In una gabbia di vetro acrilico, sospesa per aria, in una stanza illuminata totalmente da faretti ad arco, posti sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto. La loro alta luminosità impedisce alle ombre di poggiarsi su quella gabbia bianca.
I loro fasci di luce si scontrano tra loro. Questi, illuminano da ogni angolazione qualcosa che se ne sta rannicchiato nell'angolo, freddo e bianco di quella gabbia.
Una piccola figura umanoide, simile ad un bambino, composta e formata unicamente da una sostanza oscura, simile al fumo, denso e ancor più nero.
Immobile, come appiccicata ma distaccata dalla parete illuminata. La sua sostanza sembra temere quel tocco luminoso, quasi ad allontanarsi per quel che può dal suo contato.
Potrebbe sembrare un accumulo di ombre cacciate, immobilizzate e compresse in quel piccolo angolo. Anche se, dopotutto è così.
Un ammasso di ombre pullulanti, che vive e agisce per istinto...o per fame?-sono Jefferson, abbiamo eliminato tutti gli SCP-019-2 emersi dalla bocca del vaso. Manifestazioni?- la voce di un uomo rimbomba nelle casse, presenti nella camera di controllo e collegate alla stanza di contenimento.
Un enorme vaso di ceramica, di stile e decorazioni greche, è collocato in un ampio braciere posto al centro della stanza. Delle fiamme bruciano e volteggiano ancora nell'aria divenuta calda...troppo per quegli esseri.
-ottimo lavoro soldato- inizia a parlare un uomo vestito di bianco
-non dovrebbero verificarsi altre manifestazioni, potete tranquillamente rientrare- seduto davanti alla vetrata, osserva attentamente ogni singolo brandello di carne, rimasta a terra, che ancora brucia e si decompone davanti ai loro occhi.
-ricevuto- risponde vigile l'uomo, armato di lanciafiamme.
Qualcuno bussa monotono alla porta, facendo innervosire l'uomo in camice, che nel frattempo aveva iniziato a scrivere qualche appunto sul suo libro di note.
-avanti...- dice tra i denti, sapendo a chi ha dato il permesso di aprire la porta.
-Dottor Light, il comandate S1 ha richiesto un resoconto di ciò che è accaduto poco fa- un uomo vestito come altri, con una medaglia argentea sul petto, precisamente sotto al cuore, attende una risposta dalle spalle curve e la testa china dell'uomo che gli sta davanti, ripiegato sulla sedia.
-per resoconto, intendeva dire un rapporto, 'n è vero?!- dice nervoso e frustrato, da mesi ormai viveva la stessa giornata.
Le settimane sembravano per lui ripetersi come in un lunghissimo loop temporale...uno strazio per la sua mente. Rimaneva con gli occhi incollati ai monitor e al vetro a specchio che si affacciava sulla stanza, di quel maledetto vaso dei mostri. Era così che lo chiamavano lui e il compagno di routine, il Dottor Vaux.
Potevano sembrare fratelli loro due, in fondo glielo ripetevano spesso. Tutti e due dal carattere scontroso, ombroso...tutti li nominavano i Dottor Burberi.
Al solo pensiero, le vecchie rughe d'espressione sulla sua fronte si scontrano nuovamente, con forza oscurano gli occhi dalle opache iridi verdi.
-dopo quattro mesi, non si è ancora stancato di leggere e rileggere sempre le stesse identiche parole?! Tanto, anche se gli consegnassi lo stesso foglio della volta scorsa, non se ne accorgerebbe nemmeno!-urla al soldato che, indifferente e abituato, se ne sta sulla soglia ad attendere la calma del suo animo.Si sente una porta sbattere, passi leggeri percorrono il corridoio per poi bloccarsi bruscamente alla porta in metallo. Un uomo in completo grigio attende il bussare del suo segretario, con l'orecchio teso e pronto a rispondere.
Un suono metallico, debole. L'uomo, con alzata del capo, sussurra un consenso senza distogliere lo sguardo dalle carte che sfoglia nelle sue mani.
Un mingherlino, dalla pelle pallida e dagli occhi tremanti, apre e richiude lentamente la porta alle sue spalle. Con attenzione cerca di fare il meno rumore possibile.
Rimettendosi con l'indice gli occhiali sul solco del naso, inizia a balbettare qualcosa che sfugge alle orecchie del comandante. Anche se si aspettava già una notizia...un'altra notizia simile.
-è morto un parente del soldato di guardia all'SCP-023- precede le sue parole, che vengono immediatamente respinte e ingurgitate nella gola dell'ometto. Alzando gli occhi vividi, osserva con gusto l'espressione stupita e sottomessa del segretario, che tremando regge con forza nel braccio il suo solito registro.
Un'aura scura e freddamente pesante si abbatte sulla pelle pallida e umida del ragazzo, congelato davanti ai movimenti sciolti del comandate.
Mentre firma e annota i suoi soliti rimproveri e provvedimenti sui documenti, si lascia sfuggire dalle labbra un pensiero acido -dovrei fare le mie condoglianze a quel povero uomo...ma perché? Dopotutto il suo lavoro include incidenti come questi. L'avevamo avvertito di tutto ciò...chissà se si ricorda d'aver guardato negli occhi quella bestia!- ride avaro ad uno dei suoi commenti fuori luogo, pungenti come sempre.
Il rosso mingherlino abbassa lo sguardo, dispiaciuto d'aver ascoltato tale cattiveria.
-non è così, Jacki?- provoca con sorriso contorto l'animo del calmo e fragile ometto, soprannominato Jacki...un nomignolo totalmente diverso dal suo nome reale.
A quelle parole acute, che si impiantano come aghi nei suoi pensieri, sobbalza sul posto e ritorna a fissare a stento la larga e muscolosa figura che gli sta dinanzi.
-s-si signore- balbetta, pur essendo contrario a ciò che la sua lingua è ormai abituata e forzata a dire.
Retrocede lentamente di due passi, cercando di raggiungere l'entrata dell'ufficio, senza che il lupo se ne accorga.
-fammi un piacere...portami del caffè freddo- ordina annoiato, mentre torna a fissare le strisce di inchiostro sui fogli bianchi.
Appena richiude dietro di se la porta il ragazzo, immaginando il gusto orrendo del caffè freddo della macchinetta, abbassa il volto nascondendo una smorfia di puro disgusto.Cerca di fermarsi, di tenere a freno quella strana sensazione...vuole indossarla a tutti i costi.
Dei suoi compagni cercano di tenerlo a freno, evitando il contatto visivo e dando le spalle alla teca di vetro. Lo tengono per le braccia e tentano di farlo retrocedere, non aveva mai sentito il suo corpo così pesante prima d'ora.
Come gli avevano raccontato, non si può nulla davanti a quella cosa. Quella maschera di porcellana bianca, dall'espressione mutabile, contenuta in una custodia di vetro sigillata ermeticamente.
Era entrato con il personale di controllo, passate ormai due settimane dovevano cambiare il contenitore. Quel liquido viscoso che gocciola costantemente dai fori della bocca e degli occhi. Qualsiasi cosa venga a contatto con quella sostanza si putrefarà lentamente, finché non sarà completamente sciolta, questo perché è altamente corrosiva. Ma il vetro sembra reagire più lentamente ai suoi effetti, ecco perché fu fatta costruire quell'apposita teca.
L'avevano avvertito di non guardarla, o per lo meno di rimanere a debita distanza, ma qualcosa...aveva sentito un sussurro.
Lei voleva che si voltasse.
Come un ordine, si era sentito controllato esternamente...si era girato, i suoi occhi trapassarono i suoi fori.
Aveva notato uno strano sguardo negli occhi dello psicologo, troppo tardi per capire cosa volessero dire.
L'aveva sentita pure lui...la voce della maschera.-portatela immediatamente fuori di lì!- urla al microfono, guardando con occhi spalancati oltre il vetro divisorio. C'è così tanto sangue, temeva più alla vita di quella donna e del suo feto, come sempre in quelle situazioni la nausea non lo stendeva. Come se fosse obbligato ad assistere, a guardare due vite spezzarsi...mentre quel dannato manichino giapponese se ne stava a terra, con quell'espressione indifferente ma presente. Era lei che provocava, in un primo momento crampi all'addome, poi un'emorragia interna che portava all'aborto spontaneo nelle successive ore.
L'espressione di dolore della donna, sapeva che anche quel suo volto si sarebbe aggiunto alle altre, nelle sue notti di incubi...Dio solo sa quale fu la sua ultima notte tranquilla.
Mentre teneva d'occhio il finto feto, accanto alla femmina asiatica d'avorio, vedeva i medici trasportare su una barella il corpo piegato in due della donna.
Tutto quel sangue, che gocciolava giù dalle sue gambe...se lo sentiva fra le mani.
"È colpa tua...è morta anche lei per colpa tua" si ripeteva fra le labbra, intrecciandosi le dita fra i capelli umidi di sudore. Anche quella donna l'avrebbe perseguitato come tutte le altre...inclusa la piccola vita che cresceva ed è morta nel suo grembo.
-riponete il feto d'avorio nell'addome di SCP-051...-Conservata nella sua scatola di legno, chiusa a feltro, il pennino tappato e tutti i disegni o scritti appartenetegli controllati ed analizzati dal comando di ricerca. Potrebbe sembrarvi una semplice penna stilografica, prodotta dalla società tedesca Pelikan tra la prima e la seconda guerra mondiale, di colore verde chiaro con una sola linea rossa che punta verso il basso sul fianco. Struttura di quercia e pennino tagliente, in grado di tagliare la pelle umana con poca pressione. Sembrerebbe mancarle il serbatoio, ma il pennino non è mai a corto di inchiostro ferro gallico, adatto agli artisti, che normalmente corrode le penne stilografiche.
Qualsiasi soggetto che la impugna, perde ogni autonomia della mano e del braccio che l'afferra. L'arto, al di sotto del gomito, viene controllato da forze sconosciute.
La vostra mano comincerà a scrivere una dettagliata biografia della vostra persona, potrebbe scrivere un evento che è accaduto nel corso della vostra vita, fino a farvi riprovare le emozioni e gli avvenimenti accaduti...risentire il dolore e la paura, la gioia e l'euforia. Come risentire il sangue nella vostra bocca, o quel coltello che vi aveva trafitto le carni.
Altri soggetti sono noti per aver creato opere d'arte complesse, seppur privi di qualsiasi formazione artistica.
Dopo ciò, riuscirete solo a dire di aver ceduto liberamente il controllo della vostra appendice alla penna, così che possa completare il lavoro senza impedimenti. Proverete empatia, ammirazione e cooperazione verso di lei , che vi costringerà ad una volontà che non vi appartiene.
Cosa scriverete, il vostro passato...o il volto del vostro assassino?Una sola presa di corrente.
È vietato costruire dormitori nel raggio di 500m, dalla stanza di contenimento.
Non deve essere privata di corrente, in nessun caso.
Nel caso di una manifestazione, 35 uomini sono tenuti a schierarsi all'esterno della camera. Attuare la Procedura-99-Renmar, se dovesse diventare ostile.
Una semplice abat-jour da bambini a forma di stella, non presenta alcun marchio di fabbrica.
Se privata di corrente, ogni soggetto entrerà nel sonno REM, rimarranno in uno stato comatoso finché non le verrà ridata elettricità.
Figure umanoidi composte da una massa nera e traslucida, appariranno nelle ombre di ogni soggetto. Ognuno senziente ed intelligente, aventi abilità fisiche corrispondenti a quelle del soggetto affetto. Cercheranno, troveranno e prenderanno più umani possibili per esporli all'effetto dell'abat-jour. Raduneranno ogni materiale utile per dormire.
Nel buio assoluto, che si espande a vista d'occhio...sognerete ancora, se la luce sarà spenta?
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Don't forget my eyes
HorrorUna ragazza alla ricerca della sua infanzia, una città fantasma, una foresta e incontri con persone fuori dal normale che la porteranno a cambiare per sempre, trovando una parte oscura in lei. Un passato orribile che non la fermerà dal guardare al f...