Capitolo 11 - pt. 1

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Apro gli occhi cautamente, ho quasi paura ad aprirli anche se non so perché. Ho una strana sensazione come un peso nello stomaco... No, un peso no. È come se fosse tutto sbagliato, come se...ehi, come diavolo ci sono arrivata qui? 

Penso aprendo di scatto gli occhi e guardandomi intorno. Sono in camera mia, ma non quella che ho al campus. Questa è la MIA camera, quella di casa mia. Ma com'è possibile? Tutte le foto appese, i miei peluches sulle mensole e la mia adorata chitarra appoggiata sul letto accanto a me.

Mi tiro su e mi siedo a gambe incrociate sul mio letto, confusa e un po' spaesata. Tutto questo non può essere vero, non ha senso!

Cerco di scendere dal letto ma una voce tremendamente familiare mi arriva all'orecchio e una figura che conosco, fin troppo bene, esce dal bagno tutta felice. Insomma come potrebbe non esserlo è il suo diciottesimo compleanno.

"Sì, mamma...Sto bene! Oooh quanto rompi, stai tranquilla. Lo so che tornerete presto, grazie! Sì, vi voglio bene anche io!" dice l'altra me uscendo dal bagno con il cellulare attaccato all'orecchio. Mi ritrovo a ridere di quella scena, anche se di divertente non c'è proprio niente.

Sto davvero guardando me stessa compiere azioni che ho già fatto? Ma come può essere possibile una cosa del genere?

"No, mamma no! Ti prego, no! Non metterti a cantare!" dice l'altra me al telefono ridendo di gusto, mamma lo ha fatto comunque "Sì, a dopo. Vi voglio bene! Ciaoooo!" 

Ma questa scena io...io l'ho già vissuta. Non può essere vero!

La mia clone si dirige verso le scale e io la seguo a ruota in cucina, dove si verserà del succo di frutta e si macchierà la maglietta "Merda!" impreca lei, cioè io, dando ragione ai miei pensieri.

La me del passato corre di sopra, e io mi seguo soltanto per cercare di capire se i miei pensieri stiano volando nella direzione giusta, anche se spero vivamente di sbargliarmi.

Sembra di stare in uno di quei film strambi in cui la protagonista viene catapultata nel suo passato, sottoforma di fantasma, per rimediare ad errori che le hanno rovinato la vita nel presente. Assurdo!

Mi posiziono davanti all'armadio, così tanto per vedere se l'altra me si accorge della mia presenza, ma le sue mani mi trapassano il corpo e riesce a prendere la maglietta pulita. Con semplicità, come se non avesse appena messo le mani dentro il suo corpo. Provo in tutti i modi ad interferire ma non ci riesco, evidentemente sono solo una spettatrice di questo tremendo teatrino sul mio passato.  

Pedino me stessa per tutto il giorno quasi, rivivendo il giorno più brutto della mia vita. Il peso che porto nel cuore va via via ingrandendosi, man mano che si avvicina quel momento. Mi porto le mani al petto e sento l'ormai rassicurante peso del ciondolo a forma di cuore che porto al collo mentre guardo l'altra me gioire per la stanza, sprizza innocenza da tutti i pori, innocenza che...toc-toc sento bussare la porta e il mio cuore si ferma per un millesimo di secondo. Vedo me stessa andare verso la porta con un sorriso che parte da un orecchio e arriva all'altro, non sa che coloro a cui aprirà la porta non sono chi in realtà lei sta aspettando. Sono tentata di bloccarmi la strada e urlarmi di non aprire ma sarebbe tutto inutile, quindi mi limito a seguirmi verso la porta.

E in un attimo sono dentro me stessa, non sono più la spettatrice. Apro la porta e le emozioni di quella maledetta sera si rifanno vive. Il sorriso si cancella dal mio volto non appena davanti ai miei occhi trovo due uomini, uno alto e robusto (probabilmente per via dei muscoli) e l'altro basso e snello, con due facce che non promettono nulla di buono. 

"Signorina Jones?" chiede quello più alto e io annuisco sorpresa e un po' delusa nel vedere che non sono i miei genitori "Salve siamo l'agente Montgomery e l'agente Garcia" dice indicando il suo collega "Lei è la signorina Cassandra Elizabeth Jones, figlia di Abigail e Michael Jones?" chiede quello che penso sia l'agente Montgomery.

"S-sì, sono io! Entrate pure!" dico con voce tremante mentre li faccio accomodare in casa "Signorina, forse è meglio se si siede!" mi consiglia l'agente Garcia, quello dei due che sembra appena più dolce dell'altro.

"Sto bene così, i miei saranno a casa a momenti e..." cerco di dire ma mi blocco nel vedere la faccia dei due poliziotti cambiare espressione. Sembra...pena? Stanno provando pena per me? Ma perché?  

"Signorina..." 

"Cassandra!" lo correggo. "D'accordo, Cassandra, c'è stato un incidente e..." il poliziotto si ferma, le parole gli muoiono in gola ma l'agente Garcia mi si avvicina, mi mette una mano sulla spalla e dice "Cassandra, i suoi..ehm, i tuoi genitori erano coinvolti, un automibilista ubriaco stava guidando contromano e le due auto si sono scontrate, ci hanno chiamati subito ma quando siamo arrivati per i tuoi genitori non c'è stato niente da fare. Se ti fa sentire meglio lasceremo in carcere quell'uomo fino alla fine dei suoi giorni!" dice ma non mi fa sentire meglio. Per niente, sapere che quell'uomo è ancora vivo mentre..."no, non può essere vero!" dico ad alta voce senza rendermene conto.

"Ci dispiace per la sua perdita, Cassandra!" interviene l'agente Montgomery "Già, anche a me!" dico, mentre sento risuonare dentro di me il rumore di un vaso che si frantuma, solo che non è un vaso... è il mio cuore. Il mio cuore che si spezza. Le lacrime mi pungono gli occhi minacciando di scendere, ma non voglio piangere davanti a questi due sconosciuti! 

"Se le serve qualcosa..." cerca di dirmi l'agente Garcia "Voglio stare sola!" dico fissando un punto ignoto dell'ingresso.

"Certo, signorina Cassandra siamo davvero d..." tenta di dire l'agente ma gli chiudo la porta in faccia. Non voglio sentirgli dire un'altra volta che è dispiaciuto. Scivolo lungo la porta e mi siedo a terra, senza forze. Porto le ginocchia al petto e vi appoggio sopra la fronte, calde lacrime mi rigano il volto e urlo. Urlo con tutta la voce che ho, non m'interessa dei vicini, non m'interessa della gola che mi fa male e nemmeno del sapore di sangue che sento quando deglutisco, di niente. Voglio solo urlare e abbandonarmi alle lacrime, nient'altro.

Sento delle voci provenire da lontano e apro di scatto gli occhi.

Mi manca l'aria.

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