Capitolo 50 - Feel the wind

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Nelle terre dei Pacifici i giorni passano lenti e mi sembrano interminabili.
Ma i miei amici si stanno ambientando e da una parte sono felice di mostrare loro quella che è stata casa mia per sedici anni. Il posto in cui sono nata e cresciuta, le persone che mi sono state accanto, la mia famiglia.

La sera del terzo giorno finalmente riesco ad avere un po' di tempo per stare con loro. In questi giorni loro hanno svolto i compiti che gli erano stati assegnati, io ne ero dispensata a causa della mia ferita. Ma ho comunque voluto dare il mio aiuto al fianco di mia madre nei suoi turni in cucina.

«Non ne posso più di pelare patate».
Leah sbuffa tirandosi un ciuffo di capelli da parte.
«Credimi, sempre meglio che portare sacchi di frutta da una parte all'altra, per caricare i camion» le risponde Luke.
«Eppure a vederli in città sembrava non muovessero un muscolo dalla mattina alla sera».

«Mi sto rendendo conto che quelli dei Pacifici sono forse i lavori più duri, in confronto noi ce la spassiamo» Luke calcia un sasso sul prato.
Stiamo attraversando i campi, li voglio portare a vedere il tramonto dagli alberi sul limite del bosco.

«Vorrei ricordarti che in effetti voi ve la spassate, quell'infame di Eric non vi ha ancora messo al lavoro» Uriah mi lancia un'occhiata divertita.
Alzo gli occhi al cielo e rido.

Se prima insultare Eric era uno sfogo, adesso è diventato un modo per stuzzicare me. Ma io rimango convinta che molti degli insulti se li meriti, io stessa gli ho rinfacciato i suoi comportamenti e continuo a farlo.
Il fatto che io sia così attratta da lui e che ne sia innamorata non significa che io approvi i suoi modi di fare.

Con un piccolo balzo salto un canaletto che porta l'acqua ai campi.
Mi preparo a sentire il dolore, invece inaspettatamente non sento alcun male.
La ferita sulla pancia sta guarendo. I primi giorni facevo fatica anche ad alzarmi dal letto, ma ormai è diventato solo un piccolo fastidio.
Certo, devo comunque fare attenzione ed evitare movimenti troppo bruschi, motivo per cui probabilmente non dovrei salire su di un albero.

Guido la comitiva tra le spighe di grano del campo successivo e finalmente raggiungiamo i primi alberi.
«Ma come facevi a vivere sotto a tutto questo sole?» Zeliah ansima mentre cerca di tenere il nostro passo.
«Ne ero abituata, è stato un bel cambiamento infatti finire ad abitare sotto terra».

«Ti manca tutto questo?» chiede Leah indicando il paesaggio intorno a noi.
Con gli occhi seguo il contorno del bosco e, più in là, la luce del sole che scompare dietro gli edifici della fattoria.
«A volte sì. Mi manca stare all'aria aperta, sentire il calore del sole sulla pelle, guardare le stelle, correre sull'erba. E stare con la mia famiglia» mormoro mentre ci fermiamo sotto il mio albero preferito. O forse ormai non posso più considerarlo tale.

«Se qui ci fossero telecamere sarei nei guai» scherzo subito dopo.
«Lasciami dire che i guai te li sei cercati nel momento in cui ti sei andata a trovare il peggior esemplare di genere maschile della città». Luke mi da una gomitata «Tu che sei così simpatica e carina».

«Non credo che sia un'opinione molto condivisa. In ogni caso, perché dobbiamo sempre discutere della mia vita amorosa?».

Alzo lo sguardo sull'albero, poi guardo i miei amici «Chi va per primo?».
«Ci posso provare». Leah si tira su le maniche della maglia.

Ah sì, non l'ho detto. Ma già dal secondo giorno non siamo più vestiti di nero. Perché? La questione è semplice: quando siamo scappati non abbiamo avuto il tempo di prenderci un cambio, motivo per cui i Pacifici ci hanno gentilmente messo a disposizione dei loro abiti.

E quindi le maniche che Leah arrotola sono di un rosso brillante. Sono così abituata a vederla in nero che così colorata mi sembra un'altra persona, anche gli altri ovviamente. Ma su di lei ha un effetto maggiore.

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