Capitolo 30

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Revisionato
Jane's POV

Mi crogiolo nel calore delle coperte che mi avvolgono come se fossi un tenero involtino nonostante sento un lieve fastiodio a naso lasciato scoperto, il lieve pizzicore che sento ricorda lo sfrusciamento di qualcosa di delicato e soffice, come una piuma.  Tuttavia il desiderio di rimanere nel letto a dormire è tanto, per questo mi strofino il naso con le coperte aspettando che la sensazione di solletico sparisca ma, vedendo che non succede, decido di cambiare posizione mettendomi a pancia in giù e nascondendo il naso in mezzo ai cuscini del mio letto. 
Finalmente la pace ritorna a regnare sovrana e stavo per sprofondare di nuovo in un sonno senza sogni se non fossi stata investita in pieno da una colata di acqua ghiacciata. Di scatto mi alzo dal letto bagnato e pieno di cubetti di ghiaccio  e osservo la figura del colpevole di tale gesto a parer mio deplorevole. Solo ed unicamente il signor Noah Octavian Cooper che tiene tra le mani un secchio ancora mezzo pieno e mi osserva divertito mentre, completamente fradicia, provo a levarmi un cubetto di ghiaccio che si è bloccato nel mio reggiseno.  

«Cristo santo! Che hai in quel cervello, vecchio? Ti sembra modo di svegliarmi?- sbotto in una volta ma fitte di dolore alla testa e all'addome mi costringono a gettarmi nuovamente nel letto ormai zuppo.  -E poi perché mi fanno male l'addome e la testa?» dico mandando giù un groppo di saliva che si acido. Oh santo cielo, cosa mi è successo ieri sera, ho un vuoto totale. Ricordo  i primi incontri che ho vinto con successo senza mai sentire la fatica, poi ho fatto una pausa perché l'altro avversario non era ancora disponibile e nel frattempo mi ero fatta qualche canna e ho bevuto qualche sorso di qualche alcolico che mi è stato passato ma niente di troppo forte. Forse le canne mi hanno messo ko? Ma non credo.  
Mentre cerco di mettere in ordine i miei pensieri, un altro secchio d'acqua mi finisce addosso e questa volta i cubetti di ghiaccio che entrano nel mio pigiama sono molti di più e come reazione alla loro presenza, mi alzo di scatto ignorando il dolore e impreco, o meglio ci provo ma vengo fermata da un dito calloso del vecchiaccio davanti a me che si posiziona perentorio sulle mie labbra serrandomele: giuro che se non lo leva entro tre secondi, questo dito glielo stacco a morsi. 

«Ed è solo l'inizio, tesoro. Cambiati e scendi di sotto senza asciugarti i capelli o chissà quanto ci impiegherai. Ti verrà spiegato cosa accadrà da adesso in poi quando metterai piede in cucina» e con questo ordine fastidioso, Naoh Cooper mi lascia da sola in camera con tutto il letto rovinato e sicuramente impraticabile per i prossimi due giorni, o almeno fin quando non si asciughi.
Maledetto, quanto vorrei poterlo rispedire nuovamente nella tomba.
Sbuffo sonoramente e mi alzo dal letto per trascinarmi coi piedi fin alla cabina armadio dove mi cambio solamente visto che qualcuno mi ha già lavata dalla testa ai piedi. Prendo le prime cose che mi capitano a tiro ossia un top sportivo nero, una felpa grigia gigante e un pantalone di tuta leggermente più grande di me. Mi guardo allo specchio per dare una controllatina al mio stato attuale considerando tutti i dolori che ho e quasi mi spavento da sola di me stessa. Sono letteralmente un mostro con tutti i lividi che vanno dalla tonalità giallo paglierino al bluastro, escoriazioni che deturpano il mio volto e un taglio rivestito da una benda leggermente sporca di sangue che sfregia il mio fianco.  Cosa ho fatto per ridurmi così? Con mille domande per la testa e poche risposte, mi vesto di fretta cercando di stare attenta alle ferite che fanno male ad ogni mio movimento. Con non poca fatica riesco nell'impresa e, sempre trascinando i piedi perché anche solo provare ad alzarli è una tortura, scendo in cucina cercando di legare i capelli ancora bagnaticci in una sottospecie di cipollotto scombinato, impresa non facile anche questa. Prima di entrare in stanza mi faccio il segno della croce, immaginando già cosa potrebbe esserci oltre e, come a voler confermare la mia teoria, appena varco la porta facendo percepire la mia presenza, gli occhi di tutti i presenti in sala si spostano su di me guardandomi male. Forse mi conviene prendere un aspirina così posso sopportarli senza avere questo martello nella testa che mi sta fracassando il cranio.  

.B.A.D. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora