Quella mattina il caldo era soffocante, nonostante fosse novembre. Alla fermata dell'autobus, imbacuccata come se stessi partendo per l'Alaska, stavo sudando sotto il cappellino di lana. La musica che emettevano le mie cuffie quasi non la sentivo. Finalmente arrivò l'autobus e feci segno all'autista di fermarsi. Salii veloce sul mezzo e notai quanto fosse pieno: era talmente intasato che non potei più muovermi da dove ero salita. Per fortuna mi riuscii a voltare per ritrovarmi perfettamente vicino all'autista, ottenendo almeno di poter guardare fuori dal grande parabrezza dell'autobus. Il calore di tutta quella gente mi faceva sudare ancora di più. Odiavo sudare in inverno. Il sole sbucò fuori dalle nuvole che creavano tutta quell'umidità ed entrò a far luce nel mezzo pubblico colmo di persone su cui mi trovavo. Per poco non mi accecò, così mi portai una mano davanti alla faccia e mi voltai. Rimasi senza fiato. Vicino a me si trovava un ragazzo così bello tanto da farmi pensare che forse mi stava abbagliando più lui che la luce del sole. I suoi occhi brillavano azzurri, mantenendo lo sguardo sulla strada grigia, oltre il parabrezza. I capelli biondi gli cadevano delicatamente sulla fronte e le sue guance si erano arrossate, probabilmente per il caldo. Indossava un maglione di lana rosso e, per come gli stava largo, pensai che forse avesse sbagliato taglia. Avrei potuto continuare a guardarlo per tutta la vita, se non fosse stato per il fatto che si girò verso di me, costringendomi a portare lo sguardo sul cellulare che tirai velocemente fuori dalla tasca del giubbotto. Feci finta di scrivere un messaggio a Sofia, ma con la coda dell'occhio notai che mi stava ancora guardando. Continuavo a sudare, ma questa volta non era per il caldo. Quel ragazzo mi metteva ansia e mi incuriosiva allo stesso tempo. Così, distolsi lo sguardo dal piccolo schermo del cellulare e mi girai a guardarlo di nuovo, ma lui mantenne il suo su di me, tanto che per pochi secondi i nostri sguardi si incrociarono. Poi sentii la voce irritante e robotica dell'autobus annunciare la mia fermata. Costretta a voltarmi verso l'uscita, mi feci strada tra le persone e non appena le porte si aprirono scesi dirigendomi fino all'ingresso della Harbor con passo veloce. Avevo il sorriso stampato in faccia. Me lo sentivo. Cercavo di smettere, ma non ci riuscivo. Lo sguardo mi cadde sull'orologio in cima alla scuola. 'Cazzarola, sono in ritardo', pensai. Iniziai a correre goffamente fino alla mia aula. La professoressa del corso di Medicina generale mi guardò male, anzi malissimo, quando entrai in classe.
-Scusi per il ritardo.- ansimai.
La professoressa non disse nulla: mi fece soltanto cenno di sedermi, abbozzando un sorrisetto indirizzato a me, probabilmente a causa dell'ultimo esame che avevo sostenuto con lei, del quale avevo preso. il massimo dei voti. Mi sedetti vicino a Sofia, al mio solito posto, mi tolsi la giacca e il berretto. Tirai fuori dalla borsa il libro e il quaderno diventato ormai un vero e proprio manuale: prendevo sempre molti appunti.
-Ma dove eri finita? Pensavo di dover affrontare l'ennesima tortura senza di te, Grace!- mi disse sussurrando per non farsi sentire dalla prof.
-Scusa Sofi- sorrisi- sai che non potrei mai perdermi una lezione e lasciarti sola.
-Lo so.- concluse, con un cenno soddisfatto.
-E' successa una cosa.- le sussurrai dopo una breve pausa e la trascrizione dei primi appunti.
-Cosa ti può essere successo nel tragitto da casa tua alla Harbor?- rispose, dimostrandosi subito interessata ai miei possibili nuovi gossip. Purtroppo non mi fu subito possibile saziare la sua fame di pettegolezzi a causa di un'occhiataccia della prof, così le feci segno sotto il banco che gliene avrei parlato dopo e lei annuì.
*
Finiti tutti i corsi della mattinata, mi incontrai alla mensa con Camila, Jess e Vic accompagnata da Sofia, sedendoci al nostro solito tavolo. Poco dopo ci raggiunsero Luke, Calum e Ashton, il quale. mi salutò baciandomi sulla guancia e si sedette poi vicino a me.

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||Thunderbolt|| niallhoran
FanfictionGrace Hemmings è al primo anno di università. Nonostante il nuovo inizio, sono esattamente 503 giorni che piange senza sosta ogni sera prima di andare a dormire. Un giorno però qualcuno cade nella sua vita, come un fulmine colpisce la terra durante...