17.

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Faccio passare le dita tra i capelli setosi, incapace di ricordare che effetto ha sentirli solleticare le spalle. Angelica stappa la sua lattina di Coca Cola con un cloc confortevole e mi affianca dopo aver sorpassato l'ingresso dell'Accademia. L'aria é fredda e stuzzica la pelle in modo fastidioso, ma il sole ci rischiara la punta del naso come se ci trovassimo a primavera.

"Ne vuoi un po'?"

Mentre scuoto la testa, noto che sta sorridendo sopra la sciarpa di seta bordeaux.

"Che c'é?"

"Niente." -fa con un'alzata di spalle- "Sono solo felice di vederti cosí."

"Cosí come?"

Angelica manda giù un altro sorso con le labbra che le tremano dal freddo e io ne approfitto per tirare fuori una sigaretta dalla borsa.

"Non lo so. So solo che ti stanno bene quei capelli." -ammette, strofinandosi le mani- "E che mi piace vederti sorridere. Sai, dopo.."

Non finisce la frase e io, inizialmente, evito di farle credere di sapere cosa volesse dirmi. Poi, pensandoci bene, una volta che ha terminato di gustarsi la sua Coca, le dimostro d'essere cambiata.

"Dopo che mi facevo di Diazepam?"

Ad Angelica va di traverso un po' di bevanda zuccherata e io mi lascio scappare un sorriso.

"É la verità." -dico in tono calmo, prendendola sottobraccio- "E lo so che é angosciante discutere di medicine, e cuori infranti, e vita che se ne va, ma.. Devo affrontare i problemi, Angy, e parlarne con un sorriso tra le labbra, almeno quando sono volati via, mi fa stare meglio."

Congiungo le palpebre come si fa con la zip di una felpa quando si ha freddo, godendo del calore del sole che mi riscalda le gote gelate: Dicembre non é da tutti.

Ma io lo so, Angé.
Anche se c'ho l'occhi chiusi, ci'o so che me stai a guardá male.
E che non riuscirai a trattenette tra tre, due, uno..

"É davvero volato via?"

Scuoto le spalle, giustificandola per aver avuto almeno la decenza di non nominare il suo nome.

"So che é una cosa stupida, ma.. Lo sento evaporare dalla pelle ogni giorno che mi sveglio e non lo trovo lí con me."

E forse ci credo davvero a quello che dico, ma non riesco a spiegare perché mi viene voglia di piangere e urlare ad Angelica di smettere di guardarmi come se fossi un coccio di vetro frantumato e incollato pezzo per pezzo col vinavil. Cosí tengo gli occhi chiusi, immaginando il sole che si alza sopra l'ateneo e mi pizzica la punta del naso come faceva mio padre da bambina, quando avevo ancora le lentiggini perenni.

Ora só na donna, Mike.
E tu, n'poi facce niente.
Voi vede come me rovino la vita, dad?

"Bea.. Bea.."

Angelica si mangia le lettere con i denti pigiati gli uni contro gli altri, mugugnando come un cane che latra mente mi tira la manica. La strattono chiedendole di smettere, finché la sua insistenza trova una spiegazione non appena apro gli occhi.

Bam.
Corpo ar core.

Mi sorride con gli occhi stretti a due fessure, mostrando i denti sbianchiti che gli si sono storti un po'. I capelli fuoriescono ovunque dal berretto che gli copre la fronte,
nascondendo i suoi occhi sinceramente emozionati, mentre il naso s'arrossa dal freddo.

"Ciao."

Infila le mani nelle tasche del giaccone imbottito che lo ingigantisce ancora di più e stringe le spalle come faceva anche allora, quando mi guardava in quel modo che mi faceva sentire unica. Una nuvola di vapore gli scappa di bocca mentre sorride imbarazzato, finché mi decido a dire grazie al destino.

un bacio al tabacco 2. | MåneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora