Capitolo Venticinque {Lewis}

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Domenica, 6 agosto 2018

📍LA, 🇺🇸

Mi guardai più volte allo specchio, cercando di convincere me stesso del fatto che sarebbe andato tutto bene quella sera. Infondo sarebbe stata solo una cena, no?

Erano passate da poco le 7 quando afferrai le chiavi della macchina ed uscii in tutta fretta dall'hotel.

Restai seduto nell'auto, davanti casa di Evelyn o almeno quella che era stata casa sua fino a qualche anno prima, per almeno 10 minuti.

Non so cosa mi fece aprire la portiera, e soprattutto suonare il campanello.

Non ero mai stato così nervoso in vita mia, mai.

Ma appena la vidi, bella e sorridente, davanti a me, tutto scomparve. L'ansia, il nervosismo, la paura. Era così con lei: quando la vedevo tutte le sensazioni negative andavano a farsi fottere.

C'era solo lei.

"Ancora buon compleanno." Lei mi guardò e mi sorrise. Il mio cuore si riscaldò e la baciai.

Fummo interrotti dal padre, che dopo essere rimasto a fissarci, si schiarì la gola.

Perfetto, già mi odia, pensai.

"Tu devi essere Lewis!" Vidi la donna bionda che era con Evelyn la sera in cui ci incontrammo al ristorante. "Io sono Kate." Si avvicinò a me con un sorriso e mi abbracciò.

Ricambiai la stretta, restando alquanto sorpreso dal gesto inaspettato, ma davvero rassicurante.

Almeno alla sua matrigna piaccio.

"Papà, lui è Lewis- mi indicò, passando poi a guardare me- Lewis, lui è mio padre."

L'uomo si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani e poi mi porse la mano destra. "Andrew, Andy per gli amici. Ma tu puoi chiamarmi sig. Brooke."

Dio, mi odia.

"Beh è un piacere conoscerla sig. Brooke. Devo farle i miei più sinceri complimenti per l'altra sera, so che è lei lo chef del Providence. E anche stasera vedo che si sta dando da fare." Gli sorrisi, cercando in tutti i modi di sembrare il più sincero e spontaneo possibile.

"Okay...mentre voi siete impegnati in cucina, io faccio fare un giro della casa al nostro ospite."

Grazie, mi hai salvato.

Evelyn mi prese la mano e mi guidò lungo il corridoio di fronte alla cucina.

Poi mi portò nella sua vecchia stanza, dove tutto era perfettamente in ordine e io mi ritrovai ad immaginare una piccola Evelyn che fa i compiti sulla scrivania di legno o che legge un libro distesa sull'enorme letto matrimoniale.

"Sono così felice che tu sia qui." Mi circondò il collo con le braccia e cercai di non impazzire per il buon profumo che aveva. Mi avvicinai di più, fino a che le nostre labbra non si incontrarono.

"Scusa se sono venuto in anticipo, forse anche troppo. È solo che ero talmente in ansia e preso dal nervosismo che non mi sono reso conto dell'ora e mi sono ritrovato ad aspettare in macchina." Le confessai.

Mi sentivo molto più a mio agio in quel momento di quanto mi fossi mai sentito con qualsiasi altra donna. Sentivo si poterle dire ogni cosa, perché lei avrebbe capito.

"Eri davvero così nervoso?" Mi chiese sorridendo. "Certo che si...voglio dire, è una cosa importante conoscere i genitori della tua fidanzata. Sbaglio o tuo padre mi odia?"

"Sbagli. Ti adora, si comporta così per non fartelo notare, ma mi ha chiesto spesso di te. Qualche giorno fa, prima che ci rivedessimo, mi ha detto che ci avrei dovuto provare con te.
Forse non gli stai simpaticissimo perché è un tifoso Ferrari,- rise. Questa non ci voleva- ma sono sicura del fatto che non ti odi, anzi ." Restai a bocca aperta, tanto che a un certo punto pensai Lewis chiudi la bocca, che entrano le mosche.

The interview||L.H.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora