Capitolo Quarantuno

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Lunedì, 8/01/2018

📍Londra, 🇬🇧

"Cara Evelyn,

spero tu legga attentamente queste righe perché quello che voglio dirti per me è davvero importante. So di chiederti tanto, so che probabilmente mi odi e che penserai che voglia intromettermi nella tua vita, ma non è così. Ho parlato con tuo fratello, mi ha detto che vi siete sentiti...mi ha detto anche che ora stai con qualcuno. Non so chi sia, ma spero che ti renda felice. Mi manchi, ogni giorno della mia vita. So di meritare questa sofferenza, sono stata io a causarla ma credimi, ci sono ragioni che non posso spiegarti e anche se lo facessi, tu non capiresti, nemmeno tuo padre capirebbe. Tante volte, in questi anni, ho avuto il desiderio di vedervi, la tentazione di chiamarvi, di contattarvi, era forte, ma ho resistito perché sapevo che se fossi tornata nelle vostre vite, voi mi avreste odiata di più. Io nemmeno volevo scriverti, non volevo disturbarti, ma tuo fratello ha insistito, mi ha quasi costretta a farlo, perché secondo lui hai il diritto di sapere cosa sta succedendo. Sono malata, Eve. I medici mi hanno detto che non c'è più nessuna speranza che questo brutto male vada via e ho accettato la sentenza, perché cos'altro avrei potuto fare? Non voglio che tu stia male per me, non ce n'è bisogno, ma sappi che ti sto dicendo queste cose non per farmi perdonare o per farti pietà, ma solo perché Tyler ha ragione...meriti di saperlo da me e non da qualcun altro. Probabilmente non ci rivedremo mai più e mi sta bene, se questo ti renderà felice e non ti creerà altri problemi. So che pensi che io provi del risentimento nei tuoi confronti, ma credimi non è così. Non è colpa tua se non siamo più una famiglia da un bel po', ma mia. È sempre stata solo colpa mia. Non vi ho mai detto scusa per quello che ho fatto...dirlo ora non cambierà nulla, ma io ogni giorno della mia vita, da quando sono andata via, non smetto di sentirmi in colpa per avervi abbandonati. Mi porterò questa colpa nella tomba. Non sono mai riuscita a perdonarmelo, ma spero che tu possa farlo, prima o poi, per tutte e due.

Ti voglio bene Eve,

la tua mamma."

Evelyn continuava a leggere quelle parole, senza sosta. La prima volta nulla di cio' che c'era scritto le aveva fatto effetto, ma la seconda aveva realizzato: sua madre stava morendo.

Era stato difficile per Evelyn lasciarsi andare. Piangere per sua madre significava perdonarle tutto quello che aveva fatto alla sua famiglia, e non è mai così semplice ammettere e riconoscere il perdono.
Piangere significava provare ancora qualcosa per lei, per quella donna che un tempo era stata una madre così amorevole e tutt'a un tratto era cambiata, aveva scelto un'altra vita ed era andata via. Piangere significava non voler accettare che sarebbe morta, forse senza vederla un'ultima volta. Senza avere una minima possibilità di recuperare il rapporto con lei.

La terza volta che aveva letto quella lettera l'aveva fatto con rassegnazione, con consapevolezza e con un dolore diverso, che non aveva mai provato prima. Alla quarta aveva ripreso a piangere, silenziosamente, cercando di non svegliare Lewis accanto a lei.

Aveva passato tutta la notte così, fin quando non le si erano chiusi gli occhi e un'ultima lacrima aveva bagnato il cuscino.

Il mattino seguente Lewis si era svegliato prima di lei, e l'aveva trovata rannicchiata contro il suo petto, con il mascara leggermente sbavato e un'espressione corrucciata.
Lanciò uno sguardo al comodino affianco a letto e vide un foglio di carta un po' stropicciato.

Si alzò con fatica, facendo meno rumore possibile. Sul foglio c'erano delle parole, che sembravano essere state scritte di fretta, con qualche scarabocchio qui e lì.

Rimase pietrificato quando lesse l'ultima parte e capì. Il mascara sbavato, l'espressione corrucciata.

In uno dei sogni che aveva fatto la notte precedente gli era sembrato di sentire dei singhiozzi, e ora sapeva che non facevano parte del sogno, ma erano reali.

The interview||L.H.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora