Cap.26 ("Sangue nelle vene")

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"A chi lotta a pugni chiusi
contro un muro di cemento
ed è convinto che insistendo
prima o poi cadrà."

Scioccato dalle brutte condizioni di Fabrizio, una volta essere entrato nella stanza, l'agente Leo si avvicina a lui e aiuta la piccola a rialzarsi, portandola in braccio al collega affianco.
Poi prende il telefono e compone veloce il numero del pronto soccorso, al primo squillo si sente sollevato e allo stesso tempo in ansia, appena ascolta la risposta non esita ad avanzare la richiesta.

-Sono l'agente Vittorio Leo del Commissariato di polizia di Roma, serve un'ambulanza in via dei Condotti e subito, un ragazzo perde molto sangue!-

Per un attimo nel vederlo in quello stato e ascoltando i suoi gemiti, l'agente ha paura di essere arrivato troppo tardi, ma non si arrende e continua ad incoraggiarlo fino all'ultimo.
Gli poggia una mano sulla spalla e leggeri schiaffetti sulla guancia per cercare di tenerlo sveglio, almeno fuori dallo stato di incoscienza.

-Fabrizio! Mi senti? Non devi muoverti, sta arrivando l'ambulanza.-

E Fabrizio non capisce cosa sta dicendo, a stento riesce a riconoscere la persona che gli sta parlando, ma non gli arrivano le parole. Ha solo tanta voglia di dormire e riposarsi un po', perché continuano a chiamarlo?

E anche volendo, non riesce proprio a muoversi. Resta fermo nel punto esatto in cui ha sbattuto la testa, non prima che due mani delicate cominciano ad accarezzargli il volto, quelle le sente così bene.

"A chi sa che domani
è un altro giorno
e vivere potrà
A chi ha ancora
un po'di sangue nelle vene
e vive."

All'ennesimo sparo ho chiuso gli occhi stringendoli con forza, con il timore di non riuscire più ad aprirli.
E ho iniziato a tremare nello stesso istante in cui ho realizzato ciò che era successo attorno a me.

Steve è a terra, è svenuto ed è stato colpito alla spalla, mentre due agenti di polizia affianco a lui gli stanno bloccando i polsi con un paio di manette.
Lui ha ripreso conoscenza un po' di tempo dopo e per quel che ha potuto ha cominciato a dimenarsi dalla loro presa e ha continuato ad urlare di amarmi, con occhi vuoti e pieni soltanto di odio e pazzia.
Ho chiuso di nuovo gli occhi nel sentire di nuovo il suono di quella voce che,
mentre si allontana, inizio già a sentire solo come un brutto incubo da cui voglio svegliarmi.

Poi, ancora con gli occhi chiusi e il corpo tremolante, sento qualcuno avvicinarsi e posarmi due mani sulle spalle.
Riconosco il tocco amichevole e quando alzo le palpebre, gli occhi bruciano e iniziano a riempirsi di lacrime, così calde e piene di dolore.
All'interno della gola si forma un nodo così stretto, impossibile da deglutire e ormai le lacrime hanno rigato il mio volto e io sto piangendo incontrollato davanti ad un paio di occhi azzurri e un sorriso familiare.

Improvvisamente mi abbraccia forte e mi slega i polsi dallo spago, non mi curo del bruciore che sento e ricambio più forte il suo abbraccio, singhiozziando disperatamente.

-Fran-ce.. Sei vi-vo..-

-Te pare che me facevo ammazzà da quel figlio de' papà?-

In quell'abbraccio che continua riesco solo a dirgli un 'grazie' a voce bassa e interrotta dai singhiozzi, mentre le sue mani continuano a carezzarmi la testa.

Per un momento tutto sembra così calmo e mi sento come se niente e nessuno potesse farci ancora del male, poi il mio sguardo cade su di lui e inevitabilmente mi trovo costretto a sciogliere quell'abbraccio per raggiungerlo.

Io mi ricorderò di te. |MetaMoro|🥀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora