14.

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Ho sempre creduto che traguardi e fini fossero due concetti a sé. I primi esistono per essere superati, gli altri per essere raggiunti. É un po' come parlare di desiderio e bisogno: entrambi ci spingono a sentire la mancanza di qualcosa, la quale, una volta colmata, puó uscire dai nostri pensieri - é il caso del desiderio - o ritornarvi con ancora più insistenza, come se non ne avessimo mai abbastanza.
Ecco, credo che i traguardi siano nient'altro che bisogni, esperienze che creano dipendenza nella loro capacità di renderci potenti e soddisfatti di noi stessi. Quando si abbatte un traguardo, si pensa subito al prossimo e cosí per tutta la durata di una vita.

I fini, invece.. Beh, i fini sono i nostri desideri. Sono quegli obiettivi a cui puntiamo da quando ci hanno messo al mondo e che al solo pensiero di vederli realizzati ci fan venire la pelle d'oca. Raggiungerne anche solo uno puó appagarci per il resto dei nostri giorni, senza farci avvertire la necessità di nuovi scopi per vivere.

Fino a poco tempo fa credevo di aver raggiunto il mio fine ultimo. Damiano mi scaldava il cuore senza farmi avvertire la mancanza di qualcosa di altro, di superfluo, che non valesse un terzo dei suoi piedi caldi stampati sulla pelle sotto le lenzuola o di quando cercava le mie dita sopra la tovaglia. Accanto a lui avevo capito di essere felice e che aspetto avesse la felicità che sembrava non esaurire mai.

Sono passati più di due mesi ora e mi rendo conto che anche lui, come un paio di scarpe nuove o un quadro che non riesco a togliermi dalla testa, é destinato ad essere lasciato indietro. Damiano, ormai, é un traguardo superato e io devo pensare al prossimo.

Mentre spremo del limone sul té, penso all'ultima volta in cui mi ha abbracciato stretta da dietro, unendo i pollici sul mio ombelico e dondolandomi davanti lo specchio con le labbra premute contro l'orecchio. Mi aveva detto che avremmo potuto invecchiarci lí davanti, ma che i suoi occhi sarebbero rimasti gli stessi, almeno finché avrebbero potuto guardarmi.

"Vuoi?"

Angelica alza la testa dal foglio A4 su cui sta buttando giú uno schizzo e studia il limone che goccia sulla mia mano, annuendo prima di strapparmi la tazza dalle dita.

"É molto bello, Angy." le dico, indicando un paio di occhi che stanno prendendo vita.

"Non so." -farfuglia, guardandolo da più angoli- "Non mi convince. Sembrano.."

La osservo mentre si contorce sulla sedia, spinta dal disagio a sorseggiare il té così caldo da ustionarle la lingua. Con gli occhi evita il foglio e io, guardandolo, capisco subito il perché.

"Sembrano la brutta copia di quelli di Damiano."

Angelica posa la tazza sul tavolo, squadrandomi in silenzio con uno strano senso di colpa nello sguardo mentre mi siedo accanto a lei.

"Mi dispiace, Bea."

"Non devi." -le dico stringendole la mano- "É acqua passata."

Angelica storce la bocca e sistema la treccia dietro la schiena, pronta a lasciare andare un peso dallo stomaco.

"É venuto a cercarmi." -riformula- "In realtà, é venuto a cercare te."

M'aveva trovato, Angé.
N'c'era bisogno de venimme a cercá.
M'aveva trovato ancora prima d'avemme perso, ma ha deciso de buttá via tutto pe' na scopata.

un bacio al tabacco 2. | MåneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora