sono incontrate fuori.» ipotizzò Maria lentamente.
«O magari tu sei solo troppo ingenua.» replicai io prendendola in giro e lei mi ricambiò con una smorfia.
«Ehm, scusatemi ragazze, stiamo per caso disturbando la vostra conversazione?» chiese subito dopo l'insegnante con voce piuttosto alta e nervosa.
Io e Maria ci voltammo subito verso di lei, entrambe sentimmo che ce l'aveva con noi, era evidente, nessuno parlava a parte noi. Lei era appunto rivolta verso il nostro banco, più verso di me che verso Maria. Era in piedi dietro alla sua cattedra e probabilmente stava aspettando delle scuse, scuse che Maria le diede subito ma io non avevo intenzione di abbassarmi al suo livello.
«Si, state disturbando la nostra conversazione.» dissi col suo stesso tono nervoso senza toglierle gli occhi di dosso.
«Oh beh, se volete potete sempre uscire fuori e continuare la vostra conversazione in mezzo al corridoio.» replicò lei facendoci segno verso la porta.
«No no, scusateci...» continuò Maria timorosamente.
Aveva paura che quella stupida donna potesse metterle una nota, o peggio, ma a me non importava.
«E tu che mi dici, signorina...? Com'è che ti chiami?» chiese con fare curioso.
«Non sono affari vostri.» dissi nervosamente.
«Non sono affari miei?» continuò lei leggermente confusa. «Io qui sono venuta per lavorare, il minimo che devo sapere di voi sono i vostri nomi, ma se non vuoi dirmelo puoi ugualmente uscire fuori, stai solo disturbando i tuoi compagni.»
«Oh quanto mi dispiace, beh per fortuna non era nulla di tanto interessante.» replicai io facendole un largo sorriso.
«Esci fuori, adesso!» ripeté con un tono decisamente più contenuto ma il suo sguardo era ugualmente nervoso.
«No, grazie, sto abbastanza comoda qui.» dissi facendomi un po' più indietro con la sedia e allungando le gambe sul mio banco mettendole l'una sull'altra.
Probabilmente in quel momento esagerai, lo capii non appena poggiai la mia gamba sinistra sul banco, era evidente ma non potevo farci molto. Non potevo rimangiarmi tutto, scusarmi e perdere la reputazione che avevo in classe. Tutti mi vedevano sempre come una dura e sicura, in quegli anni non mi rimangiai mai nessuna stupidaggine che dissi davanti a quei ragazzi anche se non furono molte. Lei si mosse lentamente, passò accanto alla scrivania e si diresse con passo deciso verso di me. Io continuai a tenere lo sguardo fermo sul suo viso, non accennai nemmeno la più piccola esitazione, la guardai sempre con aria di sfida. Non appena si fermò accanto a me poggiò una sua mano sulla mia gamba destra e la spinse a terra insieme all'altra. Subito dopo mi alzai in piedi, mi misi di fronte a lei e provai a tenere sotto controllo ogni mia parola o gesto ma quando qualcuno mi toccava in quel modo mi dava molto fastidio.
«Esci subito fuori.» ripeté lei a denti stretti come se fosse un disco rotto.
«Costringimi!» replicai nervosamente pensando che non avesse abbastanza coraggio ma non se lo fece ripetere due volte.
Mi prese per un braccio e mi trascinò fino alla porta.
«Voi non vi muovete.» disse agli altri ragazzi prima di uscire fuori con me davanti a lei spinta quasi a forza.
«Non mi toccare.» protestai tirando più forte il mio braccio dalla sua presa e liberandomi.
«Allora muovi quei piedi.» ribatté lei facendomi segno di continuare a camminare oltre quel breve corridoio.
«Dove andiamo?» le chiesi facendo un paio di passi.
«Dalla preside, se non ascolti me magari ascolterai lei.» mi spiegò con un tono leggermente più calmo ma io mi fermai subito.
«Io non ci vengo dalla preside.» dissi quando lei si fermò accanto a me.
Non avevo paura di quella donna, benché meno della preside, ma non volevo che quella mia stupidaggine mi costasse l'anno. Sapevo di aver sbagliato, fosse stata un'altra donna non avrei reagito allo stesso modo, ma lei mi dava sui nervi.
«E credi che io voglia andarci?» chiese abbassando il suo sguardo verso di me.
«Ovvio che sì, tu non aspettavi altro.» risposi innervosendomi leggermente.
«Non ci tengo a portare i ragazzi in presidenza ogni volta che qualcosa non va, ma se non facessi nulla tutti si prenderebbero il diritto di fare ciò che vogliono.» mi spiegò con un tono quasi dispiaciuto, ma non mi sarei di certo sentita in colpa per quella donna. «Facciamo così: adesso torniamo in classe e ricominciamo da zero.»
«Nel senso che torniamo dentro e ricominciamo a discutere?» le chiesi in tono lievemente sarcastico.
«Sei divertente.» commentò lei ridendo e dalla sua risata capii che era sincera.
«Io sì, tu no.» ribattei semplicemente ritornando a guardarla con aria di sfida.
«Dai, andiamo.» disse voltandosi indietro e avvicinandosi di nuovo alla nostra classe.
«Fai sul serio?» le chiesi piuttosto confusa.
Non mi fidavo di lei, non capivo perché avesse cambiato idea tanto in fretta, inizialmente mi sembrava decisamente convinta di portarmi dalla preside invece in quel momento non sembrava averne voglia.
«Sì, tu ce l'hai con me solo perché ho baciato la tua ex. È solo una questione personale, non c'entra con la scuola.» rispose lei facendomi saltare un battito e facendomi innervosire di nuovo.
«Che cos'hai fatto??» chiesi avvicinandomi velocemente a lei e fermandomi ad un misero passo dal suo corpo.
«Non è più la tua ragazza, non dovresti prendertela tanto, è normale che vada avanti.» mi spiegò con calma, quella che io non sapevo nemmeno più cosa fosse.
«Lei è mia, tu qui sei solo di passaggio.» ribattei nervosamente.
«Hai ragione solo a metà: io sono di passaggio, ma non entro mai nella vita degli altri col solo scopo di scompigliargli l'esistenza e andare via.» disse con una tranquillità tale che mi rese solo più nervosa. «Lei non è tua, lasciala in pace.»
«Dovrei lasciarla con te?» domandai con un tono leggermente ironico.
«Dovresti lasciarla libera di andare avanti, sei stata tu a lasciarla.» disse tranquillamente.
«Sì, l'ho lasciata io, ho sbagliato, ma lei non è di certo tua.» replicai io.
«Vedremo.» disse semplicemente con un sorriso beffardo prima di aprire la porta ed entrare dentro.
STAI LEGGENDO
Semplicemente lei.
Teen FictionChi lo ha detto che un'ex può essere e restare un semplice ex? Niente contatti, niente chiacchierate, niente baci né altro... Chi lo ha detto?? Magari un ex potrebbe diventare un amico, un amante o anche un semplice ex! xD Nessuna opzione è da esclu...