Capitolo 1

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Il sole di prima mattina si ergeva fiero sulla stazione dei treni e il caldo dell'estate iniziava ad avere il sopravvento sulla primavera appena finita.
Una ragazza sedeva su una panchina, con le gambe incrociate e sguardo concentrato.
Poco lontano da lei, un uomo fumava una sigaretta osservando i binari con lo sguardo spento.

La stazione principale della sua piccola città, a quell'ora del mattino era sempre vuota, l'unico compagno era il silenzio, proprio come piaceva a Lia.
Sbuffò guardandosi attorno, l'aria era talmente ferma che pesava sulla sua pelle.
Cercò di sistemarsi meglio sulla panca, era da circa mezz'ora nella stessa identica posizione e i muscoli iniziavano a dolere.

Dopo qualche minuto Lia sorrise, aveva aspettato più di un'ora per uno stupido ritardo, e finalmente il treno si fece vedere in tutta la sua bellezza di graffiti e vernice sbiancata.
Con il suo arrivo aveva smosso l'aria circostante creando una piacevole brezza.
Si alzò con enorme fatica, prese la borsa e si diresse con passi sicuri all'entrata del vagone.
Anche soltanto salire i piccoli soliti tre gradini costò a Lia un enorme sforzo, ma presto l'aria condizionata avrebbe risolto tutti i suoi problemi.

Entrò e le si gelò il sangue.

L'intera vettura era strapiena, c'era un odore acre, e nessuna traccia della stupenda e refrigerante aria condizionata.
Evidentemente nonostante l'ora, nei piccoli paesi prima del suo, la gente si era alzata presto per andare a Milano, forse per un impegno lavorativo, o semplicemente per andare dai parenti, e l'aria condizionata, invece, aveva deciso di farsi una vacanza.

Le era sempre piaciuto osservare la gente, e dal modo di fare o dai vestiti, provare a indovinare quale vita il destino avesse riservato per loro.
Il posto migliore dove poter fare questa attività erano ovviamente i luoghi pubblici, stazione dei treni compresi.
Era un suo modo per rilassarsi e diminuire l'ansia mentre passeggiava o doveva compiere qualche commissione, come quella di oggi.
Ma in quel trambusto e confusione che si celava in quel piccolo vagone, era letteralmente impossibile provare a concentrarsi.

Prese in considerazione l'idea di scendere e magari tentare la fortuna provando con un altra carrozza, ma ormai era troppo tardi, il treno era già partito.

Si incamminò nel piccolo corridoio, con la speranza di trovare un posto, anche se già sapeva che era impossibile, vedeva teste a perdita d'occhio.
Alla fine della vettura però, riuscì a trovarlo, sorrise compiaciuta e si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano.
Alzò lo sguardo sul posto accanto e trasalì .
Un biondino la stava fissando.

Aveva occhi stupendi, azzurri con esili ramificazioni tetre, i suoi capelli di un biondo platino tendente al grigio, erano leggermente ricci e sistemati alla rinfusa.
Una grossa collana oro circondava il suo collo, e indossava una maglietta bianca con delle nuvole azzurre che si intravedevano appena, sicuramente la sua preferita, infatti si potevano notare i segni di usura.
I pantaloncini marroni arrivavano al ginocchio e avevano qua e là piccoli strappi.
Era il ragazzo più affascinate che avesse mai visto, non riusciva a muovere un muscolo, e rimase li a fissarlo attonita.

Il ragazzo sorrise.
"Tranquilla! Non è occupato siediti pure" disse osservandola da capo a piedi.
Lia annuì, e con la mente tra le nuvole si sedette arrossendo fino alla radice dei capelli.
Lui continuava ad avere quel sorrisetto strano che peggiorava la situazione imbarazzata di Lia.
Cercò in tutti i modi di dimenticarsi del suo compagno di viaggio e di guardare un bambina curiosa che giocava con un pupazzetto, qualche posto più avanti, per aiutarsi.

Il piano fallì.

"Allora, come ti chiami ?" disse il biondino.
Lia gemette, e si costrinse a guardare verso di lui con uno sguardo che non accennava nessun sentimento, almeno sperò che fosse così.
"Lia" disse con un filo di voce, cercando di combattere la sua solita ansia e perdendosi di nuovo nei suoi occhi e nel suo sorriso.
"Beh, anche se non me l'hai chiesto, io mi chiamo Challor, ma puoi semplicemente chiamarmi Cha" disse lui con enfasi.
Notando poi che Lia non dava segni di vita, continuò: "Passeremo insieme più di un ora quindi non credi che sarebbe abbastanza noioso farlo senza neanche conoscerci ?"
Lia continuava a fissarlo.
Aveva intenzione di chiudere lì il discorso, odiava i ragazzi troppo convinti di sé stessi come lui le si era presentato.

Cronache di Thule: L'ultima RosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora