Io mi ricorderò di te. |MetaMoro|🥀

Capitolo 16. ("Buon viaggio")

Si dice che 'C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo',
fino ad ora Ermal ricordava e basta questa frase non prima di averla davvero messa in pratica.
Quella pioggia che scende veloce, impetuosa contro i vetri, quasi violenta, è il ritratto perfetto delle lacrime sulle sue guance che non riesce, in qualche modo, a fermare.

'Basta, basta' ripete a sé stesso, a denti stretti, mentre con le mani chiuse in due pugni stropiccia gli occhi bagnati, ma non cambia nulla.
Il suo corpo è scosso dai singhiozzi che la lettura di quel pezzo di carta gli ha provocato, la sua mente è un contenitore enorme di domande, ma il suo cuore ha bisogno dell'unica persona che potrebbe fermare quelle lacrime, la stessa che sembra causargli così tanto dolore.

-F-fabri.. F-Fabrizio..-
Ripete quel nome come un mantra da tempo ormai, tra le lacrime, sospiri e il corpo che trema. Lo ripete come fosse un calmante, cercando di compensare l'assenza fisica con quelle lettere a vuoto.
Porta una mano al petto quando il dolore diventa troppo forte da far precipitare l'aria distintamente dai polmoni, non riuscendo a prendere fiato. Ma Ermal, nonostante questo, non smette di respirare provando a ricordare, stringendosi in quella giacca come fosse una persona.

-Ermal?- sente una voce chiamarlo accompagnato dal bussare incessante contro il legno della porta del suo appartamento.

Ermal si alza da terra, ancora traballante, fino all'ultimo momento in cui va ad aprire la porta spera di incontrare lui davanti a quella porta, che è venuto a prenderlo, a portarlo via, a dirgli che è tutto così sbagliato, ma che un modo per uscirne lo troverà e poi la porta si apre, ma..
Ma non è Fabrizio quello che Ermal si trova davanti.

-Ermal, finalmente! Dobbiamo andare, l'aereo non aspetta noi. Ma che hai?-

L'espressione di Steve cambia del tutto quando nota il volto ancora bagnato di Ermal, impossibile da nascondere e gli occhi semiaperti perché troppo gonfi e rossi di pianto.
Gli si avvicina afferrandolo per i fianchi e stringendolo tra le sue dita.

-F-forse non dovrei venire a Londra, con te.- dice Ermal, dopo un po', allontanandosi da Steve e dalla sua presa, portando le braccia conserte al petto e con lo sguardo ancora rivolto alla pioggia incessante fuori.

-C-cosa?- pigola Steve, cercando di nuovo di avvicinarsi ma fermandosi di colpo nel notare lo sguardo freddo di Ermal.

-Forse non dovrei venire a Londra con te, forse non dovrei proprio stare più con te e basta.-
Risponde, più deciso e convinto della prima volta, Ermal non smettendo di guardarlo con indifferenza.

-Allora cosa? Vuoi lasciarmi?- domanda senza mezzi termini Steve, accettando il suo sguardo di sfida.

-Mi sembrava di non essere mai stato consultato sulla questione 'fidanzamento' - Ermal alza il tono della voce e la imposta di più sull'ultima parola accentuandola con il gesto di entrambe le mani alzate, arricciando l'indice e il medio come a voler mimare delle grosse virgolette -
Avevamo sempre detto di avere una relazione libera, senza troppi legami, ma poi tu mi presenti come il tuo fidanzato davanti a tutti i tuoi parenti.-

Ermal non è arrabbiato, anzi.
Continua quel discorso e butta giù e in faccia a Steve quello che per troppo tempo è stato occupato a tener dentro godendosi la sua espressione confusa, perché non abituarlo a vederlo diverso dal bravo cucciolo che ha sempre conosciuto. Continua quel discorso aspirando a tratti dalla sigaretta che ha acceso, camminando su e giù per il salotto.

-Che più? Ah, si! Mi hai mentito spudoratamente sulla mia memoria, pensando di farlo per il mio bene e invece io ho continuato a vivere come un disco rotto. Sei stato anche violento con me e io odio la violenza, ma sono stato troppo clemente da passarci sopra e accettare il tuo invito a Londra, rifiutando di restare qui e rifiutando ai MIEI ricordi.-