Sono appena scesa dalla metropolitana, sono ancora a Milano, ma questa zona non l'ho mai vista. La nebbia è fittissima e faccio fatica a vedere dove mi trovo, Stefano mi aveva scritto qualcosa del tipo: uscita dalla stazione a destra e poi vai dritta e gira alla terza a sinistra e sei arrivata, e all'inizio ci ho pure provato a seguire le sue indicazioni, ma la nebbia è talmente fitta che non riesco neanche a vedere gli incroci, quindi prendo il cellulare e imposto l'indirizzo sul navigatore e mi lascio guidare da lui. Credo di essere in un'area pedonale perché il suolo è ricoperto da san pietrini e le macchine che passano sono poche e sono quasi tutti taxy, continuo a camminare cercando di guardarmi intorno, ma quello che riesco a vedere sono solo lampioni e le luci dei lampioni e la nebbia che riflette la luce dei lampioni. Incasso la testa sulle spalle e continuo a camminare.
Sono abbastanza sicura di essere arrivata perché di fianco a me c'è un negozio che ha questa insegna al neon luminosissima che dice:"Game for life", mi avvicino alla vetrina e strizzo gli occhi per vedere cosa c'è esposto, ma il negozio è buio, credo che sia chiuso, mi giro, il cellulare stretto in mano e sto già pensando di chiamare Stefano e di insultarlo un po' perché mi ha fatto fare tutta questa strada per niente e poteva anche controllare gli orari di apertura del negozio prima di mandarmici, ma poi un rumore secco mi blocca, mi giro di nuovo verso il negozio che adesso è illuminato e vedo che c'è un ragazzo in piedi davanti alla cassa e mi sta sorridendo. Mi chiedo se per caso non stia perdendo la ragione, sento il mio cuore iniziare a battere forte mentre mi avvicino alla porta a vetro e quando allungo la mano verso la maniglia mi accorgo di stare sudando.
Entro con un sorriso imbarazzato stampato sulla faccia, < benvenuta > mi dice il ragazzo dai capelli bianchissimi che sta seduto davanti alla cassa, < ciao > borbotto io cercando di non fissarlo. Sento puzza di muffa e di polvere e anche di qualcos'altro, qualcosa di marcio. Inizio a girare per il negozio che è tutto librerie altissime e giochi da tavolo, facendo finta di essere interessata alla merce. < Posso aiutarti? > mi chiede il ragazzo e solo ora mi accorgo che è di fianco a me ed entrambi stiamo osservando una statuetta in legno di Pinocchio che sarà alta almeno un metro. La statuetta è in una teca di vetro e davanti a lei, un'etichetta mi informa che è del millenovecentocinquantasei e che è stata dipinta a mano da un certo Bertoli, < è bellissima vero? > mi chiede il ragazzo e la sua voce ha qualcosa di strano, mi giro verso di lui che mi sta guardando con due occhi così neri da sembrare finti, < cosa? > chiedo io, < la statua > fa lui allungando la mano verso la teca, < sì è bella, molto bella > dico tanto per dire, rimango a fissare il Pinocchio di legno senza sapere bene cosa altro fare, ho una strana sensazione addosso, ma non riesco a capire perchè. L'aria, l'aria qui dentro sembra così immobile e il silenzio è quasi irreale e io mi accorgo di essere esausta e... < Cercavi qualcosa di particolare? > mi chiede lui e io, scuoto la testa cercando di scostarmi da quello stato di torpore che mi sta avvolgendo, gli dico che sì, in effetti sì, che dovrei ritirare un gioco e allora lui si allontana da me e dalla statuetta e torna verso la cassa, il suo muoversi è talmente silenzioso che mi chiedo se stia davvero toccando il pavimento.
< Mi sono arrivati parecchi ordini questa settimana > mi dice mentre con le dita lunghe e sottili sfoglia un quaderno e io mi chiedo che razza di ragazzo utilizzerebbe ancora un quaderno per annotare le transizioni del suo negozio, e poi mi dico che forse non è neanche suo il negozio e che forse il vero proprietario è uno all'antica, uno di quelli che odia i computer e che costringe i suoi dipendenti a utilizzare ancora carta e penna. < Puoi essere più specifica? >. Io mi muovo verso la cassa senza rispondergli, passo a fianco ad uno scaffale di legno scuro, probabilmente castagno, dentro al quale sono stipati un mucchio di giochi vintage, so che sono vintage perché i colori sulle copertine sono ingialliti e spenti e alcuni hanno anche visibili tracce di umidità, noto per esempio un gioco che si chiama "Slogan" la cui copertina, che è di un scialbo verde acido, è mangiata in più punti da macchie di umidità ed io ho come l'impressione che se solo lo toccassi, il gioco, questo si disintegrerebbe tra mie mani, < sì > gli dico una volta arrivata davanti alla cassa, < ho il nome > continuo mentre con una mano frugo nella borsa per cercare il cellulare, < si chiama...> scorro col dito sulla conversazione fatta con Stefano fino a che non trovo il messaggio giusto, < Dead man tells no tail >, lui annuisce mentre continua a sfogliare il suo quaderno. Io mi sento ancora il sorriso imbarazzato sulla faccia e mentre lui è con la testa china sul quaderno, mi giro verso il negozio e noto che è molto più grande di quanto avessi pensato all'inizio e vedo che gli scaffali su cui sono stipati i giochi da tavolo sono praticamente ovunque e mi chiedo che razza di organizzazione interna abbiano e come facciano a trovare un gioco particolare dentro tutto quel casino, la statuetta di pinocchio non è l'unico oggetto non gioco da tavolo presente, ci sono anche vecchi libri illustrati e disegni e bambole. <Trovato > esclama lui dopo un po' e io mi giro di nuovo a guardarlo, mi sporgo lungo il bancone per cercare di vedere la riga del quaderno che il ragazzo sta puntando col dito, ma la sua scrittura è troppo fitta e non riesco a leggere niente, < con tutti i giochi che ho qua dentro, devo dire che mi irrita un po' doverne ordinare altri > mi dice lui chiudendo di scatto il quaderno, < se fossi venuta qui e mi avessi detto il titolo che stavi cercando, te ne avrei potuti consigliare almeno cinque che ho già in negozio e che sono nettamente migliori > mi fa e io scuoto la testa, < non è per me > mi giustifico, < e per chi allora? > mi chiede lui incuriosito, ha i gomiti poggiati sul bancone e mi fissa con i suoi occhi neri come la pece e io inizio a sentirmi davvero a disagio, < per un mio amico > rispondo senza incrociare il suo sguardo, < per un amico > ripete lui con un tono di voce strano, ho come l'impressone che tutta la sua voce sia cambiata, adesso è più greve, cupa. < è fortunato il tuo amico > dice poi con un sorriso, < scusa? > , < è fortunato che sia passata tu a prendere il gioco > mi risponde lui e io sento dei brividi percorrermi schiena, < in che senso? > chiedo con un filo di voce, < è bello sapere di poter contare su qualcuno > risponde lui e adesso mi sembra che il suo tono di voce si sia alleggerito, < è bello sapere che se tu non puoi fare qualcosa, c'è qualcun altro che si interessa così tanto a te da aiutarti >, < credo di sì > rispondo io non del tutto convinta. La puzza di muffa è talmente forte che faccio fatica a respirare e tutti i muscoli del mio corpo sono tesi e sento un'insensata voglia di scappare da questo posto. < Senti > dico dopo un po' facendo finta di controllare l'ora sul cellulare, < ho un impegno molto importante tra poco > mento < ho davvero molta fretta >, lui mi sorride e i suoi denti sono bianchissimi, < non ti preoccupare > mi risponde, < vado subito a prendertelo >, poi fa il giro del bancone, < non vorrei farti fare tardi > mi fa allegro, avvicinandosi, e io arretro di un passo d'impulso e lui mi sorride come se fosse compiaciuto, < credo che sia ancora in magazzino, vado a cercarlo > mi dice poi avviandosi verso una porta di metallo che non avevo notato, < arrivo subito > continua aprendo la porta e appena lui si allontana dalla visuale e sento i suoi passi scendere delle scale, mi sento subito più tranquilla e mi chiedo che problemi abbia io oggi e perché sia così agitata. Sento rumori di scatoloni che vengono mossi e poi di passi e di sbuffi, < ehi > urla poi il ragazzo e la voce è così ovattata che mi chiedo quanto sia in basso la cantina, < mi sono dimenticato le forbici > mi dice ridendo, < non è che me le puoi portare? >, inizio di nuovo a tremare e un brivido freddo mi percorre la spina dorsale, vorrei rispondergli che non so dove sono, ma quando provo ad urlare la mia voce si rompe, < sono nel primo cassetto, dietro la cassa > mi urla lui come se mi avesse letto nel pensiero. Non so cosa fare. Non voglio scendere nel magazzino, qualcosa dentro di me mi dice che non devo farlo, che c'è qualcosa di sbagliato in tutto quello che sta succedendo, ma un'altra parte di me invece protesta che mi sto solo comportando da idiota e che questo è solo un negozio e che in realtà non sta succedendo niente e che dimenticarsi delle forbici è normale e che può succedere a tutti e che se adesso mi rifiutassi di portargliele, le forbici, allora farei proprio una figura di merda, quindi con mani tremanti apro il primo cassetto dietro la cassa e afferro le forbici che sono normalissime forbici di metallo con un impugnatura di plastica nera e non sono neanche troppo affilate e mi avvicino alla porta che è aperta, penso che sia strano perché ero sicura che il ragazzo l'avesse chiusa, ma ormai mi sono convinta a scendere, quindi mi costringo a smettere di pensare e l'attraverso. Le scale sono buie e io sposto la mano sulla parete ruvida e fredda fino a che non trovo l'interruttore, la luce si accende, mi giro verso la porta d'entrata, potrei semplicemente andarmene, non credo che il ragazzo mi seguirebbe una volta uscita dal negozio, ma poi mi torna in mente Stefano e le scuse che avrei dovuto accampare stasera sul perché non abbia portato il gioco; me lo vedo già là, davanti a me, con la faccia da cane bastonato, che usa nelle situazioni in cui sa di aver ragione e vuole solo girare il coltello nella piaga, che mi chiede perché abbia accettato di andargli a prendere il gioco se sapevo che non sarei riuscita a farlo, e poi mi avrebbe detto che bastava che gli dicessi di no e avrebbe chiesto a qualcun altro e mi vedo io davanti a lui a spiegargli il motivo per cui non l'ho preso ,il gioco, della paura insensata che ho provato entrando nel negozio e che poi è scoppiata in panico paralizzante quando il tizio del negozio mi ha detto che si era dimenticato delle forbici e se per caso potessi perdergliele io, mi avrebbe chiesto perché avrei dovuto avere paura di un tizio che mi chiede delle forbici e io non avrei saputo cosa rispondergli perché in effetti non riesco proprio a capire perché sento un terrore così folle paralizzarmi, per quanto ci pensi non ha senso e dato che mi sono sempre considerata una persona razionale decido che non è il caso di scappare e allora mi giro di nuovo verso le scale e inizio a scenderle con un nuovo coraggio nel cuore. Una folata di vento mi scompiglia i capelli quando sono più o meno a metà della scalinata, mi sento affaticata, come se nell'aria ci fosse meno ossigeno di quello che dovrebbe esserci, continuo a scendere mentre mi chiedo da dove sia potuta arrivare quella folata di vento, perché sono abbastanza sicura che la porta d'entrata fosse chiusa, mi chiedo se sia entrato qualcun altro e la sola idea di un'altra persona in negozio mi rassicura così tanto che mi trovo a sorridere. Un'altra folata di vento e questa volta è più forte, è talmente forte che sono costretta a tenermi sul corrimano per non volare giù. Sento un grugnito provenire dal magazzino. Il mio cuore inizia a battere a frequenza maggiore, quando sento la porta in cima alle scale sbattere e chiudersi. Il vento continua a soffiare e continua ad aumentare di intensità fino a che non inizio a far davvero fatica a tenermi al corrimano, cerco di scendere le scale il più velocemente possibile mentre grido aiuto, senza però ottenere risposta, credo di sentire qualcuno ridere, ma non ne sono sicura. Capisco di non avere via di scampo quando il primo dito si scolla dal corrimano, il vento adesso è talmente potente che non riesco neanche a respirare, poi sento come una spinta, qualcosa di solido che non riesco a vedere mi colpisce alla schiena e io cado.
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Nascita dell'Anticristo #wattys2019
HorrorUn ragazzo con un segreto, una spada da trovare e poteri terribili contro cui combattere. Chi sarà il vincitore?