Capitolo 17. ("Potremmo ritornare")

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"Perdonare presuppone odiarti
ma se dicessi che non so il perché
dovrei mentirti.
E tu lo sai che io con le bugie
Mi manchi veramente
troppo troppo troppo ancora.."

Ho avuto un incubo.
Ho aperto gli occhi di scatto portandomi a sedere sul letto, con il fiato corto e la fronte imperlata di sudore.
Ho sognato mia madre che mi abbandonava,
mio nonno che mi ripeteva quanto l'avessi deluso, i miei mostri che avevano di nuovo la meglio su di me e che mi toglievano tutto, amici, carriera, sogni e anche la mia Anita.
Le sue urla strazianti mi hanno riportato alla realtà con gli occhi lucidi e pieni di lacrime, ormai mi capita spesso di piangere mentre dormo.

Svegliandomi ho guardato fuori dalla finestra e il tempo non fa altro che peggiorare il mio umore, le foglie si muovono in disordine per quel forte vento e ormai la pioggia a Roma sembra non voler più andar via. Sono già due giorni che passo le mie giornate in questo modo, tra letto, cucina, divano e ore intense a scrutare fuori alla finestra, a volte non mi va nemmeno di alzarmi per usare il bagno per una doccia.

Guardo l'orario e inevitabilmente non posso fare a meno di dedicargli un altro dei tanti pensieri, dopo le tante lacrime che ho già mandato giù insieme alle birre.
Forse sarà già partito, sarà già lontano da me, sarà in quell'aereo che lo catapulterà in una nuova vita, dove io non ne farò parte perché non ho fatto nulla per impedirlo, anzi gli ho urlato contro di andare via.
Ho allontanato il mio migliore amico scomparendo per giorni interi, ignorando le sue chiamate e mia figlia.
La mia bambina dovrebbe odiarmi per come mi comporto, invece è stata ogni istante affianco a me a carezzarmi la barba e i capelli e canticchiando di tanto in tanto, proprio come avrei fatto io con lei.

Ripenso ai miei comportamenti negli ultimi giorni e vorrei soltanto scomparire.
Sento di star sbagliando in tutto e non trovare soluzioni.
Cosa mi resta, oltre alle lacrime?
Ormai tutto mi scivola via dalle mani così facilmente.
Svegliandomi mi sono reso conto che l'unica cosa che mi farebbe stare meglio è un suo abbraccio, uno come quelli che mi ha sempre dato, in cui mi stringeva forte quando mi vedeva giù di morale e mi baciava, ripetendomi che sarebbe andato tutto bene, che c'era lui con me.
E adesso dove sei?

Poi, mentre sto per accendere un'altra delle ennesime sigarette, il campanello suona accompagnato dal bussare continuo sul legno della porta. Non posso fare a meno di chiedermi chi sia a quest'ora considerando che Mirko non tornerà con Anita prima di stasera, non ho ordinato niente da mangiare e dubito sia Francesco.
Mi alzo, comunque, scocciato grattandomi la testa e cercando di assumere un'aria un po' più sveglia, poi quando apro la porta l'accendino che avevo ancora in mano cade a terra, vicino ai miei piedi.
Mi ritrovo lui completamente bagnato con i ricci schiacciati in faccia, l'affanno e il volto pieno di lacrime mischiate alle gocce di pioggia sul pianerottolo del mio appartamento. Devo mantenermi al mobile affianco alla porta per non perdere l'equilibrio a quella visione.

"Ho passato tutto il giorno a ricordarti
nella canzone che però non ascoltasti.
Tanto lo so che con nessuno avrai più
riso e pianto come con me
e lo so io ma anche te."

-Tu sei il mio tormento!-
urla stringendo ciocche di capelli con una mano e con l'altra mi punta l'indice al petto.

Sono confuso, lo guardo piangere davanti alla mia porta incolpandomi di non so, ancora, cosa e inevitabilmente lancio un altro sguardo all'orologio, sono le quattro del pomeriggio e fuori c'è una tempesta, si può dire, lui che ci fa a casa mia e non in un aereo?

Io mi ricorderò di te. |MetaMoro|🥀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora