Cucciolo

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La divinità dai capelli corvini non conosceva pietà ogniqualvolta che attuava il suo piano "0 Umani". Era pronto ad assassinare chiunque ostacolasse il suo progetto di salvezza dell'Universo, anche donne e bambini indifesi.
Per lui, l'umanità rappresentava l'incarnazione del male. Doveva essere cancellata dall'esistenza, per permettere all'Universo di ritrovare quella primitiva armonia che sembrava aver perso per sempre.


Nonostante la sua crudeltà, Black non aveva ancora perso il suo amore per la natura. La fusione della sua anima divina con il corpo di un mortale non aveva permesso la totale eliminazione di quei principi di bellezza e meraviglia che la natura aveva da offrire all'Universo intero.
Era l'umanità che l'aveva deturpata nel corso dei secoli: la stessa natura non ne aveva colpa.
E non aveva smesso di pensarla in tal modo nemmeno quando un giorno, sull'uscio di quella baita dove abitava con il suo compagno, aveva trovato quel cucciolo di cane. All'inizio, Black provò ad ignorare la sua presenza... ma nulla da fare: il piccolo si ostinava a seguirlo ovunque ogni volta che usciva di casa, e ad aspettarlo quando si allontanava per andare a caccia di umani.
Dopo qualche giorno, il Dio decise che non era il caso di lasciare quell'animale a se stesso.
Lasciandosi vincere dall'affetto che ancora provava per la natura, lo prese con sé e lo portò a casa.



Il suo compagno non l'aveva preso molto in simpatia. Per lui quel cane era come tutti i mortali in circolazione: non ascoltava mai le sue parole, faceva quel che voleva... e sporcava molto. Ovunque.
In più, durante la notte, il piccolo voleva dormire nello stesso letto con loro.
Troppi peli, troppo sporco... dunque: molti batteri.
Zamasu del futuro non sopportava il fatto di averlo in casa. Era un animale e, in quanto tale, doveva restare con i suoi simili: fuori da quella baita.


Ma un giorno, nonostante lui non sopportasse la presenza di quel cagnolino, dovette restare con lui senza di Black.
Il piccolo, una volta che il suo padrone si era allontanato in volo, iniziò a piangere, segno che sentiva la sua mancanza. Zamasu sbuffò: l'ultima cosa che avrebbe voluto sentire da quell'animale era l'inizio di un piagnisteo.
Così materializzò una calda coperta, che avvolse subito il cucciolo. «Ecco... così dovresti stare meglio,» sentenziò con impassibilità. Ma il cucciolo, ricevuto quel regalo, lo guardò e abbaiò in segno di riconoscenza.
«Non guardarmi così,» disse Zamasu, distogliendo lo sguardo dal piccolo animale. «L'ho fatto solo perché il tuo pianto mi dava fastidio. Fai pena: dovresti imparare a cavartela da solo.»
Il cagnolino lo ignorò e si accoccolò, chiudendo lentamente gli occhi e addormentandosi.
Solo allora il giovane tornò ad osservarlo, e pensò.
In fondo... un tempo anch'io ero come lui: così piccolo e indifeso. Eppure sono stato cresciuto bene, con severità e austerità. Molto probabilmente, se lo lascio nelle mani di quel pazzoide... questo cucciolo farà la fine di un rammollito senza spina dorsale.
Bisogna agire: devo educarlo a dovere quando Zamasu non sarà a casa.


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