9.

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"Come.. Come stai?"

Guardo il negozio di frutta e verdura dove la mamma compra le sue pesche biologiche correre via dietro il finestrino. Il signor Menghi sta sciacquando il finocchietto selvatico con il tubo dell'acqua.

"Bea." -sento la sua mano vicina, ma ancora non riesce a toccarmi- "Ehi."

Che c'è, amò, c'hai paura?
N'c'hai mai avuto paura de sfioramme.

"Il come stai è una domanda stupida adesso, non trovi?"

Sbuffo e incrocio le braccia, così la cinta mi si fa ancora più stretta sull'addome, tagliandomi di netto il respiro.

Il CD che ho infilato nell'autoradio nemmeno una settimana fa mi ricorda quanto il destino si diverta a prenderci per il culo. Non appena Damiano ascolta Roberto cantare le prime parole, spegne il dispositivo con un pugno scocciato.

N'te li metterai più gli occhiali da sole, Dem?

Lui non accenna un'altra mossa di riconciliazione, una parola di conforto o un ulteriore cenno di interesse, guidando fino a casa con il piede pesante, e io capisco d'averlo ferito. Lo capisco quando lo seguo scendere dalla macchina e raggiungere il pianerottolo. Questa volta non si guarda indietro, come ha fatto ogni giorno della nostra vita insieme, per accertarsi che lo stessi seguendo o che non avessi qualche stupido problema con i tacchi.

Fermate, amò.
Fermate 'n attimo e ragiona.

Gli prendo le mani mentre traffica con le chiavi nella serratura, incapace di girarle nel modo corretto, e non appena le sento tremare nelle mie, tradendo un certo nervosismo, ci poggio le labbra sopra.

Damiano scuote la testa e me le strappa da sotto la bocca.

"Non sto bene, Dem."

Lui s'arresta in mezzo al salone con un palmo sullo schienale del divano e l'altro chiuso in un pugno, stringendo le chiavi per poi lanciarle sopra il tavolo.

"Come pensi che posso stá io invece, mh?" mi sgrida alzando la voce.

"Ho solo.. Ma perché cazzo me l'hai chiesto allora?"

Si gira, alzando un indice per consigliarmi di non usare più quel tono accusatorio, e fa un solo passo verso di me.

"Me preoccupo per te. L'ho sempre fatto."

"Non puntarmi il dito contro." -lo avviso di rimando- "Non ho fatto niente di male."

Damiano si gratta il mento mentre ride amaramente, poggiando la mano libera sul fianco.

"Sembra che tu me ritieni responsabile pe' sta faccenda der cazzo."

"Non ho mai detto questo."

"Lo pensi?"

Mi studia con gli occhi e posa le mani sui fianchi, spostando il peso su entrambe le gambe e scaricandolo sulle spalle, che pur di non mostrare la frustrazione si tendono contro ogni forza. I capelli gli ricadono sulle guance, muovendosi sotto effetto del vento che entra dalla portafinestra.

Quanto sei bello, amò.
Anche quanno litigamo e dici le stronzate solo pe' paura che siano vere.

"Non è colpa tua, Dem, e non penso affatto che scaricarti merda addosso possa servire a qualcosa."

I suoi occhi si fanno più vicini, anche se lui indietreggia di qualche centimetro.

"Ma?"

"Ma non posso biasimare mio padre."

un bacio al tabacco 2. | MåneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora