Capitolo 50

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Semmai fosse riuscita a tornare a casa e a riscrivere la realtà in cui era precipitata, avrebbe fatto in modo che il trattamento riservato alle donne cambiasse drasticamente e al diavolo la coerenza storica!

Era stata condotta in una sala buia,umida e puzzolente nella quale erano riuniti svariati arcaichi elementi di tortura. L'uomo l'aveva obbligata a sedersi su di una sedia afferrandole le braccia e spingendola con forza. Era caduta sbucciandosi i gomiti ma non aveva ceduto alla sua violenza,si era rialzata combattiva sfidandolo a sfiorarla di nuovo.

Lui si fece beffe della sua temeriarità e le assestò un potente schiaffo in viso spaccandole il labbro e procurandole un livido rosso sulla guancia. Poi l'aveva afferrata un'altra volta e l'aveva obbligata a sedersi e a non muoversi mentre il suo sottoposto le legava le mani dietro la schiena.

Per tutto il tempo mantenne gli occhi su di lui,fissandolo senza sosta in ogni suo movimento,studiandolo e mettendolo in soggezione.

Si mise di fronte a lei nella stessa posizione con cui l'aveva accolta ma qualcosa nel modo in cui tendeva le labbra le faceva intendere che aveva paura di lei.

Inclinò il capo curiosa di vedere cosa avrebbe fatto ora.

- Come si chiama? - domandò l'omino.

Skyler sorrise e sollevò il mento.

- Io sono la ragazza dall'abito rosso. Sei stato tu a darmi il nome,no? -

- Non le è permesso darmi del tu, signorina. Ora, ripeto. Mi dica il suo nome. -

- L'ho fatto. -

L'ufficiale si avvicinò e portò il viso all'altezza del suo. Skyler poté vederlo bene. Non era particolarmente attraente. Aveva i capelli scuri e delle orrende basette davanti alle orecchie,non le erano mai piaciute sul viso di un uomo. Gli occhi scuri erano un canale di accesso verso la sua anima spietata e notò delle somiglianze con la vera essenza di Moira.

Ripensò a quella donna e a come aveva sparato a Blake senza batter ciglio, il padre di Austin.

Austin, con il suo fare gentile e altruista, ricordò il gioco di domande che avevano fatto quando insisteva nel voler sapere qualcosa in più su di lei. Perché non farlo di nuovo?

- Facciamo un gioco. - gli propose.

Lui sollevò le folte sopracciglia attirato dalle sue parole.

- Da dove vengo io, si fa spesso. Io rispondo alla tua domanda ma tu dovrai rispondere a una delle mie. -

Lui si radrizzò e la guardò dall'alto della sua stupida superiorità maschile.

- Come ti chiami? - ripeté per la terza volta.

Aveva abboccato. Idiota. Skyler sorrise soddisfatta.

- Michelle. È francese. Tu, chi sei? - mentì.

- Il mio nome è Sergei, sono il capitano delle forza dell'ordine di questa città che tu e i tuoi amici avete attaccato. Perché? -

- Deve esserci un equivoco. Io e il mio amico non avevamo intenzione di causare problemi a questa cittadina. Eravamo in viaggio quando il nostro dirigibile è andato in avaria. -

Skyler non aveva idea da dove fosse saltata fuori quella geniale trovata ma si sentì soddisfatta per averlo pensato.

- Dirigibile? -

- Tecnologia tedesca. Era un prototipo. -

- Tedeschi... tu non sei tedesca. -

- No, nemmeno tu. Da dove vieni? -

Skyler - Una contro la fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora