Part 25

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Ed eccomi qua a scrivere un altro articolo per questo giornale.

La vita va avanti dicono, ma a volte penso che sia solo una frase buttata lì. E' ovvio che la vita vada per la sua strada e non ti aspetti nemmeno per qualche secondo, ma è proprio qui che interviene la nostra forza di volontà. Dobbiamo lottare, a volte andando anche contro noi stessi, ma proprio per salvarci. Se qualcosa non ci sta bene dobbiamo parlare. Se qualcosa non va, dobbiamo parlare. E' per questo che ho deciso di proporre alla mia scuola, la Columbia, un consulente scolastico fisso. Non possiamo noi ragazzi, aspettare quell'ora alla settimana per parlare con un adulto che ci aiuti. Non può tutta la scuola avere un appuntamento una volta ogni sette giorni. Ho sentito persone che devono restare mesi e mesi ad aspettare che arrivi il loro turno. Ed è questo quello che si aspettano le persone? I genitori? Noi abbiamo il diritto di denunciare questo fatto e richiedere un esperto che si occupi di noi. Si occupi dei nostri problemi adolescenziali, dei nostri dubbi e delle nostre incertezze. Il cambiamento siamo noi, giusto? Ed ora io presento questa domanda che ho posto qui, su questo articolo. La Columbia ha accettato questa condizione, nel migliore dei modi, ma adesso sta a voi, chiunque frequenti altri istituti ed ha bisogno di un aiuto, noi ci siamo. Ci batteremo costantemente per ogni problema. Aiuteremo le persone in difficoltà, combatteremo il bullismo, perché il nostro comportamento influenza quello di altri, e quello di altri influenza quello di altri ancora, e così via. Collaboriamo, per un obiettivo comune, per dare un senso alle nostre capacità, ed a ciò che abbiamo imparato con la nostra formazione scolastica. Sempre con voi, gli studenti della Columbia.





Questo è ciò che mi è toccato fare visto che mi sono completamente dimenticata del progetto  della Steward. Ho dovuto patteggiare con la professoressa questo articolo, per far sì che il mio lavoro di giornalismo sia puntato anche su fatti della mia quotidianità, ed anche dei miei coetanei.

«Breve ed efficace, mi piace.» ha detto il signor Boston.

Oggi invece devo recarmi all'ospedale, a trovare dei bambini malati. Ho scelto i bambini, perché credo che siano loro la voce della speranza, e soprattutto angeli sulla terra.

«Salve buongiorno, sono Megan Forbes e mi trovo qui per un progetto della Columbia.»annuncio ad una dolce infermiera che ho difronte.

«Oh certo mia cara, ti stavamo aspettando. Vieni, seguimi. Hai già in mente con quale bambino passare del tempo? Se non conosci nessuno segui me, ti porto da loro. Stanno giocando.»

«No ecco, non ho avuto modo di conoscere nessuno, sto svolgendo il compito in ritardo.»

«Tranquilla, andiamo.»sorride l'infermiera incamminandosi lungo il corridoio.

Camminiamo per un po' quando si iniziano già a sentire delle dolci e tenere urla, quindi immagino che ci stiamo avvicinando alla sala giochi. Ed infatti eccola qui, questa grande sala dove tanti bambini tra i cinque e dieci anni si ritrovano a giocare.

«Buongiorno bambini. Venite qui che vi presento una persona. Questa è Megan, una nostra amica!»

Ed eccoli lì, dei dolci bimbi che con aria persa nel nulla mi guardano diffidenti.

«Ciao bambini, come vi chiamate?»domando. Non ho la più pallida idea di cosa dire o cosa fare, ma penso si inizi a conversare così.

Un po' timorosi i bimbi si guardano tra di loro ed uno alla volta, iniziano a presentarsi.
Non so da quali malattie siano affetti, e mi dispiace tantissimo, sono sensibile ed ho paura che questo possa peggiorare la situazione.
I bambini cominciano a presentarsi, ed il mio sguardo si posa su un bambino, che ha un sorriso dolce e furbo che mi prende in giro.
«Sei goffa.»mi ha detto. Ed ho deciso che sarà proprio lui il nuovo amico che avrò. Non voglio sapere nulla di più, lui sarà il mio nuovo compito.
«Tu come ti chiami signorino?»
«Signorino? Io sono un bambino!»borbotta.
«Lui è Alan, mio figlio.»sorride malinconicamente l'infermiera.
Non so perché, ma questa notizia mi fa venire un groppo in gola. Sarà che non mi aspettavo di incontrare direttamente un figlio di un'infermiera, o forse perché solo adesso mi accorgo dello sguardo distrutto di una madre, che oltre a soffrire per il proprio sangue, lo fa per molti altri bambini.

Saaaalve a tutti! Scusate ma sono stata parecchio assente! (Vi avevo già avvertite, siate buone con me!) vi chiedo scusa anche per il capitolo breve, ma sono k.o. e non vedo l'ora di sprofondare a letto! Farò il possibile per andare avanti, ve lo prometto. Fatemi sapere comunque cosa ne pensate, ci conto. Vi mando un abbraccio grande grande
Rosaly

Lunatic Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora