Capitolo Trentadue {Lewis}

2K 82 4
                                    

Lunedì, 25 settembre 2017

📍Francoforte, 🇩🇪

Mi stavo già preparando psicologicamente al weekend in Malesia, che sapevo sarebbe stato abbastanza impegnativo, tra interviste e conferenze stampa.

Poco dopo il gran premio di Singapore, Toto mi comunicò che la settimana successiva avrei dovuto prendere un aereo per Francoforte, dove si sarebbe tenuto il Salone dell'automobile.

Esattamente una settimana dopo mi ritrovai in aeroporto, con Angela che non mi lasciava da solo un attimo. In quell'occasione sostituì la mia PR che per motivi personali non potè lasciare l'Inghilterra.

"Lewis smettila di lamentarti sempre. Sali su questo maledetto aereo." Per quanto ci provasse, quando si arrabbiava, Angela non sembrava molto intimidatoria.

"D'accordo, ma prima devo fare una telefonata." La mia fisioterapista mi guardò male e poi acconsentì alla mia richiesta, alzando gli occhi al cielo.

Per sua fortuna, Evelyn non rispose al telefono e le lasciai un messaggio in segreteria.

Nonostante fossi ancora un po' arrabbiato per quello che mi aveva detto, l'unica cosa che volevo in quel momento era sentire la sua voce.

"Finalmente!" Questa volta fui io ad alzare gli occhi al cielo e Angela mi rivolse un finto sorriso.

...

Arrivammo all'aeroporto di Francoforte verso le 4 di mattina e, benché avessi dormito per quasi tutta la durata del volo, mi sentii esausto.

Quando accesi il cellulare, mi ritrovai una chiamata persa di Evelyn.

"Lewis?" Nel momento in cui sentii la sua voce impastata, mi resi conto di trovarmi a Francoforte e del fatto che tra Germania e Regno Unito ci fosse una sola ora di fuso orario.

"Cavolo, scusami. Sono le 3 di mattina lì, l'avevo dimenticato. Mi dispiace averti svegliata." Mi girai intorno per capire che fine avesse fatto Angela.

"Beh, ti mentirei se ti dicessi che non mi hai svegliata, ma mi piace se sei tu a svegliarmi a quest'ora." Mentre sbadigliava, immaginai Evelyn portarsi la mano davanti alla bocca, anche se non c'era nessun altro nella stanza. "Com'è andato il viaggio? 12 ore non sono poche."

"No, ma ho passato momenti peggiori." Vidi Angela guardarmi accigliata, che trasportava due valigie con estrema difficoltà. Mi avvicinai quindi a lei e con una faccia dispiaciuta presi la mia.

"Mi manchi, anche se sono passati pochi giorni." Sbadigliò di nuovo. Era un suono così tenero che avrei voluto ascoltarlo altre mille volte.

"Anche tu mi manchi. Devi andare a lavoro domani?"

"Sì, ma in realtà non ho molto da fare in ufficio, a parte fare qualche telefonata per alcuni articoli a cui sto lavorando." Al terzo sbadiglio in poco più di 3 minuti, decisi di lasciarla riposare in pace.

"Sei stanca, dovresti dormire. Ci sentiamo domani? Oggi, in realtà."

"Anche tu sembri stanco. Riposati almeno un po'." Sentivo davvero tanto la sua mancanza e non capivo come fosse stato possibile, in precedenza, starle lontano per quasi un mese.

"Mi piace quando ti preoccupi per me." Dissi divertito.

"Mmh...anche a me piace." Sentii la sua voce farsi sempre più flebile e capii che era crollata.

"Fossi stata al suo posto, non so cosa ti avrei fatto per avermi svegliata alle 3 del mattino." Angela mi raggiunse subito dopo aver terminato la chiamata.

"Allora, è una fortuna che lei non sia come te." La presi in giro e lei, in risposta, mi fece una smorfia.

Riuscii, miracolosamente, a convincere Angela a lasciarmi in pace fino al primo pomeriggio.

Trascorsi quasi tutta la mattinata a dormire, e dopo pranzo Angela si presentò nella mia stanza d'albergo con un tablet alla mano, facendomi leggere le mail più importanti. Poi mi illustrò il programma di quella serata.

"Dovrei assumerti anche come PR." Dissi scherzando.
"Oh no, ti prego, non vorrei dover passare con te altro tempo." Rise, e poi mi rivolse un'espressione seria.
"Allora, saremo al Salone non prima delle 21, e per evitare di arrivare in ritardo, devi essere pronto alle 20:30 circa, forse anche prima. Lì incontrerai Zetsche e...il resto lo sai già."

Annuii e guardai l'ora. Erano le 15.

...

Quella sera tutto andò secondo i piani. L'autista, Karl, ci portò a destinazione, dove incontrai Dieter. Ero entusiasta all'idea di presentare la nuova Project One ed ero onorato di essere lì presente, ma al tempo stesso non vedevo l'ora di tornare a casa, per poter passare finalmente un po' di tempo con Evelyn.

Fui davvero felice di entrare in scena al volante della nuova macchina che, sebbene fosse ancora soltanto un prototipo, aveva riscosso un gran successo ed era stata accolta con entusiasmo.

Subito dopo la presentazione, Dieter mi raggiunse accompagnato da altri due uomini. "Lewis vorrei presentarti alcuni degli ingegneri che hanno lavorato alla realizzazione del prototipo di Project One. James Flynn", mi indicó un uomo sulla quarantina, alto e biondo, "e Tyler Brooke."

Spostai immediatamente lo sguardo sull'altra persona: un ragazzo giovane, dai capelli scuri e un po' spettinati.
Lo fissai per qualche secondo e mi bastarono per capire chi fosse.

Era il fratello di Evelyn.

L'avevo intuito subito, data la loro incredibile somiglianza.

"È davvero un piacere conoscerti, Lewis." Mi sorrise, stringendomi la mano. Io annuii in risposta e continuai a fissarlo.

Più passava il tempo e più mi sentivo confuso.
Credevo che Evelyn avesse detto che il fratello lavorava a Berlino, non ricordavo di aver sentito 'Stoccarda'.

Ci guardammo per altri pochi secondi e lui mi rivolse un sorriso strano.

Dieter iniziò a parlare di qualcosa, ma la mia testa era da un'altra parte.

Anche Tyler non prestava molta attenzione a quello che si stava dicendo, visto che continuava a tenere gli occhi fissi sul suo cellulare. Mi avvicinai ancora di più a lui.

"So che sei il fratello di Evelyn." Dissi all'improvviso, senza nemmeno rendermene conto.

Lui mi guardò e sorrise. "E io so che sei il suo ragazzo."

"Credevo che vivessi a Berlino."

"Ci vivevo, fino a qualche mese fa. Poi mi sono trasferito a Stoccarda."

"Immagino che tua sorella non sappia nulla del tuo trasferimento." Dovetti alzare leggermente il tono di voce per via della confusione intorno a noi.

"Non sento Evelyn da un po' e voglio che le cose restino così come sono." Mi sentii male per lei, perché sapevo quanto le mancasse.

"Perché? Lei è tua sorella e ci tiene a te."

"Perché sono successe delle cose, in passato. Cose che, evidentemente, lei non ti ha detto."

"Si tratta di vostra madre?" Mi resi conto troppo tardi di avergli fatto quella domanda.

La sua espressione cambiò completamente. "Ascoltami bene, Lewis. Se lei non ti ha detto niente è perché non vuole che tu lo sappia, quindi stanne fuori. Evelyn non è la ragazza che credi, così perfetta e innocente. Tu non la conosci. E comunque sono cose di famiglia, che non ti riguardano." Mentre si allontanava, pensai ad Evelyn, chiedendomi a cosa si riferisse Tyler.

In quel momento mi sentii ancora più confuso di prima.

The interview||L.H.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora