Capitolo 36 - Sotto la doccia

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«Ti farò cambiare idea, Pacifica. Non penserai più di dovermi stare distante» sussurra dopo, mentre mi stringe di nuovo tra le braccia.
«Lo spero» rispondo affondando la testa nell'incavo del suo collo e inspirando il suo odore.
Sa di amore, sa di protezione... Di casa. Ci conosciamo da poche settimane, anzi non lo conosco nemmeno del tutto, eppure nonostante tutto quello che è successo con lui mi sento al sicuro. Il che è assurdo.

Gli prendo la mano e lo tiro fino al divano, dove ci sediamo.
Afferro il bordo della sua maglietta e lo alzo leggermente.
«Cosa pensi di fare, Pacifica?».
Eric mi scruta, il sopracciglio alzato.
«Non quello che pensi tu» rispondo facendo un sorrisetto «Devo solo controllare la ferita».

Sollevo la maglietta fino a scoprire la benda, la quale è sporca di sangue.
«Forse dobbiamo andare in infermeria» dico rialzando gli occhi sul mio istruttore preferito.
Lui scuote la testa «In bagno ho tutto quello che serve».
Si alza dal divano e io lo seguo fino al bagno.
Lo guardo incantata mentre si toglie la maglietta, i muscoli che guizzano ad ogni piccolo movimento.

«Mai visto un ragazzo senza maglietta?» sussurra chinandosi verso il mio orecchio.
Arrossisco e distolgo lo sguardo «No».
«Mmh» mugugna lui, lo sguardo divertito.

«Non dire niente» lo ammonisco mentre afferro l'estremità della benda e la tolgo delicatamente, un giro dopo l'altro.
Scopro la ferita arrossata e faccio una smorfia «Ha l'aria di essere dolorosa».
«Non molto» risponde Eric.
Mi volto e butto la benda sporca nel cestino.
Quando torno a girarmi verso di lui lo vedo togliersi i pantaloni. Eric incrocia il mio sguardo e scoppia a ridere.
«Mi faccio una doccia, vuoi unirti?» chiede avvicinandosi lentamente a me.

Indietreggio mentre sento il calore salirmi sulle guance e scuoto la testa «Chiamami quando hai finito».
Esco dal bagno e mi richiudo la porta dietro, tirando un profondo sospiro.
Mi tocco le guance calde e ascolto il battito accelerato del mio cuore. Poi sorrido, come un'ebete.

Un quarto d'ora più tardi, quando lo sento chiamarmi, ritorno da lui.
Richiudo la porta dietro di me per non far uscire il calore, mentre i miei occhi trovano Eric.
È coperto solo da un asciugamano stretto in vita, appena sotto la ferita.
I capelli bagnati lasciano cadere gocce d'acqua lungo il collo. Trattengo il respiro, mentre sento i suoi occhi addosso, che osservano ogni mia minima reazione.

«Lo fai apposta» mormoro chiudendo gli occhi.
«Sì, lo faccio apposta» sussurra in risposta.
Riapro gli occhi solo per trovarlo ad un passo da me. Le iridi più azzurre del solito.
«Sei incredibilmente arrogante» dico incrociando le braccia sul petto.
«Arrogante...» ripete lui fissandomi negli occhi.
«Sì, arrogante e presuntuoso» sottolineo sfidandolo.

«Queste mi mancavano tra i tuoi aggettivi» mormora spostandosi verso di me.
Io lo schivo e mi allontano dall'altra parte, tra il lavandino e la doccia.
«Perché la mia lista delle tue qualità si allunga mano a mano che mi mostri tutti i tuoi difetti» spiego sorridendo.
Lui socchiude gli occhi e mi raggiunge in un istante, afferrandomi entrambi i polsi.

«Ehi!» protesto.
«Lo sai che non è una buona idea sfidare il sottoscritto, no?» sussurra nel mio orecchio. Io rabbrividisco al contatto della sua bocca con la mia pelle.
«A me sembra sempre una buona idea» rispondo sostenendo il suo sguardo.
«L'hai voluto tu».

Eric mi trascina di peso mentre io mi divincolo per scappare alla sua presa. Ma non c'è storia, prima che me ne possa anche solo rendere conto siamo entrambi all'interno della cabina della doccia.
«Eric!» esclamo mentre l'acqua calda mi colpisce. Almeno non è gelida.
«Non sono io ad aver cominciato» scandisce mentre mi tiene sotto il getto dell'acqua e lui se ne sta fuori.

«Hai cominciato proprio tu, invece». Riesco a sfilare una mano dalla sua presa e in qualche modo lo tiro contro di me, facendo finire anche lui sotto l'acqua calda.
«Mi hai bagnato tutti i vestiti» dico fingendo di essere arrabbiata.
«Non c'è problema, togliamoli» risponde afferrando la mia maglietta e cercando di togliermela.
«Eric!» esclamo tentando di resistere «Non è per niente una buona idea».
«Oh sì che lo è» ribatte chinandosi a sfiorarmi il collo.
Mi arrendo e lascio che mi tolga la maglia, buttandola chissà dove.
«E questa gonna è decisamente troppo corta» mormora sfiorandone l'orlo.

Alzo gli occhi nei suoi.
«È una gonna» dico alzando gli occhi al cielo.
«Che non indosserai mai più fuori da casa mia» ordina lui.
Sbuffo «Non mi guarda nessuno, se è questo che ti preoccupa».
Lui scuote la testa e contrae le labbra, ma tiene i suoi pensieri per sé.

Sento le sue dita infilarsi tra l'elastico della gonna e la mia pelle, rabbrividisco. Appoggio le mani sulle sue e lo fermo.
«Rilassati Aimeen». I suoi occhi cercano i miei.
Abbasso gli occhi e lascio le sue mani mentre mi fa cadere la gonna, che va a finire fuori dalla cabina. All'improvviso mi sento in imbarazzo a stare così di fronte a lui.
«Rigida» mi apostrofa accennando una risata.
Arrossisco e mi nascondo la faccia tra le mani.
Come ho fatto a finire in questa situazione?

Non rimango così per molto però, perché le sue mani afferrano le mie e le portano dietro il suo collo. Riapro gli occhi.
Guardo il suo viso, guardo i suoi occhi, guardo le sue labbra che si avvicinano.
Lascio che mi baci e rispondo al bacio, stringendolo a me.
Ci accarezziamo l'un l'altra, mentre l'acqua scorre sui nostri corpi, mentre ci baciamo incuranti del tempo che passa.

Quando finalmente decidiamo che è ora di smetterla, e dopo essermi ormai insaponata e lavata i capelli, Eric mi passa un asciugamano nel quale mi avvolgo immediatamente. In qualche modo riesco a togliermi l'intimo bagnato che finisce sul pavimento.
Mi volto dall'altra parte mentre lui sostituisce il suo asciugamano bagnato con un altro di asciutto.
«Alla fine la doccia insieme l'abbiamo fatta» mormora divertito stringendomi da dietro.
«Solo per colpa tua» rispondo tenendo bene il mio asciugamano.

«Non te lo toglierò, rilassati» sussurra baciandomi il collo. Rabbrividisco e piego la testa.
«Come se fosse facile rilassarsi in tua presenza» rispondo con una risata forzata.
Mi volto e lo guardo «Com'è che improvvisamente ami tutto questo contatto fisico?».
«Ho sempre amato il contatto fisico» risponde, una luce maliziosa negli occhi.

«Un solo tipo di contatto fisico, scommetto» indovino socchiudendo gli occhi.
«Si può dire così» risponde vago.
«Bé, allora spero che tu abbia pazienza» sussurro imbarazzata.
«La pazienza è una delle mie doti migliori, lo sanno tutti».

Scoppio a ridere e mi allontano da lui.
«Vediamo di mettere fine ai discorsi imbarazzanti, mostrami dove sono i medicinali».
Lui obbedisce, aprendo un armadietto e tirandone fuori quello di cui ha bisogno.
«Faccio da solo» dice prendendo una bottiglietta di disinfettante.

Alzo gli occhi al cielo «Sia mai che tu ti senta meno virile di quello che sei».
«Già» risponde versando del liquido su un batuffolo di cotone. Se lo passa lentamente sulla ferita ricucita.
Lo osservo attentamente, in cerca del minimo segno di dolore. Ma niente, nemmeno una piccola smorfia.

Questo ragazzo deve essere abituato a tenersi la sofferenza e il dolore dentro, non mi so dare altre spiegazioni.
All'improvviso mi viene voglia di abbracciarlo, chissà cosa lo ha fatto diventare così.

Prendo la garza, mentre cerco di mettere da parte i miei pensieri, ignoro le proteste di Eric e gliela applico sulla ferita e intorno al ventre.

Non so niente di lui, niente del suo passato. So solo quello che lui mi lascia capire, solo quello che lui mi ha detto, che praticamente equivale a niente.
«Vado a vestirmi» mormoro dandogli le spalle e uscendo dal bagno.

In camera mi vesto senza prestarci molta attenzione. Poi aspetto che lui esca dal bagno per andare ad asciugarmi i capelli.

Quando finalmente esco, sistemata e con i capelli asciutti, lo trovo alla scrivania intento a trafficare con il suo computer.
Si è messo una maglietta nera, che gli sta attillata evidenziandone il petto scolpito.
I capelli sono ancora umidi, ma in ordine. È bello.

«Smettila di fissarmi, Pacifica» dice, il tono divertito, mentre sullo schermo compaiono parole su parole.
«Smettila di dare ordini, Intrepido» replico avanzando nella stanza.

«Hai fame?» chiede allora.
«In realtà sì, andiamo a mangiare?».
«Tu vai, io devo prima finire questa cosa. Ci vediamo in mensa».
«Va bene, capo» rispondo. Mi avvicino a lui e gli do un bacio sulla guancia «Buon lavoro».
Appena prima di voltarmi verso la porta scorgo un sorrisetto sul suo viso. Sorrido anch'io e sparisco nel corridoio buio.

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