La mattina arrivò, con i suoi raggi di sole molli come fili gialli che si srotolano dal proprio rocchetto e, scivolando, atterrano sulle superfici, rendendole visibili all'occhio umano; con il suo cielo, che come un piatto di plastica bianco colmo di tempera azzurra stava fermo, plagiando ogni cosa in attesa di essere dipinto; con i suoi pensieri, che forse troppo velocemente, abbandonavano i sogni, per intrufolarsi nel caos delle trafficate vie della vita.
E così fecero anche i miei, si incolonnarono in fila indiana, spintonandosi e tamponandosi, suonando il clacson come automobilisti inferociti, inondandomi del loro rumore.Era sabato.
I bambini, consapevoli che non sarebbero andati a scuola, dormivano in pace, una pace che a me non era concessa.
Dopo averli svegliati, preparati e infiocchettati, come se fossero pacchetti regali, li affidai ad alcuni ragazzi, che si occupavano di loro solo nel weekend; li portarono in qualche sala ricreativa, a fare dei giochi di cui non mi ero informata, non particolarmente interessata.
<< Principessa, la direttrice vuole parlarci >> mi informò la voce di Ethan, mentre mi raggiungeva da un corridoio con il suo fisico allenato e fresco già di mattina,
<< Cosa vuole? >> domandai in modo leggero, incominciando a incamminarmi al suo fianco,
<< Giorno di paga >> rispose felice, sfregandosi le mani, gustandosi già il suo futuro stipendio.Ethan bussò alla porta con la nocca del dito indice, attendendo tranquillamente il permesso per entrare; il mio sguardo scivolò assetato sul suo busto, coperto dal tessuto attillato della maglietta che gli fasciava sensualmente i fianchi stretti,
<< Oh eccoti Ethan... ah signorina Allen, non l'avevo notata, entrate pure, vi stavo aspettando >> affermò velocemente la direttrice, senza nessuna enfasi a decorarle il timbro vocale.
Sedeva fin troppo rigida, su quella comoda poltrona di velluto rosso scuro; il gomito era appoggiato ad uno dei due braccioli in legno, caratterizzati da complicati intarsi.Osservavo in silenzio la sua figura minuta, era sola, al centro del pavimento, chiusa tra le pareti di quella stanza, che sembrava molto più di un semplice ufficio di lavoro, sembrava essere la sua vera casa.
Quelle mura, rigate dalle indefinite striature del legno, sembravano essere parte di lei, come fossero un solo corpo, con le arterie e le vene di un medesimo sistema circolatorio, indipendentemente dal fatto che si trattasse di semplice materiale, freddo e morto da tempo.
Non c'erano dettagli, nessun indizio ricollegabile a lei, nulla di solamente suo, era tutto così eccessivamente normale, come se si fosse trovata lì per caso, nonostante in realtà, i suoi occhi sereni, dello stesso marrone delle pareti, rivelavano che in quell'ufficio uniforme aveva trascorso la maggior parte della sua vita.
Indossava un completo elegante, di un colore simile al bianco panna, forse creato su misura per lei, e, guardandola, mi chiesi perché, perché quella donna non mostrasse mai alcuna sfumatura del suo essere, era sempre così insignificante, come se volesse nascondere ogni cosa che le ricordasse chi era.Aprì un cassetto, in cui numerose buste bianche, apparentemente tutte uguali, erano disposte ordinatamente,
<< Allora signorina, credo sia già stata informata a riguardo, o sbaglio? >> chiese, alzando per un secondo lo sguardo interrogativo,
<< Sì, a grandi linee... >> affermai titubante,
<< Bene, questa... è per lei >> affermò, estraendone con sicurezza una e porgendomela,
<< La ringrazio >> risposi afferrandola, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso orgoglioso.
Ripeté, senza preamboli, la medesima azione anche con Ethan, poi intrecciò le mani curate e le appoggiò sopra la superficie della scrivania.Prima di iniziare a parlare, tossì leggermente, schiarendosi la voce, introducendo un lungo discorso,
<< Vi ho convocati qui insieme, perché volevo comunicarvi che una coppia di genitori è interessata ad adottare un bambino.
Ethan, tu sai già le pratiche da seguire in queste occasioni, quindi spero che riuscirai ad esporle al meglio a Megan.
Dovrete accoglierli, mostrargli la nostra struttura e presentargli i bambini, cercando di valorizzare ognuno di loro; hanno esposto una preferenza per i più piccoli, ma non sono ancora precisamente indirizzati... forse vogliono una femminuccia, ma non l'hanno espresso con chiarezza.
Ethan, mi fido ciecamente di te... so che sei molto legato a tutti loro, ma ricordati che nelle tue mani hai la loro vita, ma sopratutto, il loro futuro.
Bene, non ho altro da dirvi, potete andare ora.
Buona giornata >> disse, terminando il suo monologo e appoggiando stanca le spalle allo schienale della poltrona.
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Happens
RomanceA volte succede, inaspettatamente e all'improvviso la tua vita cambia radicalmente trasportandoti in un mondo che non ti appartiene. Megan ha diciassette anni, non ha particolari pretese dalla sua vita, solo una, forse la più difficile, essere felic...