Capitolo 47 - Ritorno a casa

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Prendo la mano di Zeliah e guido gli altri lungo i tunnel fino a tornare all'aperto.

Mi sembra di essere in un incubo.
Un incubo senza fine.
Non può essere vero tutto questo.

Avvicinandomi ai binari percepisco la tensione nell'aria. E un rumore lontano, che viene sicuramente dall'esercito di Eruditi. Ma per fortuna a quello si sovrappone lo sferragliare del treno. Eric aveva ragione.
«Andate!» esclama Uriah, guardandoci le spalle.

Appena il treno ci raggiunge iniziamo a correre. Io e Zeliah saltiamo, seguite dai gemelli e per ultimo Uriah.

Una volta dentro il vagone nessuno ha il coraggio di parlare. Ci guardiamo l'un l'altro.
«Avremmo dovuto rimanere» borbotta infine Leah.
«Eric ha ragione, se cercano voi è meglio così» risponde Zeliah dal mio fianco.
Mi tiene ancora la mano.

Adesso è lei a dare sostegno a me. Perché solo l'idea di aver lasciato colui che ha un pezzo del mio cuore a combattere lontano da me mi fa sentire malissimo.
E sono sicura che lei lo sa.

Mi appoggio alla fredda parete dietro di me, quella che solo poche ore fa ci ha visto felici e spensierati.
«E perché dovrebbero cercarci?» chiede Luke sbuffando.
«Siamo Divergenti» rispondo alzando gli occhi su di loro «E Eric ha detto che Jeanine voleva la loro collaborazione per cercare i Divergenti. Bè, noi lo siamo e praticamente lo sanno tutti. Siamo stati ripresi dalle telecamere la notte dell'attacco».

«Quella donna non mi è mai piaciuta» commenta Zeliah.
Annuisco.
E guardo il paesaggio cambiare velocemente fuori dal vagone.

«Ci siamo quasi». La voce di Uriah ci fa preparare, sui bordi della porta.
La mia mano e quella della mia amica sono ancora intrecciate. Ho bisogno di lei, e non si immagina neppure quanto.

Saltiamo dal treno uno dopo l'altro.
Non è più così buio, si avvicina l'alba e pian piano il chiarore aumenta.

Proprio mentre ci incamminiamo verso il cancello che sbarra la strada sgangherata risuonano nell'aria degli spari.
«Giù!» esclamo.
In un attimo siamo tutti a terra.
Nessuno si azzarda a fare il minimo rumore.

Aguzzo la vista e cerco di vedere cosa succede. Gli spari continuano, ma non sono vicini a noi. Ne sono sicura.

Maledizione! Se solo avessi preso una torcia...

«Penso abbiano sparato alle guardie al cancello» sussurra Leah.
«Non vedo niente» risponde Zeliah. Riconosco un accenno di panico nella sua voce.

«Nemmeno io, ma è l'unica uscita. Dobbiamo avvicinarci» rispondo facendo un respiro profondo.

«State indietro. Io mi avvicino» sussurro alzandomi ma rimanendo bassa, in modo da non attirare l'attenzione.
«Non se ne parla» risponde Uriah, seguendomi subito.
Sbuffo. «Va bene».

Ci spostiamo lentamente verso il cancello fino a che riesco a scorgere le figure che vi stanno davanti. E alcune altre figure stese a terra.
Rabbrividisco.

Socchiudo gli occhi, cercando di capire chi siano.
Ed è un lembo di stoffa azzurra legato sul braccio che mi permette infine di riconoscere una delle figure distese.
Mi avvicino ancora, puntando la pistola sui due che stanno in piedi, anche se uno dei due sembra essere ferito.

«Non sparate» dico «Siamo Intrepidi, ci manda Eric».
Avanzo di qualche passo, fermandomi a una decina di metri da loro.
«Aimeen?» chiede una voce rauca.
Annuisco.

