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Percorrevo i corridoi dell'ospedale, osservando le piastrelle del pavimento grigio scivolare sotto le spinte delle mie piccole scarpe numero 36, mentre il braccio di Ethan mi riscaldava le spalle.
Altri passi ed una voce familiare ci fecero voltare contemporaneamente la testa a destra, verso una delle tante stradine.
Dave proseguiva nella nostra direzione, affiancando il giovane infermiere di poco prima.
Quando fu a pochi passi da noi, potei notare le numerose garze che ricoprivano la sua pelle.
Il naso era completamente ricoperto da un materiale simile al gesso, le mani dove le nocche erano sbucciate erano state medicate con fasciature bianche che si iniziavano a sporcare di rosso.
Il dottore lo salutò cordialmente per poi congedarsi velocemente.

<< Quindi, come va? >> chiese Ethan alla mummia coperta di bende,
<< Ho il naso rotto, per il resto niente di grave, diciamo... >> affermò sedendosi al mio fianco e digrignando i denti per il dolore procuratogli dal movimento affrettato.
<< Mi mancava farmi medicare perciò ci ho dato dentro! >> disse sorridendo, ed alzando il tessuto leggero della maglia per mostrare altro cotone bianco a ricoprirgli i muscoli.
<< Quello sicuro >> affermai ricambiando il suo sorriso, leggermente preoccupata da quella vista,
<< Invece di fare il simpaticone, hai pensato a cosa dire alla direttrice? >> gli domandò Ethan pensieroso,
<< No, aspetto di parlare con Alfred e Jette. Li avete sentiti? >> rispose Dave accendendo lo schermo del cellulare per controllare le notifiche arrivate,
<< Si hanno chiamato poco fa, stanno arrivando. >> lo informai, alludendo alla chiamata ricevuta da Ethan.
<< Ah devi darmi il tuo numero Meg >> rifletté, questa frase mi invogliò a cercare lo sguardo di Ethan, che felicemente trovai pronto ad accogliere il mio,
<< In realtà non ho un telefono Dave >> confessai abbozzando un sorriso timido,
<< Come resisti senza un cellulare?! >> domandò con un'espressione sconvolta ed io per risposta mi limitai ad un'alzata di spalle.

<< Sono arrivati. Gli vado incontro >> annunciò Ethan dirigendosi spedito verso l'entrata dell'ospedale,
<< Aspetta vengo anch'io >> dissi affrettando il passo per seguirlo,
<< Non lasciatemi qui da solo! >> urlò Dave correndo, per quanto gli era possibile, dietro di noi.
Scendemmo le rampe di scale che portavano all'entrata e ci dirigemmo all'esterno, dove un ragazzo biondo platino camminava affiancato da una moretta furba che faceva ticchettare gli stivaletti a spillo.
<< Eccoli >> constatò Dave con voce leggera.

Ormai a pochi passi da noi Jette corse per gettarsi tra le braccia di Dave, il quale dovette scansarsi per l'irruenza di quel contatto con le sue ferite.
<< Sono felice che tu stia bene >> sussurrò abbracciandolo fraternamente, visibilmente sollevata,
<< Grazie... a voi com'è andata? >> domandò con gli occhi castani velati di preoccupazione,
<< Nulla di cui ti devi preoccupare, per fortuna... >> replicò lanciando un'occhiata complice ad Alfred, che nel frattempo stava scambiando parole silenziose con Ethan.
Quest'ultimo notò di aver attirato l'attenzione,
<< Ragazzi, dovreste tornare. Siamo troppi, la Castillo si accorgerà della nostra assenza >> dichiarò Ethan ravvivandosi i capelli arruffati dal vento freddo.
<< Bene voi andate, resto qui io con Chase >> propose Jette decisa, facendo un passo avanti, il mio sguardo allarmato intercettò quello verde rassicurante,
<< Non ti preoccupare, restiamo io e Megan. Voi avete già fatto abbastanza, andate a riposarvi, e tu, cerca di non dare nell'occhio >> disse Ethan indicando con il dito Dave.

Restammo ancora un po' in quel giardino spoglio e freddo, illuminato solamente da tenui luci.
Cinque ragazzi in cerchio che parlavano, a cui nessuno avrebbe fatto caso di giorno, ma decisamente strano a quell'ora di notte.
Cinque ragazzi che fingevano di essere forti di fronte alle avversità, o forse lo erano veramente.
Nessuno faceva caso a loro, non c'erano persone particolarmente curiose in quel momento, solo alcuni uomini sulle gradinate d'entrata che fumavano le loro sigarette in silenzio con i loro pensieri.
Ci salutammo e tornammo in quella gabbia formata da mura bianche accecanti.
Jette ed Alfred erano riusciti a sistemare tutto, Dave non avrebbe ricevuto denunce né doveva risarcire il locale e tantomeno avrebbe ricavato denaro per i danni subiti.
Ma bisognava accontentarsi, era già un importante traguardo.

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