Capitolo 21: piccoli problemi

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Kyle

Mi svegliai su un letto che non era il mio, vestita in una vestaglia ospedaliera bianca come le pareti della stanza

La stanza era vuota, e apparentemente anche i corridoi erano vuoti, iniziai a dimenarmi, non sapendo dove fossi e come ci fossi arrivata "Hey! C'è qualcuno che può sentirmi?!" Gridai, nel corridoio, sperando che qualcuno mi sentisse e venisse in mio soccorso

"C'è qualcuno?"

"Hey!" Urlai di nuovo, cercando di attirare l'attenzione di qualcuno, anche solo per un secondo

"Per favore, rispondete!"

Scesi dal letto ed inizia ad incamminarmi nel corridoio, irradiato da un'infinità di luci e pericolosamente lungo "c'è qualcuno? Mi accontenterei di chiunque, persino Natasha"

Ero disperata, non c'era nessuno. Era tutto completamente vuoto. Avevo il cuore che batteva a 200 al minuto quando finalmente qualcuno alla fine del corridoio infernale

"Hey! Sai dove ci troviamo" chiesi sorridendo, felice di aver trovato qualcuno in quell'edificio, e apparentemente era una donna, alta pressoché come me

Ma quando "lei" si girò per guardarmi vidi uno scenario a dir poco raccapricciante. Era cresciuta in altezza. Le sue gambe erano pericolosamente lunghe, e storte, con le ginocchia piegate all'indirizzo. Le sue braccia erano anch'esse sproporzionatamente lunghe, con delle mani provviste di artigli. I suoi capelli erano neri, e si muovevano in modo strano, come una fiammella nera, che andava verso l'alto. La sua faccia era... Vuota. Era sprovvista di faccia, non aveva neanche gli occhi

La vidi avvicinarsi a me, con movimenti lenti e decisi. Cercai di scappare tornando indietro, però il corridoio si era chiuso dietro me, rendendomi impossibile la fuga. Urlai a squarciagola. Con quel grido avrei fatto venire la pelle d'oca a chiunque.

 Con quel grido avrei fatto venire la pelle d'oca a chiunque

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Mi svegliai gridando, rintronata dall'incubo. Questa volta ero in un letto azzurrino, ed ero in pigiama. C'era qualcuno seduto vicino a me che cercava di rassicurarmi "Kylie, Kylie" e c'era solo una persona al mondo che aveva il diritto di chiamarmi Kylie. Era Fitz.

Spinsi la mia testa indietro, sul cuscino, respirando profondamente

Aprì gli occhi lentamente e mi guardai intorno. Fitz era so.lato del letto, con una mano sul mio braccio e l'altra sulla mia fronte "dove sono?"

"Sei in ospedale", mi rispose "come stai?"

"Non so, che giorno è?"

"È giovedì. Sei stata in coma per due giorni"

"In coma. Che ho fatto questa volta?"

"Hai tentato il suicidio" mi disse, girando il mio avambraccio destro, mostrando i tagli che mi ero auto inflitta

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