Capitolo 4

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Continuo a fissare il disegno:le mani mi tremano e non so cosa fare. Valerio non ha mai visto questo disegno, mi crederebbe se glielo mostrassi?

Lo piego accuratamente e me lo metto in tasca. Domani glielo dirò. Dovrà credermi. Deve farlo.

Il mattino dopo, a colazione,Valerio ha riacquistato un po' di colore. Gli avvicino un toast con la mano e lui lo prende svogliatamente, però non sembra arrabbiato.

<<Ti ricordi quel giorno al mare con Lucrezia?>>

Smette di mangiare, ma non alzalo sguardo dal piatto e con le mani continua a giocare con le briciole.

<<Quando hai buttato il disegno?>>

<<Sì.>>

<<Quindi?>>

<<L'ho trovato, in uno di quei scatoloni.>>

<<Cosa?>>

<<Era.. ce l'ho.. e non so come sia possibile.>>

<<Voglio vederlo.>>

Non aspettavo altro che queste parole così mi fiondo al piano di sopra, sento il ciabattare di Valerio che mi segue sulle scale.

Apro la porta della nostra camera e vado dritta sulla sedia dove avevo lasciato i pantaloni piegati con dentro il disegno. Ma non ci sono più. Deglutisco esento lo stomaco contorcersi; li cerco affannosamente dappertutto, le lenzuola appena ripiegate cadono ai piedi di Valerio che mi guarda preoccupato. Dopo una buona mezz'ora mi accascio sul letto e mi prendo la testa tra le mani.

<<Dana, credo che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno. Uno psicologo. Stai diventando paranoica.>>

Detto questo si volta e torna disotto. Ma cosa diamine sta succedendo?


È passata una settimana da quando ho perso i pantaloni, sono andata anche nella lavanderia ad ore qui sotto chiedendo all'indiano che ci lavora se li aveva visti,ma lui mi ha risposto, con un inglese peggio del mio, che le cose che vengono lasciate qui lui le trattiene per un mese, quindi sicuramente non ci sono. Valerio non mi crede, ma posso biasimarlo? Non ha mai visto il disegno, ma anche se lo avesse visto non crede al fatto che sia sparito. Io però so che quel disegno c'era e c'erano anche i miei pantaloni. Inizio ad avere paura persino della mia stessa ombra,perchè significa che se davvero questi oggetti sono spariti, allora qualcuno è entrato in casa mia, in casa nostra. Decido di chiamare l'agente immobiliare, per fortuna è italiana.

<<Salve, volevo delle info sulla casa che ci ha affittato.>>

Tengo stretta la cornetta tra l'orecchio e la spalla, mentre spazzolo Mirror.

<<I vecchi proprietari avevano avuto problemi con ladri o roba simile?>>

<<No, signorina Dana.Perchè?>>

Glielo spiego, ma per lei è come se le avessi detto che ho appena vinto alla lotteria.

<<Oh, non è possibile entrare con facilità in quella casa. Certo per un ladro professionista sarebbe una passeggiata, ma la porta è blindata e comunque ve ne saresti certamente accorti. Ma hanno rubato qualcosa?>>

La domanda è lecita, ovvio.Come posso spiegarle che in realtà non hanno rubato nulla, ma bensì hanno lasciato qualcosa? Decido di evitare la domanda, facendo gliene una che mi viene in mente solo in quel momento.

<<Chi era il vecchio affittuario?>>

Sento un fruscio e poi la voce dell'agente immobiliare leggermente più bassa:<<Signorina Dana, non posso darle queste informazioni.>>

<<So che sono riservate,mi creda. Ma succedono cose strane qui a casa.>>

Scoppia a ridere:<<Non crederà mica ai fantasmi?>>

<<In effetti sì, ci credo. Ma qui non si tratta di questo. Il fatto è che ho l'impressione che qualcuno entra ed esca da casa mia.>>

<<Beh, le assicuro che la casa è sicurissima. Ora devo andare.>>

La linea cade ed io rimango immobile con i peli di Mirror che volano dappertutto.

Cerco disperatamente di contattare qualcun altro che possa darmi informazioni su quella casa o sul vecchio affittuario, ma non saprei proprio da dove cominciare.La persona che sta facendo questo, deve sapere per forza che io e Valerio siamo qui. Ma lo abbiamo detto solo alle nostre famiglie.

Scendo in strada a buttare la spazzatura, quando il camioncino dei gelati si ferma davanti al mio palazzo con la musichetta inquietante per attirare bambini. Mi guardo intorno, ma nessun minorenne corre a prendere un gelato. Rimango immobile a guardare il gelatone di plastica che volteggia sul tetto del camioncino finchè non riparte. Lo guardo svoltare l'angolo e solo quando riporto lo sguardo al palazzo di fronte, mi rendo conto che qualcuno mi sta osservando dalla finestra.



























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