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Uno scatto.
Di una macchinetta fotografica mi fece irrigidire i tendini delle spalle.
Le palpebre si aprirono, colmandosi nuovamente della vista di Ethan, che ora, corrucciato, guardava dietro di me

<< Scusate, non volevo disturbarvi... è solo, si ecco, eravate così belli che non ho resistito, mi dispiace... >> pronunciò una voce femminile sconosciuta.
Voltai la testa nella sua direzione, confusa a quelle parole.
Era una signora d'età avanzata, con un cappellino da esploratrice dalla visiera beige, una camicetta a quadri e due paffuti zigomi rossi, che le davano l'aria di una donnina tirolese; i piccoli occhiali, dalla forma arrotondata, appoggiati sul naso delicato, erano colpiti dai raggi solari, impedendomi di scorgere gli occhi.
Aveva una grande macchina fotografica nera appesa al collo, uno di quei vecchi modelli, sembrava abbastanza pesante, al confronto delle minuscole fotocamere digitali moderne, ma lei la sorreggeva senza fatica, nonostante la sua esile figura, decorata da un sorriso imbarazzato sul viso.

Quel suo innocuo gesto, fatto con il cuore, mi trasmise una sensazione di empatia che mi invase interamente il corpo.
Ricambiai il suo sorriso, mentre il mio corpo si voltava totalmente verso di lei, lasciando che la schiena aderisse al petto di Ethan, rimasto completamente immobile, in un fascio di nervi tesi e irritati.
Il mio sguardo si spostò al fianco della signora, dove un uomo della medesima età le si avvicinò parentorio, cingendole un fianco con il braccio, in un gesto puramente spontaneo; anche lui sorrideva, nascondendo le labbra sotto grandi baffi brizzolati che gli donavano un'aria buffa e maldestra.
<< Non si preoccupi >> risposi solare, guardandola con gli occhi sereni.

Ethan alle mie spalle, al contrario, sbuffò come esasperato, producendomi brividi sulla sezione di pelle che si era scontrata con il suo prepotente fiato caldo.
<< Togliamo il disturbo >> affermò il signore allegramente, ammiccando in modo simpatico, ciondolando su un'altra stradina,
<< Sarà meglio... >> brontolò Ethan a bassa voce nel mio orecchio, per farsi sentire soltanto da me.
Gli diedi un lieve colpo con il gomito, pungolando il suo addome per quella sua frase,
<< Aspettate! ...Possiamo vedere la foto? >> domandai, smaniosa, sorprendendo tutte le persone presenti in quell'area verde.
<< Certo! >> rispose entusiasta l'artefice della fotografia, e mi sembrò fare un saltello, alzando le spalle in un'onda morbida,
<< No, non ci credo... >> sussurrò quasi a sé stesso il ragazzo vicino a me, cercando di incontrare i miei occhi, che riponevano l'attenzione da tutt'altra parte.
Gli presi una mano, stringendola nella mia, mentre mi dirigevo elsante sul viale che conduceva ai due coniugi, tirandolo vigorosamente dietro di me.
Ethan, nonostante gli si leggesse palesemente in volto il suo essere contrariato, non oppose particolare resistenza, si fece guidare, senza lasciar andare le mie dita.

<< Piacere, Megan >> mi presentai, porgendole la mano libera, lei la ignorò, attirandomi in un abbraccio caloroso, per poi scoccarmi due sonori baci sulle guance; restai un istante pietrificata a quel contatto inatteso, assumendo le sembianze di un bastone di legno, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e le gambe immobili, per poi ricambiarlo dolcemente, stringendola a me; fece lo stesso anche con Ethan, che provò ad indietreggiare furtivo, ma non riuscì a fuggire dalla sua forte presa. Vidi i suoi occhi spalancarsi appena, le spalle irrigidirsi in una postura eccessivamente eretta e la mandibola contrarsi, movimenti che nessuno notò al di fuori di me... in quella che era una semplice gentilezza, guidata dall'azione dell'educata cortesia, entrambi ci ravvisammo una dimostrazione di affetto inaspettato, un amore puro per il prossimo, espresso così apertamente, senza vergogna, che ci lasciò spiazzati...

Ethan non ricambiò l'abbraccio, non fu cattiveria la sua, nemmeno arroganza o scortesia... semplicemente non ci riuscì, me lo confidò quella scintilla che attraversò i suoi occhi, trascinandosi dietro macigni carichi di ricordi segreti; ma fu solo un attimo, una frazione di secondo, mentre, dolorosamente si espandeva in me, come se fosse una goccia di olio caduta sul tavolino, quella triste consapevolezza che spiegava il suo comportamento, quella consapevolezza di non essere abituati all'affetto, tanto da non sapere come comportarsi, tanto da trovarsi impacciati e impauriti davanti ad esso, tanto da non riconoscerlo.

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