«Ciao Gud!» esclama Uriah facendosi avanti.
Mi affianca. «Ci possiamo fidare» mormora mentre allunga una mano per abbassare la mia pistola.
«Uriah! State bene?». Non riconosco la voce femminile

Il mio amico annuisce «Fuxie, sei ferita». Si avvicina fino a raggiungere i due. Lo seguo, e sento gli altri venirci dietro.
«Quei due sono sbucati dal nulla. Eric ci aveva avvisati che sareste arrivati, ma non ci aspettavamo quelli là».
La ragazza tiene una mano premuta sul fianco, una smorfia di dolore sul viso.

«Sono Intrepidi traditori» dice Gud indicando i due.
Non so se siano morti o solo svenuti, ma solo la loro vista mi fa venire da vomitare. Cosa sta creando Jeanine? Che razza di persone ci sta facendo diventare?

«Fuxie ce la fai a resistere?» chiedo preoccupata «Credo che non sia il momento migliore per tornare alla residenza, non finché sono sotto assedio».
«È il mio lavoro, ragazza. Voi andate, noi ci arrangeremo». Tipa tosta la ragazza.

«Grazie ragazzi, state attenti» mormora Leah, prendendo il braccio del fratello e avvicinandosi al cancello.
«Anche voi». Gud raggiunge il quadro dei comandi e inserisce il codice.
Mentre il cancello comincia ad aprirsi, mi volto verso la città.
Ed è allora che colgo un riflesso causato da qualcosa di metallico, nella direzione dei due corpi distesi.
Ma non faccio in tempo a rendermi conto di cosa si tratta, non prima che si senta uno sparo e un dolore acuto mi trapassi il ventre.

Non perdo tempo e la mia mano destra scatta di riflesso, quasi da sola.
Il proiettile va a centro ancora prima che gli altri possano reagire.

La figura ricade inerte e io la fisso, incapace di fare altro.
«È morto?» Fuxie fa un passo avanti.
Gud le corre subito vicino e con il fucile puntato controlla le due figure.
«Non sono morti, ma fuori gioco».
Toglie ad entrambi le armi e li trascina uno alla volta contro la recinzione per poterli tenere d'occhio.

«Andate, svelti!» ordina poi.
Annuisco e mi volto verso i miei amici.
Ho appena sparato ad una persona.

Attraversiamo il cancello che si richiude dietro di noi, e iniziamo a percorrere la strada sterrata che porta alle fattorie dei Pacifici.
«Aimeen, ti ha colpito, stai sanguinando» la voce di Zeliah tradisce un certo panico.

Abbasso lo sguardo ed improvvisamente torna il dolore.
Infilo la pistola nella cintura e mi tocco la ferita, che brucia ancora di più.
Le dita sono sporche di sangue.

«Cazzo!» Leah mi afferra la giacca, la apre e guarda la maglietta su cui si sta allargando una macchia rossa.
«Non è niente. Dai Pacifici mi sistemeranno» dico «Muoviamoci».
«Ha ragione, andiamo. O torneranno a cercarci» Luke mi affianca e mi guarda «Riesci a camminare?».
Annuisco.
Uriah mi viene vicino «Se non ce la fai sono qui».

Ci rimettiamo in moto e allunghiamo il passo.
Non so quanto camminiamo. Mi sembra un'eternità ma so che è solo il dolore bruciante a farmela sembrare tale.

Appena scorgo i tetti delle fattorie mi sento sollevata.

Sono a casa.

Allungo il passo, ignorando le fitte di dolore che mi trapassano ad ogni movimento, e con me anche i miei amici. Attraversiamo i campi e i frutteti e quando arriviamo davanti all'edificio principale si sta già facendo l'alba.

Busso all'enorme portone. Più volte.

Quando finalmente si apre vedo Johanna Reyes, la rappresentante dei Pacifici, assonnata ma all'erta.
«Aimeen?» chiede mettendomi a fuoco.
Annuisco. «Johanna, siamo cinque Intrepidi. Abbiamo bisogno di aiuto, e spero che tu e la tua fazione possiate darcelo».

«Sei pallida, stai bene?» la donna che conosco fin troppo bene mi osserva turbata.
«Ha una pallottola in pancia, quindi mi sa che no, non sta bene» il tono di Uriah è brusco.
Johanna sbarra gli occhi, ci fissa uno a uno e poi spalanca il portone «Entrate».

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