Finalmente la lunga giornata é terminata, sono le undici in punto, sistemo il tavolino di vetro in cui la piccola Jenny aveva precedentemente cenato, vado in cucina, non lo vedo da oggi, e non averlo intorno é strano, sarà dov'è. «Ho finito il turno signora» Dorotea mi guarda con le braccia incrociate al petto, «te l'ho già detto, per te sono Dorotea, non signora» gli sorrido abbassando il volto, «ho un ultima richiesta prima che tu vada a riposati Emy» annuisco, «potresti cercare per me Demon? Immagino che sarà in palestra, nell'ala ovest della casa» «non può andare qualcun altro? Ti prego» lei mi osserva insospettita, poi sorride , «no, voglio che vai tu, non so, ma sei l'unica su cui mio figlio non ha piantato radici, sai tenergli testa per non essere ancora sotto le sue lenzuola» merda.... Inghiotto velocemente la saliva, «vado» esco dal suo ufficio, chiudo la porta, «merda, merda, merda...» sospiro pesantemente, una parte di me vorrebbe mandare Veronica, l'altra invece dice di non dimostrarmi bambina e fargli vedere la donna nascosta in me....cosa faccio?!!..... Mi sbatto una mano in fronte, le mani mi stanno già sudando, sospiro di nuovo, ho preso la mia decisione. Mi piego le dita contorcendole tutte, poi sospiro, sto per bussare alla porta con la grossa scritta “PALESTRA”, ma qualcuno mi precede aprendo la porta, faccio dei passi in dietro, un ragazzo tatuato esce dalla stanza, mi guarda intensamente, sorride mostrando il sorriso perfetto,mi sorpassa andando via, sbircio dentro la porta e vedo una schiena completamente tatuata, un enorme teschio mi osserva, resto senza fiato, mi schiarisco la voce per attirare la sua attenzione, lui continua senza degnarmi della sua attenzione, «Dorotea ti cercava, vuole che vai nel suo ufficio» lui continua a fare gli esercizi, mi avvicino, magari ha le auricolari, vado da lui, non si gira a guardarmi, no, non ha le auricolari, sbuffo, mi muovo per andare verso la porta ma la porta si chiude di botto, salto in aria, lui scende dall'attrezzo appeso al muro scrocchiandosi l'osso del collo, si gira verso di me con un ghigno, «hai tanta fretta?» la sua voce, cosi mascolina riavvia i miei ormoni, guardo ogni centimetro del suo corpo, cammina verso di me, indietreggio, «si, ho da fare» lui diventa serio improvvisamente, i suoi occhi diventano di un blu ancora più scuro, improvvisamente mi ritrovo appiccicata al muro, lui che mi schiaccia con il suo corpo, respira pesantemente, mi sfiora con la mano la guancia, rabbrividisco, «sei cosi piccola, mi ecciti da morire, mi eccita il fatto che mi rifiuti, mi eccita il fatto che basta accarezzati il viso che tremi, tu mi ecciti da morire» senza preavviso mi bacia penetrando la sua lingua bruscamente nella mia bocca, mi solleva da per terra, allaccio le gambe intorno al suo bacino, qualcuno bussa bruscamente alla porta, mi mette giù e mi sistemo, apre la porta con il telecomando nascosto nella tasca della sua tuta, Dorotea entra nella palestra, «pensavo che non fossi andata a chiamarlo, ma a quanto pare eri qui» annuisco, senza dire nulla esco dalla palestra, corro per il corridoio buio fino ad arrivare in camera mia, chiudo a chiave, ci sono cascata di nuovo, mi sono fatta abbindolare di nuovo dalle sue parole e dal suo tocco, sbuffo arrabbiata con me stessa, sono un idiota. «Non dovevamo andare da tuo fratello?» Veronica mi guarda dallo specchio mentre si sistema la gonna stretta, «no, vuole andarci mia madre, sta con lui in ospedale, noi stasera usciamo e ci andiamo a divertire» guardo i miei jeans sbiaditi e la maglietta larga con delle palme stampate, poi guardo lei, «non credo che riusciresti a farti offrire da bere conciata così» mi mordo il labbro inferiore, «non mi interessa, non voglio offerto da bere, posso pagarmi da sola l'alcool che bevo» lei scuote la testa ridendo, «hai ancora tanto da imparare» corruccio la fronte, «che vuoi dire?» lei mi guarda dalla specchiera continuando ad applicare nelle ciglia il mascara, «significa che qui a los Angeles se non ti fai offrire da bere o sei vergine, o sei sfigata, funziona cosi qui, e tu non sei né vergine né sfigata giusto?» annuisco, «bene, dovrei avere qualcosa nel mio armadio, il primo stipendio che prenderai dovrai comprarti dei vestitini e dei vestiti più decenti di quelli che hai» abbasso lo sguardo, «i soldi che prenderò serviranno di più alla mia famiglia che a me, non ho bisogno di nulla, vanno bene i miei vestiti» lei si blocca, «beh, qualcosa la metterai di lato o no?» «beh...si, ma metterò qualcosa di lato non appena la mia famiglia potrà vivere in una casa decente e non patire più la fame» lei annuisce rimanendo in silenzio, tira dal suo armadio un vestito decisamente scollato, «non devi vestiti da suora, metti questo, ti starà da dio» lo prendo poco convinta, mi spoglio davanti a lei, guarda ogni minino movimento, tolgo il mio reggiseno per poi allacciare il vestito al collo, mi guardo allo specchio, mi vedo diversa dal solito modo in cui mi vesto, il vestito é abbastanza aderente, metto le scarpe con il tacco e mi sistemo i capelli ondulati sulle spalle, mi metto del mascara, blush e un rossetto rosa, «andiamo» Veronica annuisce, usciamo dalla sua stanza, senza far troppo rumore arriviamo nella porta principale per uscire da quel posto quasi infernale ormai, apriamo la porta e la richiudiamo, «pronta a divertiti?!» Veronica urla, «pronta!» lei sorride e andiamo verso l'auto di Christina, entriamo in auto, chiudo lo sportello, si, stasera mi divertirò.
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𝑃𝑎𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛
ChickLitEmery Holt, una ragazza povera proveniente da Barranquilla, per far vivere la sua famiglia parte per los Angeles, ma chi l'avrebbe mai detto che un volo non programmato, potesse stravolgere completamente la sua vita, tutto é partito da lì, da un...