4. Alice

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Una ciocca di capelli sfugge dall'elastico per sussurrarmi qualcosa all'orecchio. É come se mi dicesse gira il collo, Cice, non sprecare anche quest'ultima occasione.

Ed è così, che dopo tre anni e mezzo, lo vedo di nuovo.

Ha i capelli più lunghi, decisamente più curati, che arrivano a toccargli le spalle abbronzate e aperte come se non avesse più paura di niente. La strana camicia a scacchi, evidenziandogli la carnagione, sembra costare più della borsa che mi ha regalato la zia lo scorso Natale, mentre i pantaloncini kaki paiono valere una decina di euro, con tutte quelle tasche laterali che li fanno somigliare a una tenuta da pescatore.

Poi ci sono le ciabatte, nuove di zecca ma giá sporche e consumate. Sono loro a ricordarmi il vecchio Damiano, quello che mi pregava di uscire alle 3 del mattino per mangiarci un kebab da Samir, nelle notti d'estate in cui i genitori ci lasciavano dormire insieme. All'inizio avevo saputo resistergli, ma col tempo era riuscito a divenire sempre più insistente. Così, mi costringeva a camminare per decine di minuti sotto le luci dei lampioni che andavano e venivano con un ronzio nervoso, interrotto solo dal suono viscido che facevano le sue ciabatte mentre strusciava i piedi svogliati sull'asfalto.

Una di quelle notti avremmo fatto l'amore per la prima volta.

"Ciao Ali." mugugna offrendomi una mano.

Il braccio teso svela un tatuaggio nuovo di fattura che faccio fatica a distinguere da terra, così accetto il suo invito e mi tiro su con un balzo. Mentre pulisco i jeans, osservo meglio quello che sembra essere un uomo frantumato nelle sue mille maschere.

E tu, Moschettiè, quante maschere c'hai?
Una pe'me, una pei giornalisti e una p'a ragazza tua?

"Ciao Mos."

Mos, come Moschettiere: quel periodo portava dei baffi davvero assurdi, ma lui ne andava fiero come un padre, così l'ho lasciato fare.

"Grazie per aver risposto al messaggio." -gli dico- "Non speravo che avessi tenuto il vecchio numero."

Damiano alza le spalle e distoglie lo sguardo solo per un istante, come se gli fosse impossibile non registrare ogni minimo cambiamento del mio viso.

Ero 'na bambina, Mos.
Ora sò cresciuta.

"Fa niente." -risponde con distacco- "Senti Alice, io.. Sto mettendo a rischio il mio rapporto, adesso, qui, co' te."

Gli brillano gli occhi in modo insolito: è come se fossero emozionati d'esser rispecchiati nei miei, ma non volessero darlo a vedere.

"Capisco."

"No." -m'interrompe, ritornando il Damiano focoso e tastardo che conoscevo- "Non capisci. Se la mia ragazza te vedesse di nuovo.." -scrolla la testa, grattandosi la fronte con lo sguardo a terra- "Sarei 'n omo finito."

Rido, non so perché, ma allargo le labbra impiastricciate di balsamo alla rosa e lascio fuggire una risata dai denti. Damiano mi guarda torvo, scuro avvolto nell'oscurità.

"Ce sta quarcosa de divertente n'quello ch'ho detto?"

Com'è, Mos, che Roma conta milioni de deficienti e tu sai parlá in un modo tutto tuo?

"No. È solo che n'sei mai stato così attento co'mme."

Lui tende le spalle, che lo raddrizzano come un chiodo piantato nel muro, e ingoia un po' di saliva che sa dell'esatezza accurata delle mie parole.

"Cosa vuoi, Alì?" ribatte spazientito, picchiando il piede a terra.

In questi mesi -o forse nell'ultimo anno-, da quando il fenomeno Måneskin è sbarcato anche all'estero, fino a qui, in Spagna, non ho fatto altro che sfogliare riviste e giornali con sopra il loro nome.

un bacio al tabacco 2. | MåneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora