Capitolo 25

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Arrivarono a Osteria quattro ore dopo rispetto alle previsioni di Cha.
Il sole stava già iniziando a calare e quindi i due ragazzi decisero di non proseguire oltre e stabilirsi li per la notte.

Quando arrivarono essa si presentò come un piccolo paesello di poche persone, ma abbastanza grande per fornire negozi, soggiorni e luoghi dove potersi ristorare.
Era interamente circondato da un'alta struttura di pietre, frastagliata a tempi regolari da dei fori dove probabilmente la cittadina si difendeva in caso di attacco.
Per entrare bisognava passare da un'ampia porta a due ante alta più di cinque metri composta da un arco a tutto sesto.
Le porte, spiegò Cha, erano aperte tutto il giorno fino alle dieci di sera e rimanevano chiuse fino alle cinque del giorno dopo.

Cha prese Lia da un braccio e si nascosero dietro una collina che si trova per strada.
Lei lo guardò perplessa.

"Lia tu sei umana, non mi ricordo di avertelo detto ma voi qui siete odiati, non si vedono umani da parecchi anni è sarebbe davvero scandaloso trovarsene uno ora al centro di Osteria, finiresti rinchiusa in gattabuia".

Lia sbatte le palpebre più volte.
Quel viaggio sarebbe stato più difficile del previsto.

Il problema principale era l'odore, decisero di coprirlo con del profumo di erbe che creò Cha raccogliendone un po' intorno e lavorandoci su con un piccolo incantesimo.

Poi decise di fare un ritocco in più per sicurezza trasformando i capelli di Lia di un verde accesso.

"Mi hai appena tramutato in un Elfo?".
"Già, sei un po' più alta di loro ma lo stesso molto minuta, nessuno se ne accorgerà"

"Ma sono una schiava!".
"Lo so Lia, ma non avevo altre idee in mente".
Cha prese il suo arco e le vietò di togliere la pelliccia per qualsiasi motivo: agli schiavi era vietato portare armi e lei ne aveva proprio qualcuno celate sotto la pesante veste.
Prima di entrare le spiegò come comportarsi, era estremamente importante che non parlasse il Nerediano a causa del suo accento tropo straniero e su questo punto non ci furono problemi: agli Elfi era vietato parlare e venivo interpellati raramente.
Il secondo tassello invece riguardava le Venarie.
Pietre di un profondo col nero che servivano a tortura gli Elfi.

Essere erano state create con l'unico incantesimo anti Flusso Legale.
Nessuno sapeva bene con quale procedura ma le pietre Venerie accompagnate dal losco incantesimo diventavano estremamente letali per gli Elfi, una delle poche specie comprese le Ninfa ad essere un tutt'uno con la natura.
Si diceva fossero pietre contenitrici, totalmente innocue appena raccolte da letto di un fiume me letali quando intrinseche del incantesimo senza nome.

Però gli unici a soffrire sotto al tocco delle Venarie erano gli Elfi, tutte le altre razze totalmente immuni.
Venivano incastonate in lunghi bastoni, gli Schiavisti più ricchi ne possedevano molti di legno pregiato e colmi di fregi.
La richiesta di Cha a Lia fu semplicemente far finta di soffrire in caso di una ripercussione con le Vaine, il nome del bastone con la pietra.

Lia si limitò ad annuire, d'altronde non aveva molta scelta.
Tornarono sulla strada e raggiunsero le porte con passo lento.

Un signore di mezza età era seduto su un muretto li vicino a vigilare.
Portava un ascia al fianco e ovviamente il Vaine.
Li accolse sorridendo.
Le rughe sul suo volto appena accennate.
"Benvenuti viandanti, benvenuti a Osteria" disse l'uomo in un Nerediano arcadico e dialettale.

Lia a stento riuscì a capire le sue parole.
"Buonasera" ringrazio Che con un cenno della testa.
"Mi sembra di avervi già visto da qualche parte" continuò l'uomo.
Lia notò che aveva una voce strana, profonda è leggermente impastata di quelli che l'alcool è la loro abitudine.

Cronache di Thule: L'ultima RosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora