Sophie si guarda intorno, mentre sente distintamente il borbottio di Kreacher in sottofondo. Non le è mai piaciuto, quell'elfo domestico.
Porta una mano sulla carta da parati logora, passandoci le dita con estrema lentezza. C'è tanta di quella polvere che le lacrimano gli occhi.
«E così,» inizia, portando lo sguardo sulle scale di legno che portano al secondo piano. L'ultima volta che le ha viste, dalla ringhiera pendeva un orecchio.
«Questo posto è mio.» dice, voltandosi finalmente verso Kingsley Sheklebolt. L'uomo porta una tunica viola, che svolazza quando si avvicina cautamente a lei.
«Esatto, signorina Black. Può farne quello che ne vuole» il tono dell'uomo è estremamente calmo. Se lo ricorda, quando durante la guerra le sembrasse così strano il suo modo di parlare. Calmo anche mentre uccidevano i suoi colleghi.
Sente il respiro di Harry dietro di lei. Non riesce a decifrare il suo sguardo, quando si volta. Sembra...malinconico, forse nostalgico.
«Ottimo» risponde, tirando un sorriso lieve sul volto. Non ha la più pallida idea di cosa fare.
Sale le scale, che scricchiolano ad ogni suo passo. Si guarda intorno, mentre alcuni dei personaggi nei quadri appesi alla parete parlottano tra di loro a bassa voce. Sirius , traditore e mezzosangue sono le parole che fanno capolino nei loro discorsi.
I suoi piedi si muovono da soli verso la stanza dell'arazzo. Lo osserva, osserva tutti i suoi antenati uno per uno. Ci sono diversi fori, tra cui quello che riporta il nome Andromeda Black e, ovviamente, quello di suo padre.
Avvicina l'indice a quest'ultimo buco e ne traccia i contorni, e i suoi occhi nuvolosi si riempiono di lacrime.
Vorrebbe farlo demolire, cancellare il dolore di suo padre e di tutti i rinnegati della famiglia Black una volta per tutte.
Ma vorrebbe anche tenerlo, dimostrare che si può cambiare, che nessuna morte o rinnegazione è stata invana.
La stanza di suo padre è dall'altra parte del corridoio, di fianco a quella di Regulus Black. Non sa se vuole andare a vedere.
«Non lo so.» sussurra, mentre il dito ancora indugia sul foro scuro contro la parete.
Sa che sia Shaklebolt che Harry sono lì. Nonostante non li veda, sente la loro presenza alle sue spalle. Si sente sollevata, per certi versi.
«Posso pensarci?» chiede all'Auror, voltandosi di scatto e facendo ondeggiare la sua cascata di ricci scuri. «Può pensarci quanto vuole, signorina Black. Non spetta a me decidere se può aspettare. Adesso è una sua proprietà» sentenzia solenne l'altro.
Lei annuisce, incerta. «Mi chiami Sophie» è l'unica cosa che riesce a rispondere.
Harry adesso è al suo fianco. Le afferra una mano saldamente e le sorride. Sophie lo ringrazia stringendo la sua mano.
**********
Harry la guarda mentre si destreggia freneticamente tra l'angolo cottura ed il tavolo della cucina.
Da quando sono tornati da Grimmauld Place non si è fermata un attimo. Ha fatto il bucato, ha passato lo straccio, ha rifatto i letti e pulito tutta la cucina ed il salotto.
In realtà lo sta facendo per non pensare a tutta la faccenda. Ha imparato a conoscerla, quella ragazzina.
«Soph» la chiama, avvicinandosi a lei di qualche passo. Lei gli getta una breve occhiata, prima di tornare al suo lavoro.
«Penso che quelle uova siano abbastanza sbattute» ridacchia, continuando ad avvicinarsi. Sophie sospira, lascia la ciotola sul ripiano di marmo e butta la frusta nel lavello.
«Io-cioè, hai ragione ma-si, scusa» farnetica, portandosi una mano sul ponte del naso. Tra il tirocinio al San Mungo e la faccenda di Grimmauld Place non riesce più a pensare lucidamente.
Harry le afferra un polso e se la tira contro. Lascia che gli appoggi la fronte sulla spalla destra e che respiri forte. «Non so cosa fare» sussurra contro il tessuto della sua felpa.
Le posa un bacio su una tempia e porta una mano ad accarezzarle i capelli. Non può capire cosa sta provando in questo momento, ma cerca comunque di mettersi nei suoi panni.
«Cosa pensi che farebbe mio padre?» chiede ad un tratto, sollevando il capo e fissando i suoi occhi grigi in quelli verdi di Harry.
Non lo sa, cosa avrebbe fatto Sirius. Non ci si è mai fermato a pensare più di tanto. Non aveva troppa scelta, comunque.
«Non lo so» ammette infatti, scuotendo leggermente la testa. «Non aveva una scelta troppo ampia. Un prigioniero appena evaso da Azkaban non può certo affittare una camera in un hotel» cerca di alleggerire la tensione, ma Sophie non ride.
«Voglio demolirla, ma voglio anche tenerla» annuncia confusa, staccandosi da Harry e balzando seduta sul ripiano della cucina. Si rende conto che sia senza senso e poco coerente, ma non riesce proprio a decidere.
«Potresti scendere a compromessi» butta lì Harry dopo qualche attimo di assoluto silenzio. I suoi occhi scintillano.
Sophie alza gli occhi sul suo fidanzato, confusa. Non ha capito cosa voglia intendere.
«Vuoi tenerla, no? Ma vuoi anche demolirla. Potresti fare tutt'e due le cose. Potresti ristrutturarla, ricominciare da zero» spiega il ragazzo, ora in piedi tra le gambe divaricate di Sophie.
Lei sorride. Non ci aveva minimamente pensato. Porta le mani sulla nuca di Harry e se lo spinge contro. Lo bacia e sorride senza nemmeno staccarsi.
«Ti ho mai detto che sei un genio?» chiede, mentre le loro fronti ancora si toccano. Nessuno dei due ha intenzione di staccarsi.
Harry sorride e chiude gli occhi. «In realtà no» sussurra. «Dovrei segnarlo sul calendario» dice, provocando una risata alla ragazza.
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Scruta La Mia Anima- Vita Quotidiana
FantasyRaccolta di momenti di vita quotidiana nella vita di Sophie ed Harry.